Mercoledì 12 febbraio, alle ore 20.00, va in scena al Teatro Regio di Torino il capolavoro indiscusso del melodramma risorgimentale: Nabucco di Giuseppe Verdi. Nel corso delle dieci rappresentazioni (fino al 22 febbraio), si alterneranno Giovanni Meoni, Leo Nucci e Damiano Salerno (Nabucco), Saioa Hernández e Csilla Boross (Abigaille), Ştefan Pop e Robert Watson (Ismaele),
Mercoledì 12 febbraio, alle ore 20.00, va in scena al Teatro Regio di Torino il capolavoro indiscusso del melodramma risorgimentale: Nabucco di Giuseppe Verdi. Nel corso delle dieci rappresentazioni (fino al 22 febbraio), si alterneranno Giovanni Meoni, Leo Nucci e Damiano Salerno (Nabucco), Saioa Hernández e Csilla Boross (Abigaille), Ştefan Pop e Robert Watson (Ismaele), Riccardo Zanellato e Rubén Amoretti (Zaccaria), Enkelejda Shkosa e Agostina Smimmero (Fenena). Completano il cast: Romano Dal Zovo (il gran sacerdote di Belo), Enzo Peroni (Abdallo) e Sarah Baratta (Anna). Altro grande protagonista il Coro, a cui sono dedicate le pagine più belle e conosciute dell’opera, magistralmente istruito da Andrea Secchi, mentre sul podio, alla guida dell’Orchestra del Teatro Regio, troviamo il maestro Donato Renzetti. Il nuovo allestimento del Teatro Regio, realizzato in coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo, affida la regia ad Andrea Cigni, con scene di Dario Gessati, costumi di Tommaso Lagattolla e le luci di Fiammetta Baldiserri.
Regolarmente ospite del Regio, Donato Renzetti è una delle più affermate bacchette a livello mondiale; la sua lunghissima carriera lo ha portato a dirigere nei più importanti teatri, tra cui Opéra di Parigi, Covent Garden di Londra, Teatro Colón di Buenos Aires, Metropolitan e Carnegie Hall di New York.
Due recite, quelle del 16 e del 22 febbraio, già sold out , sono affidate al grandissimo Leo Nucci, che ha fatto del ruolo di Nabucco uno dei capisaldi della sua cinquantennale carriera. Sosterrà il ruolo, nelle date del 12, 14, 18 e 20 febbraio, Giovanni Meoni, già sul palcoscenico del Regio nel 2018 con La traviata; vincitore di numerosi riconoscimenti, eccelle nei grandi ruoli di baritono del repertorio verdiano grazie al raffinatissimo fraseggio e alla perfetta presenza scenica. In una delle parti vocalmente più impegnative dell’intero repertorio lirico, troviamo il soprano spagnolo Saioa Hernández; dopo aver studiato sotto la guida di Santiago Calderón, Vincenzo Scalera, Renata Scotto e Montserrat Caballé, il debutto alla prima della Scala nella scorsa Stagione l’ha confermata astro nascente della lirica mondiale. Torna al Regio il tenore Ştefan Pop, che ricordiamo nel Rigoletto della passata Stagione, vincitore di numerosi premi, tra cui il concorso Operalia e l’International Music Competition di Seoul, ora nei panni di Ismaele, nipote del re di Gerusalemme. Il basso Riccardo Zanellato, già ospite più volte al Regio, è interprete di riferimento per l’importante ruolo di Zaccaria, sommo sacerdote degli ebrei; ha cantato sotto la guida dei più importanti direttori d’orchestra, tra cui si distingue l’intensa collaborazione con Riccardo Muti. Enkelejda Shkosa, il mezzosoprano albanese interprete di Fenena, dopo aver vinto il concorso internazionale Leyla Gencer si è esibita sui palcoscenici più importanti a livello mondiale, dal Metropolitan di New York alla Staatsoper di Vienna, all’Opéra di Parigi, al Teatro Real di Madrid e la Scala di Milano.
Nabucco è titolo emblematico del melodramma italiano, opera monumentale, amatissima soprattutto grazie alle maestose pagine corali da ormai quasi due secoli impresse nella memoria collettiva del pubblico, decisamente ardua da cantare e mettere in scena. Segna anche l’inizio della grande carriera e della fama immortale di Giuseppe Verdi, che con questo titolo nel 1842 conobbe finalmente il successo, dopo un grave fiasco artistico (con la mal riuscita opera buffa Un giorno di regno, 1840) e la tragedia personale della morte della moglie e dei due figli. Verdi stesso ne raccontò la genesi: depresso, aveva perso la voglia di rimettersi al lavoro e tornare a comporre. Fu l’impresario Bartolomeo Merelli a insistere e proporre al giovane Maestro un libretto firmato Temistocle Solera, dall’impegnativo titolo di Nabucodonosor. I versi narravano una storia di amore, ragion di stato, libertà e ricerca del divino ispirata alle Sacre Scritture. Il re di Babilonia, Nabucodonosor, imprigiona gli ebrei ed esige di essere da loro adorato, ma viene colpito da una maledizione del vero Dio, che lo riduce alla follia. La figlia Abigaille, in realtà una schiava, si autoproclama reggente e condanna a morte l’intero popolo d’Israele insieme alla sorellastra Fenena, che si è nel frattempo convertita; alla vista della figlia in catene, il re spodestato si pente e invoca il perdono del Dio di Israele. Abdallo, suo fedele, guiderà l’esercito contro Abigaille e il culto dell’idolo Belo: Nabucodonosor tornerà a regnare, libererà Israele e ordinerà la ricostruzione a Gerusalemme del tempio dell’unico vero Dio. Nel leggere il libretto, l’occhio del compositore cadde sulle struggenti parole mutuate dal Salmo 137, in cui il popolo d’Israele siede lungo i fiumi di Babilonia e piange il ricordo di Sion; i commoventi versi divennero con Verdi il coro Va, pensiero, sull’ali dorate, immediatamente assurto a inno risorgimentale e ancora oggi forse la pagina più celebre di tutta la storia dell’opera, tanto che Nabucco è entrato per sempre nel cuore degli italiani.
Al di là dell’aspetto immediato del monumentale conflitto di potere, spesso rivisitato e attualizzato nelle regie degli ultimi anni, il nuovo allestimento di Andrea Cigni sottolinea invece il dramma del singolo come motore dell’intera vicenda, dichiarando Più che la moltitudine che colpisce in quest’opera è il senso di solitudine che con forza impone una riflessione meno scontata sul dramma umano». La tragedia scaturisce dalla solitudine di Abigaille, rifiutata dal padre, dalla sorella e dall’amato Ismaele, e dal suo abuso del potere e della violenza come rivalsa; «il risultato che si genera quando amore, comprensione, unità, vengono soppiantati da invidia, rancore, arroganza, rabbia. Così anche i riferimenti culturali e religiosi dei due popoli sono evocati dalle scene, dai costumi come elementi simbolici e drammaticamente svelati o nascosti dalle luci.
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Redazione di ArtInMovimento Magazine
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