Con grande stupore sono riuscito a ritagliarmi un po’ di spazio per me anche ieri, 12 maggio. Quindi ben due domeniche di seguito sono riuscito a godere dei Divini Insegnamenti al Tempio di Anima Universale e a vivere quel clima di accoglienza, verità e servizio che ho percepito fin dalla mia prima volta a Leinì (TO).
Con grande stupore sono riuscito a ritagliarmi un po’ di spazio per me anche ieri, 12 maggio. Quindi ben due domeniche di seguito sono riuscito a godere dei Divini Insegnamenti al Tempio di Anima Universale e a vivere quel clima di accoglienza, verità e servizio che ho percepito fin dalla mia prima volta a Leinì (TO).
Per la Festa della Mamma non si poteva non ricordare Myriam, la Madre Vittoriosa, Colei che è il nostro tramite con Dio, Colei che si è fatta Madre per far sì che nessun figlio sulla terra si potesse sentire solo e abbandonato. L’amore di una madre che Lei incarna è eterno e va al di là dei comportamenti del figlio. Quell’amore comprende, perdona, accoglie e sa.
E dopo questa introduzione il Darshan. Intenso, come sempre. Immediatamente ho percepito la vicinanza di Swami Roberto che si è riflessa sul mio campo energetico. Ad un certo punto l’ho chiamato, con la mente, come un fratello minore fa col maggiore per il piacere di scambiarsi un sorriso, condividere un momento di famiglia al di là del tempo. Ho espanso il mio campo e ho sussurrato il suo nome, con la dolce malinconia di non sapere quando ci saremmo rivisti fisicamente, e lui in pochissimo era di fronte a me e con quegli occhi trasparenti e profondi mi ha detto: Mi hai chiamato! Una calamita. Ci conosciamo da millenni. Tutte le mie intuizioni sono state confermate. Ho percepito un amore profondo che era totale libertà. In quel momento per me si è messo a posto un ulteriore tassello. Tutto è risultato più chiaro. Non posso dunque tacere ciò ho visto, ciò che ho percepito e ciò che ho visto. Questo mio umile fare – scrivere – si trasforma in servizio e nutre il progetto. Quanta gioia ti porta il discernimento. Quanta grazia viene dalla consapevolezza. E quante belle cose produce.
Finito il darshan, è iniziata la lectio domenicale focalizzata sul concetto di Eternità. Come risuona questa parola dentro di me che sono impegnato nell’organizzazione di un convegno sulla vita oltre la vita. C’è un filo sottile tra l’aldiqua e l’aldilà e le due dimensioni sono legate dal ponte dell’amore. Grazie a questo è possibile vivere la continuità oltre la caducità della vita umana. Noi non siamo il corpo. La nostra jiva è molto di più.
Ma senza troppe personali digressioni, tornando a ieri, Swami ha affermato: L’amore di una madre è eterno come anche il tuo spirito. E da lì ha ricordato la grandezza dell’uomo evidenziando come tutto esiste perché è funzionale all’uomo stesso, come ciò che conta per Dio sei tu. Non possiamo dunque pensare di considerarci materia che come tale è soggetta alla morte. Non possiamo permettere a chi ci circonda di farci credere di essere nullità. Non possiamo calpestare la nostra vera identità spirituale. Nell’Ecclesiaste, libro dell’Antico Testamento, vi è riportata una rivelazione biblica di una profondità sconvolgente: Dio ha messo nei nostri cuori il pensiero dell’Eternità. Quindi Dio ha instillato nello spirito di ciascuno il concetto d’Eternità, che affascina anche gli atei che sono obbligati così a problematizzare sull’Oltre per confutarlo. L’Eternità è una calamita che vuole farci scoprire il volto di Dio, che dischiude la Sua bellezza che si manifesta in tutto l’esistente e che attrae tutti, credenti e non. Questo desiderio di eternità, che nel cuore ciascuno ha e che si esprime, ad esempio, attraverso l’importanza del ricordo di un defunto, è un’ispirazione divina e non il frutto dell’intelletto e della ragione che sono di per sé limitati. Questo richiamo, questo slancio nei confronti dell’Eternità è anche un invito a entrare in se stessi, a conoscersi, a ritrovarsi, a entrare nella propria vera natura interiore: grazie a ciò è possibile superare i propri limiti, e in particolare l’inconsapevolezza che è quello più grande, in quanto è un velo che separa l’individuo da Dio, il figlio dal Padre, l’uomo dal potere dell’amore di Dio. L’inconsapevolezza ti fa vacillare, ti fa credere di non essere luce e soprattutto di non essere eterno. Da lì le preoccupazioni, le paure, le frustrazioni, il caos, il vittimismo, i pensieri materiali, tutte le modalità attraverso cui si manifesta Maya, l’illusione, il nemico di Dio, modalità che soffocano la natura divina dell’uomo, quella autentica. Ma secondo Swami, c’è un antidoto all’inconsapevolezza che genera buio, che porta confusione, che sporca il destino karmico, che fa crescere la zizzania in noi: abbandonarsi a Dio, trovare rifugio in Lui, confidare sempre in Lui. Il Maestro Roberto lo paragona al lasciarsi galleggiare nel mare, atto semplice e complesso al contempo perché la mente e la ragione devono essere in qualche modo messe in stand by per lasciar posto all’essere. In quel modo sarà tutto luce e potremo finalmente entrare in Dio. E mentre scrivo questo mi giunge un aforisma via WhatsApp: Non competere con nessuno, non devi dimostrare niente a nessuno. Non devi arrivare dove sono arrivati gli altri, devi solo superare i tuoi limiti. Sii la migliore versione di te stesso! E il cerchio si chiude, no?
In sintesi, un’altra domenica di crescita, nuove pillole che nutrono l’essere più profondo e arrivano al cuore con la semplicità che solo ai grandi è concessa…
Annunziato Gentiluomo
[Fonti delle foto: animauniversale.it, lemeravigliedellanima.blogspot.com, festascienzafilosofia.it]
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