Si è conclusa ieri la tappa al Teatro Ponchielli di Cremona de Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, per la regia di Nicola Berloffa. Sicuramente si tratta di un’opera schizofrenica di non semplice direzione sia in termini musicali sia registici. Dal podio il Maestro Pietro Mianiti ha ben gestito l’Orchestra I pomeriggi Musicali di Milano che
Si è conclusa ieri la tappa al Teatro Ponchielli di Cremona de Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, per la regia di Nicola Berloffa.
Sicuramente si tratta di un’opera schizofrenica di non semplice direzione sia in termini musicali sia registici.
Dal podio il Maestro Pietro Mianiti ha ben gestito l’Orchestra I pomeriggi Musicali di Milano che si è mossa con professionalità e prontezza. Il Maestro di Fidenza ha dimostrato una chiarezza direttiva impeccabile e ci ha accompagnati con dedizione nella “movimentata” partitura.
Rispetto alla regia, nel complesso Nicola Berloffa ha saputo gestire la piéce, aggiungendo degli elementi interessanti, primo fra tutti l’incipit con l’omicidio di Abramo Lincoln, veramente ben costruito. Alcune scelte le abbiamo trovate invece poco funzionali, e poco abbiamo apprezzato in particolare la ripetitività di qualche azione e di alcune modalità espressive. Tra queste la posa dormiente di Ulrica, le pistole spesso puntate e il ripetuto rifugiarsi di Amelia, dando le spalle a Riccardo, nei pressi della staccionata del secondo atto, che comunque si è distinto come il più curato e il meglio realizzato. Sicuramente il regista ha saputo ben confezionare le parti più intimiste dell’opera, mentre a noi è arrivato meno nelle scene con una moltitudine di persone. Sembrava in quei momenti perdere le briglie di un cavallo di razza che avrebbe dovuto gestire con più decisione e autorità. L’attenzione agli spazi scenici, in quei momenti, era un po’ approssimativa, ma può darsi fosse dovuto alla struttura del palcoscenico e della scenografia che limitavano il movimento. E nel finale si perde qualcosa. Troppo veloce l’omicidio e troppo incalzante e poco drammatico il momento del perdono di Riccardo e del dischiudersi della verità che fa breccia tra le illazioni e i fraintendimenti.
Il Coro OPERALOMBARDIA, istruito dal Maestro Antonio Greco, si è mosso dal punto di vista vocale come un diesel raggiungendo solo dalla fine del primo atto qualità, forza e colore. Scoordinato e non a tempo nel ballo, durante il quale più di uno è stato impreciso e non fluido nei movimenti. Buona nel complesso la pur minima performance del Coro delle Voci Bianche del CIVICO ISTITUTO MUSICALE F. VITTADINI di Pavia, diretto da Giuseppe Guglielminotti Valetta.
Passando in rassegna i solisti, sicuramente tutti all’altezza del loro ruolo, anche se sono doverosi dei distinguo. Spiccano per luminosità, tecnica e precisione i due soprani. Infatti, Daria Masiero ha reso in modo impeccabile il personaggio di Amelia che è contemporaneamente donna fedele al marito, madre che vive per suo figlio, donna che rappresenta la società per bene e che ad un certo punto, cadendo nella suggestione dell’amore per il conte, si disorienta e non si riconosce più. Arriva ad andare sola di notte in un posto pericoloso per confessare la sua passione e scoperta, e, per salvare l’uomo che ama, si rivela al marito senza preoccuparsi della reazione sconsiderata che avrebbe potuto avere. In sintesi, Masiero offre, in modo accorato, al suo pubblico un’Amelia dotata di grande femminilità e drammaticità. Shoushik Barsoumian è un elegantissimo paggio, è un Oscar che si muove con grazia e che si esprime vocalmente come un usignolo. Precisa, squillante, leggiadra: un’interpretazione ricca di virtuosismi chiari e puliti, sostenuta da una tecnica ineccepibile. Scenicamente validissima. Una giovanissima fuoriclasse. Molto interessante l’interpretazione della terza donna dell’opera verdiana: Anna Maria Chiuri rende in modo imponente la figura di Ulrica, di questa maga capace di connettersi con i piani superiori dell’esistenza e predire la sorte dei suoi postulanti. La sua voce è potente, riempitiva, rotonda e ricca di un pathos controllato che mai perde il corretto livello di drammaticità dovuto.
Rispetto, invece, a Sergio Escobar (Riccardo), si è mosso con una certa agilità, ben calandosi nel personaggio. La sua vocalità solare e robusta, negli acuti perdeva in qualità: pareva spingesse troppo e non controllasse perfettamente la capacità emissiva. Angelo Veccia, dal canto suo, ha molto ben vestito i panni di Renato, indagando con cura, anche vocalmente, tutte le sfumature del personaggio. La sua vocalità però non arrivava sempre limpida.
Buone le interpretazioni di Carlo Checchi Silvano; Mariano Buccino Samuel; Francesco Milanese Tom; e Giuseppe Distefano nei panni di Un Giudice/un servitore d’Amelia. In particolare Buccino e Milanese hanno dato prova di brillante verve scenica, ben rendendo la spietatezza e la vendetta caratteristici dei loro ruoli.
E così si conclude la stagione operistica 2015 delTeatro Ponchielli di Cremona… e rimaniamo in attesa delle sicuramente interessanti proposte per il 2016.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di scena: Alessia Santambrogio ph]
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