A fine agosto, come vi abbiamo raccontato qui, si è tenuta a Ivrea l’edizione 2020 de La Grande Invasione. Il festival solitamente si svolge tra fine maggio e inizio giugno, ma la straordinarietà della situazione post-lockdown ha costretto gli organizzatori a fermarsi e ripensare la struttura dell’evento per cercare di realizzarlo ugualmente. Così è stato,
A manifestazione conclusa, per capire meglio in che modo il mondo della cultura e degli eventi possa affrontare la nuova situazione dovuta alla pandemia, abbiamo voluto fare alcune domande agli organizzatori.
Vi proponiamo qui la nostra intervista a Gianmario Pilo, Marco Cassini, Silvia Trabalza e Lucia Panzieri, responsabili i primi due per la Grande Invasione, le seconde per la Piccola Invasione.
L’ edizione nel suo insieme è andata secondo le vostre aspettative? Se no, perchè?
Assolutamente sì, siamo molto contenti della riuscita di questa ottava edizione. Abbiamo fortemente voluto che il festival si svolgesse interamente dal vivo perché La grande invasione è il festival di Ivrea e dei suoi cittadini, e volevamo che come per le passate edizioni tutto si svolgesse e fosse fruibile solo stando in città. Chiaramente la condizione perché questa edizione si potesse svolgere regolarmente era riuscire a fare tutto nella massima sicurezza: le norme che abbiamo adottato sono state addirittura più severe di quelle previste dal Ministero, eppure questo non ha frenato l’entusiasmo del pubblico. Hanno tutti accettato con pazienza e di buon grado le indicazioni del personale volontario al controllo accessi. Anche negli spazi in cui sono state allestite le cinque mostre, a cui si poteva accedere in gruppi ristretti, c’è stato sempre movimento. Si è percepito insomma un gran bisogno e voglia di riunirsi.
Siamo soddisfatti sia per la risposta del pubblico che ha partecipato con grande entusiasmo agli appuntamenti in programma, sia perché si è svolto tutto secondo le regole e in tranquillità.
Possiamo dire che lo spirito della manifestazione è rimasto sostanzialmente inalterato, sono cambiate solo le circostanze intorno a noi.
La cosa più difficile e la cosa più bella di questa edizione
Dovendo adeguarci alle normative di sicurezza e al disciplinare Covid abbiamo dovuto ripensare ai luoghi di svolgimento della manifestazione. L’unica differenza è stata proprio il non aver potuto utilizzare i tanti luoghi che caratterizzano abitualmente la nostra “invasione” della città, dovendoci limitare solo a quelli grazie ai quali si poteva garantire a ospiti, pubblico e staff la piena sicurezza e il distanziamento previsto. Ci si è messo poi anche il maltempo a causa del quale abbiamo dovuto in parte rinunciare all’uso del cortile del Museo Garda spostando gli appuntamenti al chiuso: questo ci ha reso più difficile il “cambio sala”, il far uscire tutti, sanificare e far rientrare tutti all’evento successivo, spesso nel giro di pochissimi minuti. Riuscire però a trasmettere quella serenità necessaria a godersi un’ora di lezione, un reading o un laboratorio per i bambini e ragazzi è stata la base su cui poi poter costruire il programma.
Siamo soddisfatti – e questa è senz’altro la cosa più bella – perché ci siamo riusciti grazie all’efficienza del nostro preparatissimo staff e ai volontari, che mai come quest’anno sono stati l’anima del festival.
C’è qualcosa che vorreste dire ai visitatori che hanno partecipato?
Grazie per aver creduto in noi e in questa edizione. La soddisfazione è stata ricevere i
ringraziamenti di tantissimi eporediesi e turisti che hanno apprezzato il nostro sforzo volto a offrire alla città un evento finalmente dal vivo: per la qualità del programma e per il rispetto delle norme di sicurezza in cui si è svolta la manifestazione, siamo riusciti a far dimenticare le paure dei mesi scorsi. Con passione, serietà e buona volontà si può riuscire a far tutto, anche ciò che a tanti sembra difficile o impossibile.
Ringraziamo gli organizzatori per le loro risposte, che ci permettono di comprendere le difficoltà di realizzare eventi culturali in questo periodo, ma anche di riflettere sull’importanza che tali eventi hanno per ricostruire una “normalità” e ripartire, dopo l’esperienza di isolamento e chiusura che tutti abbiamo sperimentato dei mesi scorsi.
Chiara Trompetto
[Immagini in ordine di apparizione: pubblico nel cortile del Museo Garda, Ph Alessandro Franzetti; mostra Emiliano Ponzi, Ph Marianna Doria; Darwin Pastorin e pubblico, Ph Alessandro Franzetti]
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