Dopo aver assistito a una versione di Simon Boccanegra come quella di domenica 17 febbraio al Carlo Felice di Genova, si ritorna a casa soddisfatto pensando che le ore di viaggio dedicate sia state assolutamente ben spese. L’arte di tale spessore nutre l’animo ed esalta la bellezza. Da questa introduzione è evidente come la seconda
Dopo aver assistito a una versione di Simon Boccanegra come quella di domenica 17 febbraio al Carlo Felice di Genova, si ritorna a casa soddisfatto pensando che le ore di viaggio dedicate sia state assolutamente ben spese. L’arte di tale spessore nutre l’animo ed esalta la bellezza.
Da questa introduzione è evidente come la seconda recita dell’opera verdiana è stato un assoluto trionfo. Il pubblico attento e preparato ha risposto a tanta alta concertazione e a un cast di livello veramente straordinario con copiosi applausi e con esternazioni di grande apprezzamento.
L’allestimento e la regia sono quelle che avevamo già visto nel novembre del 2015. Quindi scene eleganti, sontuose con dettagli precisi e assolutamente azzeccati, in cui il mare, simbolo della città marinara che fa da sfondo all’opera, Genova stessa, è il leit motiv ed impera, offrendo la dimensione del movimento e quella della ciclicità, propri del moto ondoso. Gli effetti luci di Pasquale Mari sono super pertinenti e sostengono tutta la drammaturgia di una regia, firmata da Andrea De Rosa e ripresa da Luca Baracchini, valida, chiara dove nulla è lasciato al caso. Magnifici i costumi di Alessandro Lai, aspetto che arricchisce l’allestimento tutto.
La direzione musicale è stata impeccabile. La bacchetta di Andriy Yurkevich ha saputo accarezzare la partitura con una maestria tale da ipnotizzare tutti gli orchestrali, richiedendo loro un livello esecutivo veramente importante. Una lettura appassionata della vis musicale dell’opera verdiana, quella del maestro ucraino, capace di tratteggiarne e valorizzarne tutti i segmenti, in un virtuoso gioco di piani e pianissimi, in un rapporto con i solisti veramente sostenitivo: una perfetta sinergia tra buca e cantanti, aspetto che ha consentito a questi ultimi di poter esprimere al meglio le proprie doti. Sì di doti si deve parlare e che doti!
Un cast di livello anche se il plus che ha portato a una siffatta riuscita è stato determinato dalla capacità di amalgamare fuoriclasse diversi verso un progetto comune. Non riteniamo sia qualcosa di trascurabile.
Il baritono Ludovic Tézier è stato un Simon Boccanegra perfetto. Mai un cedimento, mai una sbavatura. L’unione di eccelsa tecnica, di potenza vocale, bel colore, grande rotondità, perfetto fraseggio e di presenza scenica imponente gli ha consentito di incarnare pienamente la grandezza del personaggio. Il suo proclama E vo gridando pace, e vo gridando amor ancora riecheggia con solennità in noi.
Vittoria Yeo, soprano elegante, con voce ricca e appoggio solido, si è mossa con grazia in tutta la tessitura del personaggio di Amelia con sinuosi filati, e con dei sovracuti e dei gravi drammatici ben realizzati. Bella presenza scenica e bella lei: l’abito bianco valorizza il suo corpo e le permette quella femminilità genuina e passionale, propria del suo personaggio.
Francesco Meli è stato un animoso e fascinoso Gabriele Adorno. Voce squillante, luminosa, ottimo fraseggio, preciso, tenuta di voce perfetta, tecnica di livello: un artista a tutto tondo. È sembrato voler omaggiare la sua Genova con una pienezza ancora più importante rispetto al solito incarnando perfettamente la passione giovanile del rivoluzionario, che crede nei valori di libertà e giustizia, e nell’amore che gli arde in petto, amore che accende in lui momenti di cieca gelosia. Nelle pagine di insieme tale potenza, a volte, è stata percepita come un’espressione di protagonismo da tenore.
Giorgio Giuseppini, nonostante un’imprecisione nel finale della sua prima aria, ha dimostrato classe, profondità, voce cavernosa, riempitiva e una presenza scenica convincente. Ottima quindi la sua interpretazione di Fiesco di cui ha fatto emergere tutte le passioni e il suo vissuto.
Leon Kim è stato un valido Paolo Albiati. Un baritono dotato di voce piena, una lama differente delle altre, un taglio koreano che si percepisce subito. Buono il suo controllo e buono il suo stare con gli altri: ha sicuramente imparato a dosarsi, conscio del suo poter riempire e coprire, data la potenza vocale che lo caratterizza.
Il resto del cast – Luciano Leoni (Pietro), Simona Marcello (l’Ancella di Amelia) – è stato assolutamente all’altezza del ruolo.
Delicata ed efficace anche la performance di Luisa Baldinetti che ha mimato il personaggio del fantasma di Maria.
Un successo da tutti i punti di vista!
Annunziato Gentiluomo
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