Compie oggi sei anni l’ambizioso saggio La qualità televisiva: definizioni sociali e prospettive di analisi (Aracne editrice) del dott. Annunziato Gentiluomo, pubblicato il 4 novembre 2008. E nonostante gli anni passino, il tema non sembra farlo: si scopre invece sempre più attuale, diventa sempre più incalzante. Un testo che è stato studiato e approfondito dagli studenti
Compie oggi sei anni l’ambizioso saggio La qualità televisiva: definizioni sociali e prospettive di analisi (Aracne editrice) del dott. Annunziato Gentiluomo, pubblicato il 4 novembre 2008. E nonostante gli anni passino, il tema non sembra farlo: si scopre invece sempre più attuale, diventa sempre più incalzante.
Un testo che è stato studiato e approfondito dagli studenti del corso di laurea interfacoltà in Management dell’informazione e della comunicazione aziendale della Scuola di Amministrazione Aziendale. dell’Università degli Studi di Torino, un volume che è stato recensito da diversi giornalisti, una monografia che ha visto l’autore intervistato in più canali mediatici (tv, radio e web radio) sul tema, un saggio che è stato lanciato il 18 novembre 2008 su Tv Talk (Rai 3), uno dei programmi di approfondimento meglio riusciti del Servizio Pubblico Italiano.
Il libro che Annunziato redige sulla base della tesi di dottorato in Scienze e Progetto della Comunicazione – settore disciplinare SPS08 (Sociologia dei processi culturali e comunicativi), si apre a sensibilità diverse. Certo, per definire la qualità televisiva, un concetto che è al contempo “vischioso, relazionale, temporaneo, economico, politico”, si serve di categorie scientifiche, tabelle, numeri: è un’analisi declinata in primis allo studio della letteratura del fenomeno, allo studio delle fonti (da Aldo Grasso a Jacobelli), alla rassegna degli autori. È vero, è questo; ma non solo. Aggiornato in maniera divulgativa per un pubblico che non vuole essere di soli esperti, è in realtà un viaggio: un lungo viaggio nel mondo della televisione, dalle origini ai nostri giorni, dall’analogico al digitale. Un viaggio pedagogico, una monografia scientifica che strizza l’occhio al romanzo di formazione, al Bildungsroman. Obiettivo, fare chiarezza tra quantità e qualità, uscire dal generico della qualità.
Ci può essere qualità nei programmi televisivi? È a questa domanda che il dott. Gentiluomo ha voluto rispondere. Rispondere a chi, come Jader Jacobelli, giornalista e teorico italiano della radio e della televisione, pensa che la qualità “non esista”, sostenendo che si tratti di “punti di vista”; o a chi (Aldo Grasso) pensa alla qualità televisiva come a un ossimoro, o anche a un prodotto di nicchia, un “felice incidente”. Fa tutto questo; e lo fa avvalendosi di una solida prospettiva storiografica.
La declinazione della storia della Rai, dal 54 a oggi, permette allora di evidenziare accezioni più che mai diverse di questo termine scivoloso: si corre da un primo periodo, in cui il concetto di qualità è ideologico, e la televisione frutto di un palinsesto pedagogizzante, una missione educativa per l’unificazione linguistica dell’Italietta post-bellica “dei cento campanili”; a un secondo, in cui il mondo politico, accortosi dell’enorme potere mediale del mezzo, se ne appropria (la televisione come tacitiano instrumentum regni); a un terzo periodo, il nostro, che conosce la massificazione del televisivo, il fenomeno della tv commerciale, l’omogeneizzazione dei canali.
Gli ultimi due capitoli, in particolare, esplicitano la ricerca e la proposta personale del dottor Gentiluomo. Strumento privilegiato è il focus group che, condotto su tre gruppi diversi (insegnanti, adolescenti di scuola media, e studenti di Scienze della Comunicazione) ha visto emergere gli ingredienti di una tv di qualità, il bisogno di un cambiamento che metta a frutto le infinità possibilità del mezzo, un cambiamento che venga dall’alto pantheon del mondo politico. Tra le proposte più interessanti rimangono la possibilità di scelta, e dunque la diversificazione della programmazione (che il digitale terreste, ponendo fine all’era della tv generalista, vorrebbe attuare); libertà di espressione e indipendenza dalle influenze politiche e dal mercato pubblicitario; ma soprattutto, la tutela nei confronti dei minori attraverso un certificazione standard, che garantisca controllo sui contenuti e sull’accesso all’etere. In ogni caso però, un processo fidelizzante in cui lo spettatore si senta davvero parte della creazione, non suo succube.
“Essere pluralista e imparziale”. Puntare sulla trasformazione. Porre fine alla violenza sociale che tanto si serve della televisione come mezzo di comunicazione e di propaganda. Il digitale terreste come ultima spiaggia per una televisione di qualitò. Sono queste le sfide che Annunziato ha il coraggio di affrontare.
Consapevole della lezione di Marshall McLuhan, il sociologo canadese padre dei moderni studi sulla comunicazione, sa che il “medium è il messaggio”, quanto conti sia la televisione come medium: non semplice strumento, ma mezzo plasmante, in grado di suscitare nell’utente-spettatore determinati comportamenti e modi di pensare, modellare la sua forma mentis.
Abitanti del grande-piccolo villaggio globale, ci apriamo alle giuste parole di Annunziato. La speranza di pensare alla televisione in un modo diverso da McLuhan: non un medium incapace di dar luogo a novità nell’ambito sociale o nell’ambito dei comportamenti personali; non un mezzo che inchioda lo spettatore in una stasi fisica e mentale. La televisione, invece, come sperimentazione, buon prodotto, ma non necessariamente culturale.
Insomma, Annunziato e “la qualità televisiva”: towards a new tv.
Giuseppe Parasporo
[Fonti delle immagini: youtube.com, it.wikipedia.org, en.wikipedia.org, economiaweb.it]
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *