La Tunisia non è di certo l’unico paese in cui l’omofobia è dilagante, ma la situazione dopo la rivoluzione del 2011 è addirittura peggiorata, sembra di essere tornati indietro di almeno 30 anni, grazie ad alcuni personaggi di spicco della comunità tunisina. L’organizzazione del 31° TGLFF ha voluto affrontare e far conoscere più a fondo
La Tunisia non è di certo l’unico paese in cui l’omofobia è dilagante, ma la situazione dopo la rivoluzione del 2011 è addirittura peggiorata, sembra di essere tornati indietro di almeno 30 anni, grazie ad alcuni personaggi di spicco della comunità tunisina.
L’organizzazione del 31° TGLFF ha voluto affrontare e far conoscere più a fondo questa dura realtà, con la conferenza “Tunisia: quale primavera?” coinvolgendo ospiti sia tunisini che italiani: Fadoua Braham, Nadhem Oueslati, Thabet Ghaydaa, Sabry Bouzid e Guido Giustetto.
Il primo a prendere parola è stato Nadhem Oueslati, vicepresidente del DAMJ, il quale presentandosi ha incentrato il discorso sull’importanza che l’articolo 230 ricopre ancora in Tunisia, con le autorità che lo applicano sia per gli uomini che per le donne. Si tratta di un articolo del Codice Penale che infligge 3 anni di carcere per il reato di sodomia. Successivamente ha chiarito che l’ondata di omofobia recente è stata portata soprattutto dall’attore Landolsi che ha definito gli omosessuali “malati e peccatori”. L’attore li ha poi divisi in tre categorie: le persone molto sole che non fanno coming out, quelli che non vogliono farsi vedere in pubblico e quelli che poi invece con forza rivendicano la loro sessualità e contro cui si deve fortemente combattere.
Il discorso è stato poi ripreso da Thabet Ghaydaa, la quale lotta con la sorella per l’abolizione dell’articolo 230 e per i diritti civili. La presidente dell’Association Tunisienne de Soutien des Minorités, ha poi incentrato il discorso su come porre i dibattiti sull’omofobia e i diritti LGBT, dicendo che il discorso non deve rimanere isolato a riunioni per la cittadinanza, comunque molto curiosa, ma elevarlo a livello accademico, in modo che si possa portarlo a conoscenza delle menti più giovani.
L’avvocato Fadoua Braham ha poi raccontato la sua difficile esperienza di difensore dei ragazzi arrestati per il “crimine di omosessualità”, con conseguente test anale (test invasivo e doloroso effettuato per constatare l’effettiva omosessualità del condannato).
Il lavoro fianco a fianco con Oueslati porta ad una continua lotta contro questi atti orrendi, perpetrati dalle autorità, continuando a parlarne in campo non solo sociale e mediatico, ma anche legislativo, promuovendo lo stato di diritto.
Il discorso del test anale è stato definito in maniera categorica dal medico Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei Medici di Torino, assolutamente umiliante e disumano, annoverabile nella categoria delle torture e come violazione della dignità della persona.
Il regista Bouzid, in gara a Torino col suo cortometraggio ” Face à la mer”, ha chiaramente definito la popolazione tunisina assurdamente discriminatoria contro quel che non conosce e non capisce, parlando della paura che aveva la prima volta che e il suo cortometraggio è stato proiettato, trovando invece il plauso della variegata ed eterogenea sala presente.
La conferenza ha dato spunto per alcuni pensieri, perché sembra sempre che dal passato non si impari mai, che in qualche modo la religione influenzi sempre in modo negativo il pensiero delle persone. D’altra parte è anche vero che la scusa della religione è sempre un ottimo modo per mascherare ciò che non si vuol comprendere e di cui si ha poi inevitabilmente paura.
Gabriele La Spina
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