La favorita, grand opéra in quattro atti di Gaetano Donizetti su libretto di Alphonse Royer, Gustave Vaëz e Eugene Scribe, è andata in scena il 18 e il 20 febbraio al Teatro Municipale di Piacenza e al Teatro Regio di Parma, ove torna in scena dopo 40 anni, venerdì 25 febbraio e domenica 27 febbraio
La favorita, grand opéra in quattro atti di Gaetano Donizetti su libretto di Alphonse Royer, Gustave Vaëz e Eugene Scribe, è andata in scena il 18 e il 20 febbraio al Teatro Municipale di Piacenza e al Teatro Regio di Parma, ove torna in scena dopo 40 anni, venerdì 25 febbraio e domenica 27 febbraio 2022, nel nuovo allestimento realizzato in coproduzione tra i due teatri, con la regia di Andrea Cigni, le scene di Dario Gessati, i costumi di Tommaso Lagattolla e le luci di Fiammetta Baldiserri.
Matteo Beltrami, sul podio dell’Orchestra Filarmonica Italiana e del Coro del Teatro Municipale di Piacenza, preparato da Corrado Casati, dirige il cast composto da Simone Piazzola (Alfonso XI), Anna Maria Chiuri (Leonora di Guzman), Celso Albelo (Fernando), Simon Lim (Baldassarre), Andrea Galli (Don Gasparo) e Renata Campanella (Ines).
Concepita per il debutto a Parigi, dove Donizetti aveva già riscosso grande successo con Marin Faliero, Roberto Devereux, L’elisir d’amore e Lucia di Lammermoor, e dove il compositore si era trasferito in seguito a un periodo difficile a livello professionale e familiare, culminato con la perdita della moglie e della terza figlia, l’opera andò in scena alla Salle Le Pelletier dell’Opéra il 2 dicembre 1840 riscuotendo un’accoglienza entusiasta da parte del pubblico. Come spiega lo storico Giuseppe Martini, Donizetti compie con La favorite un attento lavoro di mediazione fra gusto francese e italiano […]. Priva di musiche di cerimoniale e di scene altisonanti, è un’opera certamente di profilo assai snello per le abitudini dell’Opéra. Ma il risultato del lavoro di Donizetti resta una delle sue partiture più eleganti, e non solo nel celebrato quarto atto, per cui si spiega l’affermazione di Arturo Toscanini quando diceva che «La favorita è tutta bella!».
Al momento della traduzione in italiano, affidata a Francesco Jannetti, l’opera conobbe una vicenda tormentata a causa della censura. La vicenda storica di Léonor di Guzman, amante del sovrano Alphonse XI che per lei ripudiò la moglie, e l’inserimento del personaggio di Fernand, novizio pronto a tradire la sua vocazione per amore, valse all’opera non pochi rimaneggiamenti nel titolo, nella traduzione e nell’ambientazione: per la prima italiana a Padova nel 1842 fu rappresentata con il titolo Leonora di Guzman, mentre a Roma andò in scena con il titolo Dalia e con l’ambientazione ottomana nel XIV secolo, mentre la Scala commissionò una trasposizione ambientata in Siria nel 1113, intitolata Elda. Tutti questi cambiamenti hanno creato enorme confusione nei testi in italiano, con l’adozione di versioni diverse del finale e con spostamenti erronei di battute da un personaggio a un altro. Ma la traduzione di Jannetti è ancora oggi largamente in uso e dunque, anche per via del radicamento dei pezzi più celebri nella memoria collettiva, correggibile ma difficilmente espungibile, continua Giuseppe Martini.
Riportiamo la trama tratta da Wikipedia:
Atto I
Nel regno di Castiglia, 1340.
Nel convento dei frati di Santiago di Compostela, padre Balthazar nota il novizio Fernand assorto nei suoi pensieri. Fernand gli rivela che è innamorato di una donna di cui non conosce né il nome né la condizione, e decide di abbandonare il convento per trovare la ragazza. Il padre lo avverte delle insidie della vita mondana. Intanto, sull’isola di Leon, Inez e le sue amiche attendono il battello che conduce Fernand alla bella sconosciuta. Fernand la trova: è Leonor, che gli dice di amarlo, ma non potrà mai essere sua sposa. Inez, intanto, avvisa i due che sta arrivando il re. Fernand, ingenuamente, crede che la donna sia corteggiata dal re Alphonse XI di Castiglia, anche se egli è sposato. Per compiacerla, e ascoltando un suo consiglio, decide di seguire la carriera militare.
Atto II
Nei giardini d’Alcazar, Alphonse commenta con Don Gaspar la vittoria sugli infedeli, dove si è distinto il giovane Fernand. Anche se deve ricevere un messo dal papa, Alphonse riceve la sua amante Leonor, con cui da tempo ha una relazione. Leonor si ribella, stanca della sua relazione col re, e lo avvisa di non fare azioni sconsiderate, visto che Alphonse, per amor suo, decide di ripudiare la moglie. Durante la festa che il re ha organizzato per Leonore, Alphonse scopre che Fernand ama la bella, e la Favorita rivela che ella è innamorata di un giovane di cui non rivela il nome. Irrompe Balthazar, messo del papa, che minaccia il re, maledice Leonore, e consegna la bolla papale contenente la scomunica per Alphonse.
Atto III
Copertina del libretto Edizioni Madella
Alphonse, scoperto che Fernand ama Leonor, decide di farli sposare, per rappacificarsi con la Chiesa. Leonor rimane interdetta, ma decide di confessare a Fernand il passato, e manda Inez a cercarlo. La povera Inez, però, viene arrestata da don Gaspar. Il re nomina Fernand marchese, e viene celebrato il matrimonio dei giovani. Improvvisamente arriva Balthazar, e il giovane capisce che ha sposato l’amante del re, e lancia ingiurie su Alphonse e Leonor, spezza la spada ai piedi del re, ed esce con padre Balthazar.
Atto IV
Nel convento di san Giacomo, i monaci stanno scavando le loro tombe. Fernand ricorda l’amata Leonor, sul procinto di prendere i voti. Proprio Leonor compare, spossata dal dolore e in fin di vita, e chiede perdono a Fernand pregando nella cappella. Subito dopo essere stato ordinato, Fernand incontra Leonor e si sconvolge. Leonor si dichiara innocente, e muore ottenendo il perdono dell’amato.
Se dal punto di vista cronologico La favorita rientra ancora nel periodo operistico che chiamiamo convenzionalmente belcantista, in realtà è ai limiti di quel mondo. Tanto per cominciare, la tessitura vocale pretende molto dagli interpreti, soprattutto nella parte di Leonora […]. In secondo luogo, l’orchestrazione utilizzata qui da Donizetti è molto corposa, e si avverte ancora di più con gli strumenti moderni: gli accenti risultano sempre molto drammatici e sono richiesti volume e capacità interpretativa decisamente matura. Ecco, La favorita è veramente un’opera per interpreti maturi. Non è affatto semplice da restituire. Queste caratteristiche rendono difficoltoso dal punto di vista direttoriale trovare un filo interpretativo che conferisca coesione all’opera, tanto più oggi, quando la capacità di concentrazione e la percezione del tempo così condizionata dalla tecnologia sono molto diverse da quella degli anni Quaranta del XIX secolo. Nella Favorita ci sono vere e proprie oasi in cui il tempo sospeso risulta molto difficile da adattare alla nostra percezione dell’azione […] Inoltre, La favorita è un grand opéra di dimensioni ridotte rispetto allo standard di quel genere in quegli anni, e la versione italiana è ancora più snellita. In questo allestimento si noterà ancora di più questo ridimensionamento che la porta ad assumere le fattezze per noi più confidenziali del modello operistico italiano, dal momento che per motivi legati all’emergenza sanitaria si è deciso di non mettere in scena i balletti, come del resto spesso si faceva con i grand opéra tradotti in italiano. In questo modo in compenso viene accentuata la natura di dramma intimo di quest’opera, che è il dramma di Leonora dilaniata fra un nuovo amore e la sua difficile posizione sociale, spiega il M. Matteo Beltrami.
La storia di “La favorita” è una storia di ruoli e di personaggi, delle differenze sociali tra questi e delle dinamiche affettive e di potere che li regolano. I ruoli e i personaggi sono il centro drammaturgico più importante. Poco importa in realtà il contesto storico o geografico della vicenda. Sono però importanti le relazioni tra i protagonisti e dunque uno spazio fortemente simbolico e significativo ove tutto si svolge e prende vita. La sincerità, la chiarezza dei personaggi, il loro essere “veri”, è nascosto dal ruolo e dunque dal costume che li protegge e che impedisce di essere loro stessi. Il coro ha una funzione essenziale di commento all’azione, come se fosse spettatore distaccato ma presente di qualcosa che si svolge davanti a lui, come se assistesse a un teatro (nel senso filologico del termine, ovvero ‘azione del guardare’) rappresentato da Fernando, Alfonso, Leonora. E dunque dobbiamo andare a scoprire la verità nascosta dentro ai costumi dei personaggi stessi, che impongono un ruolo nella società e che rappresentano una specie di “corazza” ai sentimenti, ma anche una protezione rispetto alla collocazione sociale che hanno. Siamo partiti dunque dall’idea del Teatro Anatomico, luogo dove si “esaminano” profondamente (fisicamente) gli individui e che qui vorremmo riproporre come “analisi” e disamina dei sentimenti, delle viscere affettive dei personaggi, del loro essere veri sotto una pelle (rappresentata dal costume) che solo quando viene tolta li lascia sinceramente esprimere ciò che sentono, provano, vivono mostrandoci i loro sentimenti, la loro sofferenza, la loro angoscia, il loro amore, la loro verità. Poco importa a dire il vero se è Spagna e se è il 1340. Ciò che conta è la dinamica drammatica raccontata allo spettatore (e dunque anche al coro che ha questa funzione in scena). […] Ci interessa così analizzare minuziosamente, come avviene per un corpo nel teatro anatomico, la storia tra i personaggi, le dinamiche dei loro comportamenti, la sintesi dei loro sentimenti. È assolutamente affascinante capire come, per mantenere una credibilità e un ruolo sociale, il costume intervenga sulle persone e che valore semantico questo ricopra nella drammaturgia e come lo spazio, che non è orpello o di contorno, diventi in realtà spazio vivo e vitale dell’agire analitico di chi assiste alle vicende rappresentate, scrive Andrea Cigni.
Il dramma della Favorita non è infatti solo l’amore soffocato e poi redento di Leonora. Certamente, quello è in primo piano, innerva un percorso psicologico non dissimile da quello che toccherà a Violetta, è il motore della vicenda. Ma il dramma profondo della Favorita è semmai l’esclusione di cui è vittima Fernando. Fernando è il paria, è la pedina fuori posto. La sua è la storia di un’iniziazione alla cruda realtà del mondo e degli uomini, destinata a creare un disordine per cui tutti saranno destinati a pagare pegno, ma alcuni un po’ meno di altri. Non è un caso, e lo si doveva capire subito: la marcia nuziale di Leonora e Ferrando assomiglia più una marcia funebre, conclude Giuseppe Martini.
Abbiamo apprezzato nel complesso l’allestimento e in particolare la resa di Leonora della grande Anna Maria Chiuri, ma ne parleremo a dovere…
Redazione di ArtInMovimento Magazine
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