La Stagione di Prosa 2016/17 del Teatro Ponchielli si chiude questa sera con uno spettacolo intenso ed emozionante, “Vangelo” di Pippo Delbono. Tutto nasce a partire dalla suggestione delle musiche composte da Enzo Avitabile, artista premiato ieri con il David di Donatello per la migliore musica originale per il film “Indivisibili” di Edoardo De Angelis.
La Stagione di Prosa 2016/17 del Teatro Ponchielli si chiude questa sera con uno spettacolo intenso ed emozionante, “Vangelo” di Pippo Delbono. Tutto nasce a partire dalla suggestione delle musiche composte da Enzo Avitabile, artista premiato ieri con il David di Donatello per la migliore musica originale per il film “Indivisibili” di Edoardo De Angelis. Lo spettacolo di Delbono si aggiunge a quelle musicali altre suggestioni poetiche, immagini, e poi la memoria, portata da attori che hanno attraversato una delle guerre più feroci della storia contemporanea.
L’opera vede la collaborazione di Emilia Romagna Teatro Fondazione, Compagnia Pippo Delbono e Hrvastko Narodno Kazaliste-Zagabria.
Protagonisti, insieme a Delbono, Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Alma Prica, Pepe Robledo, Grazia Spinella, Nina Violić, Safi Zakria, Mirta Zečević. Sono presenti nel film anche i rifugiati del centro di accoglienza PIAM di Asti. Le musiche originali per orchestra e coro sono di Enzo Avitabile, le immagini di Pippo Delbono, scene di Calude Santerre, costumi di Antonella Canarozzi, luci di Fabio Sajiz, foto di Luca del Pia
Ma come è nata l’idea di questo spettacolo? Lo racconta lo stesso Delbono: “A pensarci bene, Cristo è l’unico anarchico che ce l’ha fatta” ha scritto André Malraux.
Qualche giorno prima di morire mia madre, fervente cattolica, mi ha detto: “Perché, Pippo, non fai uno spettacolo sul Vangelo? Così dai un messaggio d’amore. C’è n’è così tanto bisogno di questi tempi”. E io ho pensato subito alle recite che facevo da piccolo nella parrocchia, dove interpretavo Gesù bambino coi riccioli biondi, innamorato anch’io come lei di quel mondo di preti, di chiese, di incensi, di rappresentazioni teatrali. E poi mi è venuto in mente quando da grande ho recitato ancora Dio, in un film di Peter Greenaway. Ma questa volta facevo anche il Demonio. E Lot, che faceva l’amore con le sue figlie e imprecava contro Dio e il Demonio.
Un personaggio in quel film diceva: “Non è Dio che ha creato l’uomo, ma è l’uomo che ha creato Dio”. E ho pensato a tutte le conquiste, le stragi, le guerre, le menzogne, le false morali create per quell’ipotesi di Dio.
Ma anche alla bellezza, all’arte, e alla poesia che quell’idea di Dio ha portato in questi duemila anni. E a quello che diceva Marx: “La religione è un sospiro dell’anima in un mondo senz’anima”.
E così ho iniziato a filmare e a fotografare le immagini che ho incontrato nei miei viaggi in Italia, in Francia, in Romania, in Russia, in Latino America. Immagini di Madonne, di Cristi, di martiri. Ovunque trovavo qualcosa che aveva una relazione con quella storia. Ovunque ho visto Cristi dai volti dolorosi, seri. Molto poco ho visto la gioia nei volti di quei Cristi. Mi sono sentito come in prigione. Ho avuto un senso di rifiuto profondo per tutta quella iconografia buia, pesante, sofferente legata a quel Vangelo.
E così mi sono perduto, come faccio sempre quando costruisco i miei spettacoli, dimenticando quel Vangelo, o forse portandomi dietro di quel Vangelo solo il nome.
E sono finito a incontrare persone che erano arrivate in mare dall’Africa e dal Medio Oriente, attraversando oceani ma anche deserti, frontiere, carceri, muri. Ho incontrato anche degli zingari, che abitavano in luoghi di totale degradazione.
E ho iniziato a stare con quei profughi, a conoscerli, a condividere con loro la vita. Li ho ospitati da me, e loro mi hanno ospitato nel loro centro di accoglienza. Abbiamo condiviso le storie, il cibo, il tempo.
E poi ho iniziato a cercare paesaggi, mari, tramonti, cieli che mi raccontassero miracoli, luce. “Quei calci lanciati verso il cielo – scriveva Pasolini guardando i ragazzi giocare a pallone – ci insegnano a lanciare i nostri desideri il più lontano possibile, in modo che la gioia del gioco ci accompagni fino alla morte”.
E poi mi sono trovato a guardare per dieci giorni un crocifisso appeso a un muro bianco, io, inchiodato in un letto di ospedale per una malattia agli occhi. Vedevo doppio e cercavo di mettere a fuoco quell’immagine davanti a me. Vagavo per i corridoi dell’ospedale, cercando di raccontare –ancora una volta con la mia camera- quel mio disperato e grottesco vedere doppio.
Come vedo doppio, disperato e grottesco questo tempo che attraversiamo, dove non riconosci più il vero dal falso, il reale dall’irreale, dove l’esasperazione del moderno ci ha fatto dimenticare qualcosa di sacro, di antico.
E alla fine mi sono rimaste dentro quelle immagini, quelle voci, quei suoni, quegli echi, quei silenzi sentiti in quei campi di zingari e di profughi, in quelle corsie d’ospedale, ma anche quella forza vitale, quella inspiegabile gioia trovata nei luoghi deputati al dolore“.
I biglietti sono in vendita alla biglietteria del Teatro, sita in Corso Vittorio Emanuele II, 52 a Cremona, tel 0372 022001/02.
Costo dei biglietti: platea e palchi € 18,00 – galleria € 13,00 – loggione € 10,00
Lo spettacolo andrá in scena questa sera alle ore 20,30
Redazione ArtInMovimento Magazine
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