Grande successo con Porgy and Bess al Teatro alla Scala di Milano, un capolavoro di George Gershwin, opera in tre atti, tradotta in italiano da Mario Maffi e messa in scena dal 13 al 23 novembre 2016. Molto curata, nonostante la sua essenzialità, la regia di Philipp Harnoncourt, suggestiva la Direzione d’Orchestra del Maestro Alan Gilbert , Direttore della
Grande successo con Porgy and Bess al Teatro alla Scala di Milano, un capolavoro di George Gershwin, opera in tre atti, tradotta in italiano da Mario Maffi e messa in scena dal 13 al 23 novembre 2016. Molto curata, nonostante la sua essenzialità, la regia di Philipp Harnoncourt, suggestiva la Direzione d’Orchestra del Maestro Alan Gilbert , Direttore della New York Philarmonic, che sostituisce il Maestro Nikolaus Harnoncourt, scomparso nei mesi scorsi e al quale viene dedicata la produzione, e del Maestro del Coro Bruno Casoni, con il Coro Scaligero e quello delle voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala, diretto da Marco de Gaspari. Una Folk opera molto popolare, spettacolare e struggente, eseguita in forma semiscenica, in una versione fedele alla prima rappresentazione teatrale del 1935 a Boston.
I personaggi si muovono in uno spazio in continua oscillazione fra il bene e il male. All’interno di questo spazio fluttua e si fa trascinare Bess, trattenuta a momenti dalla forza di un amore semplice e puro, ma poi inesorabilmente calamitata e travolta dalla forza incontrollata di una passione in cui ogni valore improvvisamente si disperde e si annulla.
In un articolo del settembre 1935 sul New York Times, Gershwin volle spiegare l’originalità del suo lavoro: Sono stati introdotti nella forma operistica elementi che nell’opera non erano mai apparsi e ho modellato i miei criteri compositivi per utilizzare la drammaticità, l’umorismo, la superstizione, il fervore religioso, la danza e l’irrefrenabile allegria di questa razza. Se così facendo ho creato un nuovo genere che combina l’opera con il teatro, questo nuovo genere è derivato in tutta naturalezza da tale materiale.
Proprio in virtù del fatto che i neri riescono ad esprimersi non solo attraverso la parola, ma anche con la danza e il canto, nell’opera confluiscono ingredienti diversi: musica leggera che si alterna a musica più impegnata, recitativi dai toni umoristici che si alternano ad altri fortemente tragici, in una molteplicità di registri che si intrecciano e dove comico e tragico convivono e si fondono senza creare dissonanze. Due mondi, nell’opera, che si incontrano e si contrappongono: quello dei bianchi, che si esprimono esclusivamente attraverso i recitativi e quello dei neri ai quali è affidata la parte cantata. Una comunità, quella nera, chiusa e superstiziosa, circondata dalla comunità dei bianchi percepita come distante, giudicante, diversa.
La scenografia dell’allestimento proposto dal Teatro Alla Scala è essenziale, semplice, ma fortemente evocativa. Pochi elementi, una parca sovrapposizione di piani prospettici a definire e scandire in semplicità ma con chiarezza i momenti narrativi e gli ambienti. La scena, nella sua essenzialità, ben rappresenta e rispecchia il contesto in cui vivono i suoi personaggi: la raccolta del cotone, il gioco dei dadi e le scommesse, la pesca rievocano la vita dei neri d’America nella loro povertà e precarietà esistenziale, ma anche la loro grande capacità di coesione e reciproca solidarietà.
Fra gli interpreti spicca il basso-baritono Morris Robinson (Porgy) per la sua grande espressività vocale e scenica: voce profonda, vigore mimico e una gestualità molto curata. Il soprano Kristin Lewis (Bess) è coinvolgente e sensuale, con la sua vocalità intensa, coinvolgente e determinata e una vivace presenza scenica. Abile nelle parti acute, più debole nel registro grave. Il baritono Lester Lynch (Crown) catalizza l’attenzione e domina il palco con la sua forte personalità, il suo vigore, la sua sensualità perversa e la sua notevole tecnica vocale. Il soprano Mary Elizabeth Williams (Serena) è molto interessante nel suo registro acuto, robusto e deciso. Il soprano Angel Blue (Clara) è dolce e delicata nel suo atteggiamento onirico e un po’ malinconico, sostenuta la sua voce nella canzone Summertime, ricorrente nei tre atti come Leitmotiv, che rende perfettamente l’atmosfera sognante del testo in una progressiva espansione drammatica della narrazione. La canzone, scritta nel dicembre 1933, prima della stesura dell’opera, da allora è diventata una delle canzoni più popolari del repertorio jazz americano che la definì standing jazz. Completano il cast il tenore Chauncey Packer Tichina Vaughn che interpreta Maria, Strawberry Woman, Ann e Lily; Stefano Guzzi (Policeman, Detective, Mr. Archdale), il baritono Massimo Pagano (Jim), il tenore Massimiliano Di Fino (Nelson) e la voce bianca soprano Kelian Aruanno (Scipio).
Odette Alloati
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