Il 20 novembre è riconosciuto a livello internazionale come il TDOR, Transgender Day of Remembrance, il giorno che ricorda le vittime della violenza contro le persone transessuali. Ma cos’è la transessualità? Cosa vive una persona transessuale? La transessualità è una questione che riguarda l’identità di genere, cioè il sentimento di appartenenza al genere femminile o
Il 20 novembre è riconosciuto a livello internazionale come il TDOR, Transgender Day of Remembrance, il giorno che ricorda le vittime della violenza contro le persone transessuali.
Ma cos’è la transessualità? Cosa vive una persona transessuale?
La transessualità è una questione che riguarda l’identità di genere, cioè il sentimento di appartenenza al genere femminile o maschile, il “lato psicologico” del sesso biologico. È la dimensione personale che ci permette di dire: io mi sento un maschio/femmina.
La maggior parte delle persone si sente uomo o donna in conformità col proprio sesso biologico, mentre per i transessuali questo non succede. Una persona transessuale sente di essere in un corpo sbagliato, di appartenere al sesso opposto rispetto a quello in cui è nata.
Alcune persone, inoltre, non sentono di appartenere in maniera così rigida né all’uno né all’altro sesso, non si sentono né maschi né femmine in modo chiaro e preciso e si definiscono transgender.
Sull’origine della transessualità esistono diverse ipotesi, ma la maggior parte degli studi clinici concorda sul fatto che l’identità di genere trans sia il risultato di una combinazione complessa di fattori biologici, psicologici e sociali e che nessuno di essi da solo possa causarla.
Va inoltre ricordato un errore che troppo spesso viene fatto, specialmente sui media: il termine “transessuale” si declina al femminile “la transessuale” per indicare persone di sesso anatomico maschile che sentono di essere femmine (MtF – Male to Female), e al maschile “il transessuale” per indicare persone di sesso anatomico femminile che sentono di essere maschi (FtM – Female to Male).
Entrambi desiderano poter vivere la loro vita nella dimensione psicologica a cui sentono di appartenere, desiderano poter avere un corpo che corrisponda il più possibile al proprio vissuto psicologico e dei documenti anagrafici che si accordino con il sesso al quale sentono di appartenere.
Il percorso di transizione è molto lungo e complesso (regolato dalla legge 164 del 1982), e in alcuni casi può giungere alla trasformazione chirurgica delle caratteristiche anatomiche sessuali.
Si inizia dal percorso psicologico che è una delle fasi fondamentali e ha lo scopo di escludere la presenza di condizioni di disagio che non c’entrano con il transessualismo e di sostenere la persona nel percorso di transizione.
Superata questa prima fase, se ritenuto opportuno, lo psicologo, in accordo con l’endocrinologo, autorizza una terapia ormonale, che ha lo scopo di modificare alcuni dei caratteri sessuali secondari (voce, peli, seni, ecc), con risultati differenti da persona a persona.
Inoltre, gli effetti fisici e psicologici della terapia ormonale hanno anche una forte valenza “auto-diagnostica”, in quanto possono spingere la persona a continuare il percorso o, al contrario, riconsiderarlo ed eventualmente interromperlo.
La persona che decide di continuare il percorso inizia quindi un periodo solitamente di almeno un anno, denominato Real Life Test (“test di vita reale”): sempre con un supporto psicologico e seguendo la terapia ormonale, si vive la quotidianità nel mondo, proprio come una persona del sesso a cui sente di appartenere, per esempio in termini di abbigliamento, comportamento, espressione.
Nel caso, infine, la persona voglia giungere alla riconversione chirurgica del sesso, deve iniziare il percorso legale per richiedere l’autorizzazione all’intervento chirurgico al tribunale competente per ottenere poi la rettifica dei dati anagrafici sui documenti.
Ma ciò che rende più difficile il percorso non è il cambiamento in sé, ma il modo in cui la società considera le persone transessuali: esiste uno stigma pesante nei loro confronti, che porta a discriminarle, isolarle, fino ad aggredirle.
E l’immagine che ne danno i media, le notizie scandalistiche, la morbosità sono tutti elementi che alimentano stereotipi e pregiudizi.
Queste reazioni negative nascono principalmente dall’ignoranza e dalla paura della “diversità”. Le persone transessuali infatti incarnano un’esperienza estrema, che mette in crisi la norma biologica dicotomica secondo cui i maschi sono maschi e le femmine sono femmine.
Le persone transessuali subiscono forti discriminazioni e problemi nelle relazioni personali, nei documenti e nella vita quotidiana, sul posto di lavoro, che vanno sotto il nome di transfobia.
Ed è un fenomeno molto più evidente in quei Paesi, come l’Italia, che non consentono il cambio anagrafico dei documenti senza il ricorso forzato all’intervento chirurgico, e che non dispongono di leggi adeguate che tutelino le persone transessuali.
Ecco perché il giorno del TDOR ci ricorda le vittime della discriminazione, della violenza fisica e psicologica che subiscono le persone transessuali.
Pier Luigi Gallucci
[Fonti delle immagini: studio-pragmatica.it, lanazione.it, liberazioneitaliana.it, molisepsicologia.it, staibene.it, statoquotidiano.it, lisadelgreco.blogspot.it, encrypted-tbn1.gstatic]
[Riferimenti delle opera: Ermafrodito dormiente, copia romana di originale ellenistico (III Secolo a.C.), Confessioni di una trans (archivio Mod)]
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