Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati su un giovane baritono italiano, Roberto Maietta, che abbiamo conosciuto e apprezzato in ruoli comprimari in Fedora, Billy Budd e Carmen al Teatro Carlo Felice di Genova. Roberto Maietta, classe 1987, ha iniziato lo scorso anno una proficua collaborazione col teatro genovese dove è stato protagonista nelle
Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati su un giovane baritono italiano, Roberto Maietta, che abbiamo conosciuto e apprezzato in ruoli comprimari in Fedora, Billy Budd e Carmen al Teatro Carlo Felice di Genova.
Roberto Maietta, classe 1987, ha iniziato lo scorso anno una proficua collaborazione col teatro genovese dove è stato protagonista nelle opere Le Nozze di Figaro e Il barbiere di Siviglia e ha inoltre impersonato il soldato Belcore ne L’elisir d’amore di Donizetti, il musicista Schaunard nella Bohème pucciniana e Le Dancaire in Carmen.
Voce brillante e di sicuro squillo, Roberto ci ha colpiti per la sua capacità di rimanere sempre padrone dei personaggi che interpreta rendendoli coerenti sia vocalmente sia scenicamente.
Siamo riusciti a intervistarlo. Vediamo cosa ci racconta…
Come si è avvicinato al mondo del canto?
Mi sono appassionato al canto ascoltando l’opera fin da bambino. Avevamo a casa delle opere in selezione su cd, fra cui quella che ho sentito e risentito, era L’elisir d’amore con Sesto Bruscantini, per me ancora oggi un idolo indiscusso. Ho a lungo vissuto in un piccolo centro delle Prealpi Orobie e ho avuto la possibilità di ascoltare la mia prima opera dal vivo a 13 anni al Teatro Donizetti a Bergamo. È stata mia madre a portarmici. Era la Bohème. Sempre dalla parte materna ho avuto l’imprinting musicale su un vecchio pianoforte verticale sul quale lei a volte suonava. Su questo strumento, che fa ancora parte dell’arredamento domestico a casa dei miei, ho iniziato a studiare musica durante la prima adolescenza. A 15 anni mi sono rivolto a un baritono, che insegna nella mia zona. È stato lui a guidarmi fino al diploma al Conservatorio di Bergamo come candidato esterno.
Con cosa ha debuttato e dove?
Non ho una data ufficiale per il mio debutto. A partire dal 2008 ho iniziato a comparire in diversi spettacoli in provincia facendo piccole parti in opere di grande repertorio. Ricordo che la prima è stata il Marchese in La traviata. Questa possibilità, oggi sempre più rara per i nuovissimi del settore, spesso mal vista o addirittura snobbata, è stata per me importantissima. Sono stato su un palcoscenico “vero” per la prima volta al Teatro Ponchielli di Cremona nel Gianni Schicchi di Puccini sempre in quello stesso anno. Il primo “vero” ruolo che considero di aver cantato è stato Masetto nel Don Giovanni di Mozart in forma di concerto all’Auditorium di Padova e del Veneto nell’ottobre del 2010, diretto da Claudio Desderi.
Quanto per un cantante lirico è importante una buona impostazione scenico-attoriale?
Ormai da diversi anni, sicuramente molti più di quelli che mi vedono attivo in questo settore, è molto più che importante. Per quello che ho vissuto, anche di recente, direi che l’essere, o a volte anche il “dover essere”, attori sulla scena ha assunto una dimensione tale da far spesso passare in secondo piano l’impostazione vocale di un cantante. Anche se amo moltissimo il palcoscenico, sono con coloro che sostengono che solo dall’unione fra un serio studio tecnico del proprio strumento, la voce, e una corretta gestione della scena, si possano creare personaggi convincenti.
La situazione italiana e i pochi investimenti cultura possono rendere difficile a un giovane cantante emergere?
Il problema non è solo, o non tanto, a mio personale avviso, “emergere”. Si può essere notati e anche godere di un certo riconoscimento per momenti più o meno lunghi. La situazione attuale del nostro Paese rende estremamente difficile a qualsiasi musicista anche se ben preparato, senza esclusivamente parlare del cantante, soprattutto la possibilità di condurre costantemente la propria attività. La musica è un artigianato di altissimo livello che si costruisce con anni di studio, fatiche e sacrifici. Il canto artistico ne è uno degli esempi più incredibili. Oggi si è molto più abituati a seguire un talent-show televisivo in prima serata con relativi premiati che andare a vedere uno spettacolo dal vivo. “Emergere”, secondo me, è una serie di cose complesse e lunghe da costruire nel tempo: distinguersi per serietà, professionalità, studio, ad esempio.
Il talento è sufficiente per distinguersi e ottenere il successo sperato?
Continuando il discorso iniziato nella domanda precedente, se per talento vogliamo intendere non solo “avere la stoffa” ma anche “saper costruire di conseguenza”, per quello che ho visto e vedo succedere, il “talento” è sempre meno importante nell’attuale “business” legato al canto, e sta decisamente cedendo il posto al modello “talent” televisivo.
Quali ruoli ha cantato e cosa pensa di aver aggiunto al ruolo per farselo calzare al meglio?
Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di provarmi in alcuni ruoli del repertorio brillante italiano. È quello che attualmente prediligo perché penso possa calzarmi meglio e al quale spero di potere continuare a dedicarmi. Amo moltissimo alcuni ruoli di Donizetti come Malatesta e Belcore che ho in più occasioni cantato. Un personaggio a cui mi sento molto legato è anche il musicista del gruppo del Cafè Momus nella Bohème di Puccini: Schaunard.
Lo scorso anno ho avuto la possibilità di provarmi, a distanza di pochi mesi, in entrambi i ruoli di Figaro nei due capolavori di Mozart e di Rossini all’interno dell’Ensemble dell’Opera Studio del Teatro Carlo Felice di Genova. Un’esperienza davvero incredibile. Due opere e due personaggi, i due Figaro delle Nozze e del Barbiere, completamente diversi ma che costituiscono l’uno il seguito della storia dell’altro, anche se le opere appartengo a generi e periodi storici diversi. Durante il periodo di studio di questi ruoli, ho portato in giro con me per diversi mesi la trilogia di Beaumarchais che ho letto a ritroso partendo dalle Nozze di Figaro. Feci un identico lavoro negli anni passati per Bohème col romanzo di Murger e più di recente col Billy Budd di Melville. Ho tenuto, e ho ancora, un piccolo taccuino sul quale a volte, non sistematicamente devo ammetterlo, annoto frasi, pensieri e disegni con possibili espressioni e interazioni dei personaggi ai quali mi approccio. Una buona parte dello studio l’ho anche sempre condotto provando davanti allo specchio dei camerini o della mia stanza. Mi trovo a fare smorfie, a sperimentare posture, a produrre suoni e rumori, incomprensibili e folli anche per molti miei colleghi, che mi aiutano a trovare l’attitudine possibile di un momento della vita del personaggio che ho in mente. Per mia formazione, sono anche musicologo, cerco sempre di fare qualche ricerca, più o meno approfondita anche in base al tempo che posso dedicarci, sul periodo storico-musicale delle opere che studio.
Cosa può dirci del rapporto tra cantante e direttore d’orchestra?
Sempre limitatamente alla mia esperienza, quello fra cantate e direttore d’orchestra è un rapporto che oggi si pone troppo e troppo spesso in secondo piano. Il tempo delle prove musicali, cioè quelle fra il cast e il direttore d’orchestra lontano dalla scena e dai suoi problemi, è sempre più ridotto. Alcuni direttori danno quasi per scontata la preparazione iniziale del cast e si limitano a piccolissime osservazioni e correzioni. Sono davvero pochi i maestri con i quali si ha possibilità di fare un bel lavoro musicale dalla prima all’ultima prova. Questo ovviamente non vuol dire non ce ne siano…
E del rapporto tra cantante e regista?
Il rapporto fra cantante e regista è oggi di assoluta e centrale importanza. Purtroppo, spesso, lo è molto più che il rapporto fra cantate e direttore d’orchestra.
Qual è il timing medio di un allestimento operistico?
Il timing cambia a seconda di vari fattori, e fra questi le dimensioni della produzione, le possibilità economiche del teatro, se l’opera è un nuovo allestimento o una ripresa. Mediamente la durata di un nuovo allestimento è di circa 3 o 4 settimane nella realtà di una fondazione italiana. Per ordine si hanno o si dovrebbero avere: prove musicali, che comprendono solo cast, direttore d’orchestra e pianista, il Maestro Accompagnatore, per concentrarsi su tutti gli aspetti musicali; prove di regia, in sala regia o sul palcoscenico, in cui sono coinvolti regista, direttore e cast ancora accompagnati solo dal pianoforte; prove d’assieme in cui entra in gioco anche l’orchestra. Alla fine delle prove d’assieme, chiamate anche solo “assiemi”, si hanno l’antegenerale, la generale e, infine, la prima.
Quali sono, a suo avviso, le possibilità e i rischi che testate e blog possono rappresentare per un giovane artista?
Le testate giornalistiche, oggi soprattutto i blog, e tutto ciò che popolarmente chiamiamo “critica musicale” deve essere sempre tenuto nella giusta considerazione, soprattutto dalla parte del musicista che si vede recensito. Il mio presupposto, credo onesto, è che, per i più svariati fattori, si può piacere o non piacere a chi ti ascolta. Da questo personale sentire si viene valutati di conseguenza.
Il web ci permette una rapidità di informazione incredibile, ma questa è un’arma a doppio taglio. Bisogna saper cercare, e non sempre si trova. E questo è un discorso in generale, e non riguarda solo le recensioni.
Per assurdo, molte volte le persone ti conoscono perché hanno letto per curiosità una recensione online e non perché ti hanno effettivamente mai sentito. Dal parere più o meno equilibrato sulla propria performance si passa all’opinionismo “calcistico” da bar senza soluzione di continuo. Purtroppo tutta questa “nube” è molto permanente e può rimanere visibile anche per molto tempo.
Da quasi due anni ho un sito Internet personale che uso, oltre che per visibilità, anche per filtrare l’enorme quantità di informazioni che il web propone inserendo il mio nome su un motore di ricerca. Cerco di aggiornarlo abbastanza spesso… Se vi va, visitatelo…
Se dovessi parlare degli incontri significativi nella tua carriera, chi citeresti? E chi ringrazieresti per quello che stai facendo oggi?
Quello che sono riuscito a fare e sto facendo è fondamentalmente frutto delle mie fatiche e di un percorso che ho scelto di portare avanti negli anni. Non sono un “fenomeno costruito” e non sono stato “creato” dal nulla come molto spesso accade nel settore dello spettacolo. Le possibilità offertemi a Genova nell’ultimo anno derivano dalla stima e dalla fiducia accordatami dalla direzione artistica di quel teatro, che ha deciso di valorizzarmi unicamente per le mie qualità musicali e artistiche come era già accaduto precedentemente in altri contesti.
Tra le numerose persone che devo ringraziare ci sono tutti coloro che credono e hanno creduto in me motivandomi nei momenti di difficoltà, in particolare la mia famiglia e i miei amici (musicisti e non). Voglio ricordare anche a Irene che da un anno è per me un motore di autentica energia positiva.
I suoi prossimi progetti…
Canterò a Genova a luglio nella Vedova allegra e a Torre del Lago ad agosto in Gianni Schicchi al Festival Pucciniano. Per il futuro più lontano… tenete d’occhio il mio website!
La disturbo per un’ultima domanda un po’ autoreferenziale. Ci potrebbe dare un sincero parere su come la nostra rivista si sta muovendo nel complesso mondo dell’opera?
Trovo che ArtInMovimento Magazine sia una rivista online accessibile e alla portata di tutti in quanto non troppo tecnica e non attempata. Ho trovato sempre motivati i pareri delle recensioni, anche se a volte posso non trovarmi pienamente in accordo su quanto vedo scritto. Sono sicuro che la vostra realtà sia in evoluzione e si stia ritagliano un’interessante spazio nel mondo dell’opera italiana. Quindi sono molto felice che mi sia stata data la possibilità di presentarmi tramite questa intervista e molto orgoglioso che mi sia stata fatta da un giovane che crede in quello che fa…
Annunziato Gentiluomo
[Foto: Marcello Orselli ph. e Margherita Marchese Scelzi ph.]
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *