Un bambino con due mamme o due papà. Accade sempre più spesso in Italia anche grazie ad una legislazione all’estero che consente il riconoscimento effettivo. Ma mentre a livello legislativo l’Italia non lo prevede, nelle singole città qualcosa si muove. E così, dopo il caso di Torino a gennaio, anche Roma vede la prima trascrizione
Un bambino con due mamme o due papà. Accade sempre più spesso in Italia anche grazie ad una legislazione all’estero che consente il riconoscimento effettivo. Ma mentre a livello legislativo l’Italia non lo prevede, nelle singole città qualcosa si muove. E così, dopo il caso di Torino a gennaio, anche Roma vede la prima trascrizione di un atto di nascita, avvenuta all’estero, di un bambino riconosciuto come figlio di due donne nei registri comunali.
Il Comune di Roma ha infatti trascritto l’atto di nascita di un bambino di quattro anni figlio di due donne, Sofia Pagano, 40 anni, romana e Alejandra Flavia Manini, 58, argentina, senza alcun provvedimento giudiziario. L’anagrafe di Roma ha deciso di accettare la loro domanda di registrare il suo atto di nascita argentino, in cui le donne – regolarmente sposate in Sudamerica – figurano entrambe come mamme del bimbo.
Finora c’era un solo precedente, quello di Torino in cui la Corte d’Appello aveva ordinato la trascrizione dell’atto di nascita di un bimbo nato in Spagna, figlio di una donna italiana e della moglie spagnola. Ma quella decisione era arrivata dopo due gradi di giudizio e soprattutto valeva solo per quel bambino. Con il Registro delle unioni civili e trascrizione dell’atto di nascita nel giro di pochi giorni Roma si è meritata a pieno diritto il titolo di capitale dei diritti, come ha sottolineato anche Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti. Gli esponenti dell’associazione hanno segnalato il fatto che quest’ultima decisione sia avvenuta per iniziativa dell’amministrazione comunale stessa e non in esecuzione di un provvedimento giudiziale. A differenza di quanto avvenuto con la trascrizione dei matrimoni fra due persone dello stesso genere nel mese di ottobre 2014, ora l’atto è stato compiuto direttamente dall’amministrazione comunale e non dal sindaco Ignazio Marino. Certi Diritti lo considera un atto politico serio e coraggioso che supera così il Parlamento, rimasto fermo al 1975 in tema di Diritto di Famiglia.
Torino all’avanguardia anche sui diritti delle persone transessuali. Dopo la Trans Freedon March di novembre, il capoluogo piemontese ha introdotto per le persone transessuali, dipendenti comunali, la possibilità di avere un tesserino identificativo per vivere la propria identità di genere anche sul luogo di lavoro. Come già l’Università di Torino e altri atenei che hanno seguito l’esempio torinese, anche i e le trans che lavorano al Comune di Torino non potranno avere il nome sulla carta d’identità, ma saranno i primi e le prime in Italia ad averlo sul tesserino di lavoro, anche prima che l’operazione concluda il cambio di sesso. Quello di Torino è il primo caso di amministrazione comunale che consente questo tipo di scelta, ma ciò che nelle parole dell’amministrazione sembra una cosa normale, non lo è per la maggior parte del sistema burocratico italiano. Così Alessandro Battaglia, coordinatore del Torino Pride, intervistato dal quotidiano Repubblica:
“La legislazione italiana non permette che questo avvenga su un documento di identità. Siamo felicissimi che la città abbia mostrato questa sensibilità e disponibilità, questo è un primato di cui andare orgogliosi”.
In attesa che sulle questioni dei diritti glbt il Parlamento si svegli, comuni e tribunali lavorano.
Pierluigi Gallucci
[Fonti delle immagini: eunews.it, comune.roma.it, torinopride.it, certidiritti.org]
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