Sabato scorso, 6 agosto, si è conclusa la rassegna Ai confini del Sud che ha visto una tre giorni di grande profilo. I giardini della Fondazione Zappia di Locri hanno ospitato il 4 Mario Venuti con Tony Canto (voce e chitarra), il 5 il Marco Zurzulo Quartet con Francesca Zurzolo (voce) e il 6 agosto Tony Bungaro
Sabato scorso, 6 agosto, si è conclusa la rassegna Ai confini del Sud che ha visto una tre giorni di grande profilo. I giardini della Fondazione Zappia di Locri hanno ospitato il 4 Mario Venuti con Tony Canto (voce e chitarra), il 5 il Marco Zurzulo Quartet con Francesca Zurzolo (voce) e il 6 agosto Tony Bungaro accompagnato al pianoforte da Antonio Fresa. Il festival con questa quattordicesima edizione, ritorna dopo ben nove anni di stop, con l’obiettivo di consolidare un appuntamento che ponga al centro dell’attenzione la cultura Euro-Mediterranea, attraverso il confronto tra le millenarie memorie musicali, cresciute sulle sponde e a ridosso del Mediterraneo; così la Calabria e la Locride propongono un intenso viaggio volto al recupero delle tradizioni musicali e narrative, che consenta di raggiungere la matrice culturale comune ai popoli del Sud: un Sud assolutamente senza confini, precisa l’ideatore e direttore artistico Massimo Cusato.
Sono state tre serate intense, al centro delle quali vi sono stati i valori, le emozioni e il desiderio di esserci e trasmettere ciò che si ha dentro. Il pubblico ha risposto con entusiasmo, raggiungendo sempre il sold out sperato. La gratuità e la valida proposta artistica hanno sicuramente incoraggiato i presenti a partecipare numerosi.
Abbiamo goduto solo dell’ultima serata dove siamo rimasti colpiti, oltre che dalla levatura artistica di Bungaro (che avevamo visibilmente apprezzato durante il Festival di Sanremo del 2004 dove presentò Guardastelle), dal suo spessore umano e spirituale. Ha ipnotizzato gli accorsi con la spontaneità dei grandi, col suo essere autentico e con la sua vocalità suadente e profonda al contempo. Ha interagito con simpatia con la sua spalla Antonio Fresa e con lo stesso Massimo Cusato più volte chiamato sul palco. Ha chiacchierato con naturalezza col pubblico e, come un abile cantastorie, ha parlato di sé, dei suoi successi e anche dei momenti bui della sua carriera, ricorrendo anche al dialetto con simpatia. Ha raccontato legandoli a dei brani musicali tanti micro aneddoti della sua adolescenza, la bellezza della sua terra, dei suoi viaggi e l’amore e la stima che nutriva e nutre nei confronti della mamma Anna (a cui ha dedicato la magnifica Anna siamo tutti quanti), che, nonostante sia rimasta vedova e quindi sola giovanissima, aveva allevato lui e i suoi fratelli superbamente. Ha presentato i suoi valori, ha invitato i presenti a non avere paura facendo ripetere loro, proprio come un mantra, Io non ho paura, e ha ricordato che quando si ama non si perde mai (Perfetti sconosciuti). Si è messo a nudo mostrando la sua grande connessione col divino, celebrando la vita, e invitando a guardare in alto, a guardare un cielo pieno di fiammelle, in cui il buio più non c’è. Ha inneggiato alla collaborazione, all’unità e soprattutto allo stare assieme: solo così tante piccole fiamme possono generare un incendio capace di trasformare questo momento drammatico dell’esistenza collettiva, momento in cui ciascuna anima sta vivendo il suo più terribile buio.
Annunziato Gentiluomo
[fotografie di Manu Futia e Sabine Stainer]
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