Uscendo gioioso e soddisfatto dal Teatro Sociale sabato scorso, un interrogativo è emerso repentino in me: Perché un’opera così fresca, musicalmente interessante, che vanta un passato costellato di successi e di rimaneggiamenti del compositore bergamasco, è caduta in oblio e viene rappresentata pochissimo nei teatri del mondo? Quel che è certo è che necessita di artisti
Uscendo gioioso e soddisfatto dal Teatro Sociale sabato scorso, un interrogativo è emerso repentino in me: Perché un’opera così fresca, musicalmente interessante, che vanta un passato costellato di successi e di rimaneggiamenti del compositore bergamasco, è caduta in oblio e viene rappresentata pochissimo nei teatri del mondo?
Quel che è certo è che necessita di artisti completi, vocalmente ben preparati ai virtuosismi richiesti e con una presenza scenica e una voce teatrale convincenti. Non credo manchino nel panorama mondiale. La dimostrazione è posta con evidenza dal cast del Bergamo Musica Festival 2014, formato da una strepitosa Linda Campanella, da un brillante Vittorio Prato e da un tecnicamente sicuro Angelo Scardina, tenore acuto di tutto rispetto.
I tre cantanti hanno reso perfettamente i personaggi, raccogliendo il consenso del pubblico che “goduto” dello spettacolo si è lasciato andare in applausi e ovazioni.
Il soprano lirico di coloratura savonese, nonostante fosse un po’ più agée rispetto ai due baldi giovani che l’accompagnavano, ha reso con stile e precisione la capricciosa Betly. Abbiamo seguito con interesse i suoi mirabolanti virtuosismi, la sua consapevolezza tecnica e la sua verve scenica degne di una grande artista.
Vittorio Prato ha dimostrato di essere un baritono brillante. La qualità piena del timbro e la sua importante estensione gli hanno permesso di interpretare la “furbesca” parte di Max, il sergente fratello di Betly. Lo seguiamo da tempo ormai e l’abbiamo apprezzato dal vivo sin dai suoi esordi: nel 2005 nel ruolo del The Novice’s friend nel Billy Bud di Benjamin Britten e nella parte di Curio nel Giulio Cesare di Handel entrambi al Carlo Felice di Genova, e in registrazione video nel ruolo del titolo dell’Orfeo di Monteverdi al Teatro Ponchielli di Cremona nel 2007. È cresciuto, più sicuro, più sfaccettato e complesso: ha maturato una consapevolezza artistica pregevole che gli ha permesso, senza sforzo alcuno, di rendere la cavatina Ti vedo, ti bacio. Ne abbiamo apprezzato la presenza scenica, la bellezza di un volto sereno e angelico, e la capacità di adattare un corpo, il suo, che rischierebbe di sovrastare gli altri per la sua altezza e imponenza. L’abbiamo salutato e ringraziato dopo lo spettacolo, e accanto all’artista sono emerse una nobiltà d’animo e soprattutto l’umiltà necessaria per crescere e far parlare sempre meglio di sé.
Ha colpito molto l’ambientazione negli anni 20, anni di benessere, ottimismo, fiducia nel progresso e nel futuro, scelta registica che ha contribuito a dare brio alla direzione di Giovanni Battista Rigon nel complesso un po’ lenta. Ho trasformato la sua capanna [di Betly] nel resort di lusso Die Schweizer Hütte e ho trasposto la vicenda proprio negli Anni Ruggenti. La migliore società del tempo si ritrova sulle montagne dell’Appenzell per le vacanze sulla neve e il resort di Betly è il posto più à la page. Tra i clienti di questo lussuoso resort un ragazzetto ricco e un po’ viziato che ogni anno sale sull’Appenzell per rincorrere il suo sogno d’amore, afferma Luigi Barilone. Una regia attenta e curata, mai lasciata al caso, perfettamente in linea col testo e dove tutti i volumi erano ben armoniosi. Leggiadre e pertinenti le scene di Luca Dabosco, al suo debutto nel teatro d’Opera.
Decisamente buoni e all’altezza l’orchestra e il coro (diretto da Fabio Tartari) Bergamo Accademy e Bergamo Musica Festival.
Nel complesso veramente un bello spettacolo, in una location, il Teatro Sociale, da poco insignito del premio Europa Nostra per l’opera di restauro curata dallo studio Berlucchi.
Un plauso quindi alla coraggiosa e vincente scelta del Bergamo Musica Festival…
Annunziato Gentiluomo
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