Immergersi in un’esperienza dove la struttura serve proprio per liberarsi da questa lascia sicuramente molto, anche perché non è una mera trasmissione di contenuti, ma un passaggio di vita, di vissute, di scoperte e di meraviglia. Diventa un monito che stimola la creatività del singolo e soprattutto muove verso la ricerca e verso lo studio
Immergersi in un’esperienza dove la struttura serve proprio per liberarsi da questa lascia sicuramente molto, anche perché non è una mera trasmissione di contenuti, ma un passaggio di vita, di vissute, di scoperte e di meraviglia. Diventa un monito che stimola la creatività del singolo e soprattutto muove verso la ricerca e verso lo studio approfondito della materia da cui poi si prende le distanza per riattualizzarla. Il limite? La nostra fantasia. Tutto diventa lecito quando il piano di base – la tecnica – è ben solido. Questo è stato l’insegnamento che, all’interno del suo OKRA – laboratorio di libera improvvisazione con le percussioni –, Paolo Sanna ha trasmesso a sedici percussionsti o aspiranti tali giovedì scorso presso la Cavallerizza a Torino. Nonostante il freddo della sala, il musicista è riuscito a muovere curiosità, a farci bypassare la mente razionale per raggiungere l’integrazione dei due lobi che solo la partecipazione consapevole di razionalità e immaginazione rendono possibile. Ci ha fatto sentire lo strumento, invitandoci a fonderci con lo stesso, e il tutto con una lunga e interessante presentazione del percorso che ha portato musicisti prima di lui e lui stesso a puntare su questa ibridazione, sulla contaminazione tra generi, muovendosi verso uno spazio musicale rivisto e totalmente imprevedibile, dove il valore aggiunto è la cultura etnica che viene espressa. Ci ha fatto toccare con mano quello che lui intende per destrutturazione. Ha parlato della storia del tamburo, il primo strumento percussivo, e dei suoi diversi usi. Ha citato strumenti che mai avevamo sentito, come il kalimbe, e ci ha reso evidente come in periodi simile e in contesti geografici molto lontani si sviluppavano analoghe sensibilità artistiche e si realizzavano musiche e strumenti non così distanti tra loro. Ha suonato con delle pietre di mare…
E poi con lo stesso Sanna come direttore d’orchestra abbiamo potuto sperimentare, suonando in modo totalmente nuovo e originale, i concetti di circolarità, di contrapposizione e addirittura il Tao applicato alla musica, seguendo una partitura grafica pensato dallo stesso percussionista sardo. Abbiamoutilizzato oggetti imprevedibili che sono diventati aiutanti della nostra scoperta di nuove timbriche e sonorità. Abbiamo appreso le tecniche apprese. Il risultato? Una nuova armonia, un senso di scoperta e stupore, tanta leggerezza.
Dopo il suo intervento ci ricorda, con enorme generosità che approfondire le radici di quanto abbiamo sperimento con lui è fondamentale fare ricerca in area free jazz (USA) e in questo i nomi da “scandagliare” sono Milford Graves, Rashied Ali, Andrew Cyrille e Sunny Murray. Naturalmente non sono stati solo loro a ripensare la batteria e quindi a trasformala, ma anche tanti altri. Credo che un’analisi su questi primi batteristi / percussionisti sia fondamentale per inquadrare e riuscire a capire ciò che successe in quel periodo. L’esperienza musicale non è certo sganciata dal contesto sociale/politico e quindi l’espressione e la rivendicazione dei movimenti vari dei neri, ad esempio, che offrono altri spunti e rendono onore alla complessità che si cela dietro a scelte diverse in ambito artistico. E quindi strumenti dell’Africa e dell’Asia trovarono nuove collocazioni, offrendo particolare suggestioni. Kalimbe, gong vari, sonagli di tutti i tipi, infatti, vennero impiegati dagli esponenti del Free sistematicamente nelle loro improvvisazioni. Spostandoci, poi, dall’America al nostro contenente, è bene ricordare che in Europa, compresa e interiorizzata la lezione del Free Jazz americano, percussionisti come John Stevens e Tony Oxley furono i primi, intorno agli anni ’70, a lavorare con concetti liberi, a seguire percussionisti, come Paul Lovens, Paul Lyton, Edy Prevost, Roger Turner e Han Bennink che hanno indicato strade possibili da seguire e sviluppare. Oggi sono tanti i percussionisti che sperimentano anche grazie alle indicazioni di questi grandi e la ricerca continua e il motore di tutto è la capacità di meravigliarsi.
In estrema sintesi un’interessante occasione per farti immergere nella musica, per farti fondere col tuo strumento e con la sua storia, per farti comprendere che la tecnica è indispensabile per poter creare e improvvisare, perché improvvisare è semplicemente arrivare a suonare se stessi. Tanti spunti per continuare la propria personale indagine sul suono. Un grazie al gruppo Mixtura Orchestra, rappresentato da Maurizio Murgia e Giuseppe Sanna, che ha permesso tutto questo, a cui è seguito la performance del duo Giacomo Salis / Paolo Sanna Percussion duo….
Annunziato Gentiluomo
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