Ad Assago, cinque anni fa, ebbi la sensazione di aver assistito a un concerto irripetibile: ma ne resi conto dopo due ore durante le quali, George Michael, protagonista del palco semi ovale e accompagnato da trenta componenti della Czech National Symphony Orchestra, interpretò con gran classe un repertorio inaspettato ed eterogeneo. La struggente “Love is
Ad Assago, cinque anni fa, ebbi la sensazione di aver assistito a un concerto irripetibile: ma ne resi conto dopo due ore durante le quali, George Michael, protagonista del palco semi ovale e accompagnato da trenta componenti della Czech National Symphony Orchestra, interpretò con gran classe un repertorio inaspettato ed eterogeneo. La struggente “Love is a losing game” di Amy Winehouse, una versione intima e rarefatta di “Roxanne” di Sting, Nina Simone e la sua “Feeling good” e un’eccezionale rilettura di “Russian roulette” di Rihanna mi fecero capire che l’artista era andato oltre il suo ego e la sua discografia squisitamente pop; a quel punto della carriera poteva permettersi un gran finale con la cover di “You and I” di Stevie Wonder e relegare ad un semplice medley i suoi più grandi successi: “Amazing”, “Freedom”e “I’m your man”.
Fu un successo clamoroso quel tour, che confermò quanto George Michael fosse il più raffinato tra gli interpreti pop nati negli anni ’80. Raffinato e geniale, un’araba fenice già risorta più volte, che attraversò scandali e momenti difficili uscendone sempre a testa alta.
Quella sera, cinque anni fa, ebbi la conferma definitiva: George Michael non era più solo il poliedrico autore pop che vidi la prima volta su Mtv negli anni ’90, era diventato leggenda, capace di giocare con il repertorio altrui, mescolando con gran facilità la musica pop con quella sinfonica.
Lo ricordo così, elegante e raffinato, con un concerto che lasciò senza parole un forum completamente sold out, come solo i grandi artisti sanno fare.
Mirko Ghiani
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