Non convince del tutto la scelta del dittico – Goyescas di Enrique Granados e Suor Angelica di Giacomo Puccini – che ieri sera “ha debuttato” al Teatro Regio, dove sarà in scena ancora il 20 e 23 gennaio alle 20.00 e il 18 e il 25 gennaio alle 15.00. La prima opera è scivolata via senza lasciar
Non convince del tutto la scelta del dittico – Goyescas di Enrique Granados e Suor Angelica di Giacomo Puccini – che ieri sera “ha debuttato” al Teatro Regio, dove sarà in scena ancora il 20 e 23 gennaio alle 20.00 e il 18 e il 25 gennaio alle 15.00.
La prima opera è scivolata via senza lasciar molto eccetto la sempre attenta e precisa performance del Coro del Teatro Regio, istruito da Claudio Fenoglio, le interessanti coreografie firmate da Michela Lucenti, la buona prova della compagnia Balletto Civile e la bella vocalità di Giuseppina Piunti che ha interpretato con passione e verve spagnoleggiante Rosario e di cui ricordiamo l’esecuzione aggraziata dell’aria ¿Porqué entre sombras el ruiseñor entona su armonioso cantar? Una voce potente e raffinata la sua, capace di riempire la scena e mettere in ombra il giovane tenore basco Andeka Gorrotxategui. Molto curati anche i costumi firmati Alessandro Ciammarughi.
Con Suor Angelica il pathos in sala aumenta grandemente. Musicalmente si rimane incantati da tanta armonia, da tanta pienezza. Tra le voci spicca chiaramente la protagonista, il soprano Amarilli Nizza, convincente sin dalle prime “battute”. È capace di esprimere il dolore, il disagio, la solitudine della donna che si trova in un convento non per scelta propria, ma per espiare la nascita di un figlio. Accanto alla protagonista, il mezzosoprano Anna Maria Chiuri che ha perfettamente calzato i panni dell’inesorabile zia Principessa. Attraverso l’interpretazione vocale e scenica – passi lenti, movenze minime – , riesce a rendere l’agire duro, glaciale, freddo, calcolatore di una nobile che, dopo sette anni, ritorna dalla nipote solo per farla rinunciare alla sua parte di eredità in favore della sorella minore, Anna Viola, prossima alle nozze. A nulla vale infatti l’invito di Suor Angelica: Ispiratevi a questo luogo santo… È luogo di clemenza, è luogo di pietà! A cui la zia prontamente risponde: Di penitenza! […], cogliendo subito dopo l’occasione per rinfacciarle con crudezza Chi per amore condonò la colpa di cui macchiaste il nostro bianco stemma!
Un interessante duetto ben interpretato dalle due cantanti che porterà poi, una volta appresa la notizia della morte del figlio di ben due anni prima, Suor Angelica al suicidio.
Ci fanno rimanere perplesse alcune scelte registiche e di allestimento scenico, in particolare in Goyescas, nonostante la volontà espressa a chiare lettere dallo stesso Andrea De Rosa di puntare sulla rappresentazione della solitudine, fondamentale nel mio doppio approccio alla regia, che fa del vuoto un elemento evidente, tangibile, connotante. L’assenza, di affetto o semplicemente di empatia, diventa protagonista.
Non abbiamo compreso e tanto meno apprezzato l’ambientazione dell’opera pucciniana all’interno di un ospedale psichiatrico che a nostro avviso corre il rischio di schiacciare il dramma di Angelica a una problematica medica, riducendone la complessità. Anche lo stesso costume della suora/malata di mente, agli occhi di De Rosa, accentua ulteriormente la diversità e non contribuisce alla puntuale comprensione dell’opera.
L’Orchestra del Teatro Regio, diretta da Donato Renzetti, ha reso con precisione e intensità entrambe le opere proposte.
Siamo comunque grati al Teatro Regio per aver potuto riascoltare, dopo trentadue anni, il pannello centrale del Trittico pucciniano, omaggio alla vocalità femminile.
Annunziato Gentiluomo
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