Ieri la prima dell’Otello di Verdi, opera che ha dato l’avvio alla stagione lirica del Teatro Regio di Torino e che sarà in scena fino al 28 ottobre. Un cast straordinario capace di rendere magistralmente le sonorità ricercate del grande Maestro italiano e di incarnare il gioco perverso della stessa storia che ha al centro
Ieri la prima dell’Otello di Verdi, opera che ha dato l’avvio alla stagione lirica del Teatro Regio di Torino e che sarà in scena fino al 28 ottobre.
Un cast straordinario capace di rendere magistralmente le sonorità ricercate del grande Maestro italiano e di incarnare il gioco perverso della stessa storia che ha al centro i retroscena più drammatici della gelosia.
Eccellente la prova di Gregory Kunde (Otello) sia scenicamente sia vocalmente. Il registro possente e il timbro al contempo scuro e squillante hanno fatto la differenza nell’interpretazione del titolo, conseguendo largo consenso di pubblico. Sessanta anni e non sentirli. Sessanta anni e non vederli. Sessanta anni e dominare il palcoscenico con una fisicità imponente e duttile. Un’energia strepitosa che arriva in tutta la sua magnitudo. La voce del tenore americano si amalgama in modo armonioso a quella di Erika Grimaldi (Desdemona), totalmente nel ruolo e che si distingue per le spiccate doti liriche e per un’eleganza scenica, appropriata al complesso personaggio femminile verdiano. Uno Jago scuro e diabolico è quello di Ambrogio Maestri, baritono ricercato e raffinato. Forse tale personaggio cruciale avrebbe meritato più spessore drammatico, partendo anche solo dall’aria Credo in un Dio crudel che ne riassume i tratti. Fra i solisti si distingue anche il tenore Salvatore Cordella per la buona interpretazione di Cassio.
Mentre sinceri e copiosi plausi vanno al cast, lo stesso non si può dire per l’allestimento che tecnicamente convince poco. La scenografia, enormi pareti di sacchi caratterizzati da macchie di sangue atte a presagire il finale bagno di sangue, è monotona. Non ci sono cambi, ma solo spostamenti di scena che non contribuiscono a colorare la rappresentazione. Discutibili i costumi, in particolare la scelta dei pantaloni degli uomini, il vestito di Emilia e uno di quelli di Otello. Le luci appiattiscono la scena: risultano infatti incapaci di dare risalto e verve, e seguire il dramma politico ed esistenziale che si sta consumando davanti agli occhi dei presenti. La regia è quasi assente con alcune scene errate proprio concettualmente. Walter Sutcliffe non pare assolutamente all’altezza del ruolo.
Lenta musicalmente la prima parte, costellata da tempi morti, esecuzione musicale che si riscatta nel secondo tempo quando raggiunge il giusto ritmo accompagnando il pubblico all’epigono finale, al pentimento, al perdono, alla ricerca di un ultimo bacio…
Nel complesso un buon inizio di stagione per il Teatro Regio di Torino…
Annunziato Gentiluomo
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