Andrea Cigni non si smentisce e continua a offrire delle regie veramente impressionanti. Nell’allestimento de L’occasione fa il ladro di Rossini, proposto al Teatro Regio di Parma, entra in perfetta sinergia con le belle scene di Dario Gessati che valorizza in modo evidente. E mentre l’orchestra interpreta l’ouverture, un video muto con effetto anni Venti si dipana
Andrea Cigni non si smentisce e continua a offrire delle regie veramente impressionanti. Nell’allestimento de L’occasione fa il ladro di Rossini, proposto al Teatro Regio di Parma, entra in perfetta sinergia con le belle scene di Dario Gessati che valorizza in modo evidente.
E mentre l’orchestra interpreta l’ouverture, un video muto con effetto anni Venti si dipana dinnanzi ai nostri occhi. In bianco e nero, con le classiche didascalie che riportano i semplici dialoghi dei tre uomini – Parmenione, Martino e Conte Alberto -, impegnati a muoversi in bicicletta e dotati di una valigia, oggetto principe dell’opera e di tutta la scena. Dal video al palco mentre le onde del mare si infrangono, quasi raggiungendo il pubblico e ha inizio la scena in sé.
È un continuo incalzare di equivoci che partono dallo scambio di valigia, quella stessa valigia che si colloca al centro del palco e che va dischiudendosi in base al rivelarsi della verità. Essa è prima un albergo e poi la casa di Don Eusebio che gradualmente si offre al pubblico, una sorta di wunderkammer dalla quale e nella quale si lavora a livello scenico usando le parole dello stesso regista. In tal modo, quest’oggetto rappresenterà metaforicamente tutta la pièce nel suo collocarsi sull’asse verità-menzogna, vivendo le trasformazioni dei diversi personaggi.
La regia di Cigni è attenta, minuziosa. Ogni gesto dei personaggi e ogni loro movimento è studiato e mai lasciato al caso. Lo spazio è sempre ben occupato e nel complesso si percepiscono un’armonia e una fluidità che rendono molto piacevole la visione dell’opera. Il regista toscano inoltre caratterizza in modo molto singolare il personaggio di Martino, che trasforma in un Jolly-Consigliere del proprio padrone, e dà grande rilievo ai due mimi che fungono da maggiordomi, partendo dal vestiario – giacche azzurre su pantaloni neri che ben spiccano sul palco – e rendendoli partecipi e, a volte, anche protagonisti di quanto avveniva in scena. Per esempio sono loro a dar vita a un simpatico gioco con le mani mentre Berenice si sta cambiando d’abito. Non passa inosservato il ricorso alla volpe che simboleggia chiaramente l’astuzia, leit motiv de L’occasione fa il ladro, come neppure l’uso della bicicletta che, emblema dei primi del Novecento, contribuisce a specificare l’ambientazione della messa in scena e rappresenta pure l’evoluzione delle relazioni sentimentali. Alla fine con diletto pedalano insieme il Conte Alberto e Berenice e Don Parmanione ed Ernestina, pronti per le nozze rese in una finale da musical con una scritta Oggi sposi super illuminata e con la valigia ormai definitamente dischiusa luminosissima, evidente come la verità.
Al di là di questa impressionante regia, è doveroso annotare un inizio trascinato musicalmente, decisamente lento. I recitativi, tanti e forse lunghi, rallentavano ulteriormente il procedere e la ritmica di tutto l’allestimento. Musicalmente una dignitosa prova dell’Orchestra del Conservatorio Arrigo Boito di Parma, anche se avremmo gradito una direzione di Alessandro D’Agostini più vivace e appassionata. Un vero peccato, in quanto se si fosse trovato un accordo più stretto con la regia, tutt’altro che statica, sicuramente lo spettacolo avrebbe coinvolto molto di più.
Andando sui protagonisti, allievi della Scuola di Canto del del Conservatorio Arrigo Boito di Parma, eccezion fatta per Nao Yokomae, è parsa evidente una certa immaturità vocale. Scenicamente tutti molto validi e nel loro incidere è risultato evidente il lavoro quasi maniacale di Cigni, ma in termini di emissione vocale, precisione e controllo dello strumento, diverse sono state le imprecisioni, in particolare da parte di Manuel Amati (Conte Alberto). Quest’ultimo, dotato di buon timbro e buon volume, è parso a volte esagitato e forse emozionato, e ciò sicuramente si è riverberato sulla resa vocale. Eccetto tali segnali di inesperienza, bisogna segnalare come belle timbriche quelle di Joehong Jung (Don Parmenione) e Nicolò Donini (Martino), luminose, piene e pastose, e nel complesso una buona performance di Federica Cacciatore (Ernestina). Inoltre a volte l’orchestra copriva le voci, dato che conferma la “debolezza” scenica e soprattutto il non completo dominio del registro vocale, e nei brani corali spesso tale imprecisioni si rendevano più evidenti, “macchiando” l’aria. Un discorso a parte va fatto per Nao Yokomae che ha convinto sotto ogni punto di vista: leggiadra in scena, ha interpretato il personaggio di Berenice con consapevolezza e plasticità. Dalla cavatina Vicino il momento si è imposta come vera star della serata, come perno attorno al quale tutti ruotavano. Il canto corretto e ben impostato, una vocalità suadente ben proiettata e un timbro luminoso le hanno consentito di dettagliare tutte le facce del suo personaggio e raggiungere i presenti che non sono stati parchi di applausi.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Roberto Ricci]
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