Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati su Michele Spotti, astro nascente della musica. Nato l’1 maggio 1993 a Cesano Maderno, di cui è Cittadino Benemerito per meriti artistici dal dicembre 2014, fin da piccolo è stato chiaro un amore sconfinato per la musica. Incomincia prestissimo a studiare il violino presso la Civica Accademia
Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati su Michele Spotti, astro nascente della musica.
Nato l’1 maggio 1993 a Cesano Maderno, di cui è Cittadino Benemerito per meriti artistici dal dicembre 2014, fin da piccolo è stato chiaro un amore sconfinato per la musica. Incomincia prestissimo a studiare il violino presso la Civica Accademia Sperimentale di Musica della città di Cesano col maestro Luigi Azzolini e Claudio Pavolini. È stato seguito dal maestro Armando Burattin, del Teatro alla Scala di Milano. Ha studiato contemporaneamente pianoforte con il maestro Kayoko Shuto. Oltre gli studi liceali dove si è maturato con 100 e la lode, ha intrapreso gli studi di Composizione coi Maestri Pippo Molino e Stefano Lazzoni. Ha partecipato a corsi internazionali di perfezionamento e a varie masterclass con gruppi cameristici importanti come il quartetto della Scala, e il quartetto di Shangai. Ha svolto numerose produzioni, anche in qualità di spalla presso l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la direzione di grandi artisti come i Maestri D. Gatti, E. Dindo, A. Ceccato, D. Renzetti, R. Muti (in occasione della Lectio Magistralis a seguito della Laurea Honoris Causa conferitagli dalla IULM), B. Casoni;
A soli 18 anni intraprende lo studio della Direzione d’orchestra col M° Daniele Agiman frequentando la facoltà di Direzione d’Orchestra presso il Conservatorio G. Verdi di Milano e diplomandosi col massimo dei voti nel settembre 2014. Collabora con una delle più importanti orchestra milanesi: i Pomeriggi Musicali, con cui si è esibito a settembre scorso presso il Conservatorio G. Verdi di Milano.
In Italia frequenta in qualità di allievo effettivo da due anni i Corsi all’Accademia Chigiana. Ha frequentato masterclass con Romolo Gessi, Lior Shambadaal, Vittorio Parisi e Pietro Mianiti.
Il 31 agosto 2013 ha debuttato al Teatro Mancinelli di Orvieto dirigendo Le nozze di Figaro con la regia del M° Gabriella Ravazzi. Gli è stata affidata inoltre la Direzione del concerto in Conservatorio a Milano per il 22° Festival Milano Musica in onore di Morton Feldman (trasmesso su RadioRai).
Nel maggio 2014 ha debuttato presso il Teatro Rosetum di Milano L’elisir d’amore di G. Donizetti inserita nella stagione lirica di Voce all’Opera ottenendo un grande successo di pubblico e di critica. È stato direttore dell’Orchestra Giovanile Totem di Magenta.
È il vincitore del concorso indetto per accedere al master di Direzione d’orchestra all’Haute École de musique de Genève dove attualmente studia direzione d’orchestra sotto la guida di Laurent Gay e direzione di coro con Antunes Celso.
Ha un’intensa attività concertistica in Italia in particolare con la Milano Chamber Orchestra, di cui è Direttore Principale.
Nel marzo 2015 è stato selezionato dalla Fondazione CRT di Torino come giovane musicista emergente per dirigere La figlia del Reggimento di Donizetti e dall’Associazione Voce All’Opera, dove ha diretto la prima opera in cartellone presso il Teatro dei Filodrammatici di Milano.
È stato scelto come allievo effettivo alla prestigiosa Accademia per Direttori d’orchestra del Festival Yehudi Menhuin a Gstaad (Svizzera) con Nëme Jarvi, Leonid Grin e Gennady Rozhdestvensky.
Un curriculum di tutto rispetto considerati i suoi quasi 22 anni, ma vediamo cosa ci racconta questo talentuoso musicista…
Fin da piccolo è in contatto con la musica, iniziando col violino. Ma quando ha sentito che quest’amore si sarebbe convertito nella sua professione?
La passione per la musica è sempre stata qualcosa insita nella mia natura e subito mi ha spinto, grazie all’appoggio dei miei genitori e della nonna materna, anche lei musicista, a iniziare ad apprendere uno strumento. Inizialmente avrei voluto cominciare col violoncello, ma, avendo le dita troppo piccole, mi è stato donato un piccolo violino ed essendo piuttosto simile ne ho subito apprezzato le caratteristiche: è stato amore a prima vista. Qualche anno più tardi, su suggerimento della nonna, ho iniziato anche a studiare il pianoforte. L’idea però della direzione d’orchestra è sempre stata un seme pronto a sbocciare, un pallino fisso, un chiodo costante un sogno che poi ha cominciato a tramutarsi in realtà il giorno in cui mi è stato annunciato il risultato delle audizioni per entrare nella classe di Direzione d’orchestra a Milano. Sono sempre rimasto estremamente affascinato sin da piccolissimo dai gesti del sommo Maestro Stokowski nel cartone animato della Walt Disney: “Fantasia”, dalla sua figura dominante nella penombra, affascinante nei gesti e nelle reazioni che i suoi gesti causavano.
Nonostante la sua giovanissima età, ha studiato con insegni musicisti e collaborato con eccelsi maestri. Riuscirebbe a raccontarci brevissimamente cosa è riuscito ad ereditare da ciascuno di loro?
Ho una grande fortuna: quella di essere veramente ottimista e di cercare sempre il bello e l’utile in qualsiasi persona che mi si presenti davanti. Penso che dalle esperienze più o meno buone si possano ricavare informazioni utili per capire cosa sia meglio o non sia meglio fare in professione. La caratteristica che apprezzo di più di un direttore d’orchestra, ma in generale di un musicista, è il magnetismo, la capacità di attrarre l’attenzione, focalizzare le energie, catturare gli sguardi attraverso la propria aura. Ritengo per questo il M° Muti un incredibile artista grazie alla sua capacità di ottenere il massimo da ogni musicista, con gesti semplici ed efficaci
Un altro dei direttori d’orchestra, che mi ha affascinato per la professionalità, gesto e conoscenza della partitura e serietà nel condurre una prova è stato assolutamente il M° Fabio Luisi. Il M° Neeme Järvi per l’incredibile capacità di ascoltare l’orchestra e la passione che mette in ogni angolo e in ogni aspetto della sua vita professionale e privata. Il M° Daniele Gay per la scrupolosissima attenzione allo studio della tecnica, alla ricerca del dettaglio e alla precisione esecutiva, accompagnata da un’assoluta pretesa costante di assenza di banalità.
Due Maestri inoltre ritengo fondamentali per la mia crescita e a cui sarò sempre grato: il M° Daniele Agiman, per cui nutro una stima fuori dal comune grazie al suo modo schietto e diretto di insegnare la musica e in particolare l’Opera, trasmettendo una passione assoluta verso questo genere e svelandone i segreti più reconditi con una facilità e una chiarezza disarmante; e il M° Lazzoni, docente di lettura partitura al Conservatorio di Como, persona di una cultura immensa e mio “factotum” di insegnamento (dal pianoforte, all’armonia, alla composizione), maestro di musica e di vita, che mi ha sempre sostenuto e incoraggiato nelle scelte.
Nonostante sia un validissimo violinista, quale aspetti della direzione d’orchestra hanno avuto la meglio per indirizzarla verso questo percorso professionale?
Ritengo che lo studio di uno strumento e la continua pratica che ne deriva siano assolutamente fondamentali per un direttore d’orchestra. Ho sempre studiato violino con la consapevolezza che mi sarebbe risultato utilissimo per la direzione d’orchestra. Nel mio percorso, quindi, non c’è stata nessuna rottura o prevaricazione, ma una semplice e calcolata conseguenza di eventi.
Che differenza di approccio Lei attua confrontandosi col sinfonico e con l’opera?
La possibilità per un direttore d’orchestra di avere un’eterogeneità di studio è una degli elementi più affascinanti del lavoro. L’approccio verso una partitura sinfonica e operistica li ritengo molto diversi seppur con aspetti ovviamente in comune.
A grandissime linee si potrebbe definire l’approccio verso una partitura sinfonica più diretto, crudo per certi versi anche più enigmatico in quanto bisogna capire a fondo le volontà del compositore e quello che il compositore vuole esprimere senza l’ausilio di un testo. Bisogna, quindi, lavorare molto con la fantasia per apportare la propria personalità pur rispettando rigorosamente le volontà dell’autore.
Più schematico e metodico, ma altrettanto affascinante, è l’approccio ad una partitura operistica. Come mi è stato insegnato saggiamente dai miei Maestri, parto da un’attentissima lettura e recitazione del testo per cercare di comprenderne i segreti più celati e che emozioni suscitino le parole senza musica. In seguito il secondo “step” prevede lo studio della partitura semplificata per canto e piano, cercando di cantare e suonare tutta l’opera seguendo un filo rosso di melodia nei grandi concertati per avere chiaro il discorso melodico, ma allo stesso tempo essere coscienti del discorso armonico sottostante. Ultima e non meno importante arriva la partitura, sulla quale si esegue uno studio totale, accompagnato anche da un’analisi delle tradizioni, in particolare colorature, tagli, corone, cadenze, etc., che si vogliono apportare alla propria interpretazione.
In ogni caso l’approccio alla partitura, qualunque genere essa sia, deve essere accompagnata da un approfondimento del periodo storico e anche del momento specifico della vita del compositore in modo tale da facilitare una possibile interpretazione.
Le etichette Allegro, Lento, Lentissimo, Largo, Largo sostenuto, Allegro, Allegro ma non troppo, Andante cosa rappresentano? Sono indispensabili per la perfetta esecuzione del brano oppure c’è molta libertà di interpretazione?
Le etichette rappresentano un universo di intenzioni in cui tutte le volte ci si deve introiettare, sono delle indicazione di agogica, ma anche del carattere che il pezzo deve avere e che ne caratterizzano l’andamento e l’espressione. L’interpretazione musicale deve essere accompagnata da un assoluto rispetto per la volontà del compositore, dei metronomi, dei colori e delle agogiche, pur però donando alla composizione quel pizzico di noi stessi che contribuisce a renderla unica e speciale.
E rispetto alla composizione? Si sta cimentando anche in questo ambito?
Diciamo che come per il violino sto affrontando lo studio della composizione momentaneamente senza ambizioni particolari se non quelle, assolutamente fondamentali per un direttore, di poter arrivare a saper sviscerare una partitura in tutti i suoi aspetti. La composizione è una chiave che permette l’apertura mentale verso le sottigliezze e le perigliosità della partitura e del compositore che si sta interpretando.
L’arte tutta e la musica in particolare, in Italia, stanno vivendo una situazione di crisi preoccupante. I tagli, i bilanci dei teatri, la difficoltà di trovare sponsor… Non ha paura di aver scelto di investire tutto in questo ambito?
Purtroppo non solo l’arte, ma ogni settore sta vivendo un momento di particolare crisi, ma io sono un instancabile ottimista e vedo, vivendo del settore, germogli di giovani speranze che crescono, come la Milano Chamber Orchestra, l’Orchestra Antonio Vivaldi e l’associazione VoceAllOpera. Ragazzi giovani che creano orchestre, cercano di fare musica, riuscendoci e anche bene. Non bisogna avere paura, io non l’ho di sicuro e sono fino al midollo convinto delle mie scelte. Bisogna semplicemente prendere atto e lucidamente affrontare la situazione che ci circonda, e con grande passione e serietà rimboccarsi le maniche e sensibilizzare le persone a tornare nei Teatri e risocializzarle alla cultura con insistenza e speranza.
Stefania Salvai, una pianista piemontese, ha recentemente dichiarato in una nostra intervista che tra la Germania e l’Italia c’è una differente considerazione sociale del ruolo del musicista, che poi si riflette sui compensi, sulle diverse possibilità e forse anche sulla socializzazione alla musica in generale. Qual è il suo sentire a riguardo? Ha altri esempi che possono essere comparati al caso italiano?
Ovviamente la considerazione della musicista deriva anche da un’educazione sociale che deve partire fin dai bambini. Ritengo perciò utilissimi i progetti come Opera Domani (Aslico), i progetti de Teatro Alla Scala (La Cenerentola per i bambini), i progetti del CRT (in particolare il progetto Diderot a cui ho preso parte) per far sì che il pubblico rispetti la figura del musicista. Esprimendo però anche il mio personalissimo pensiero, di cui mi prendo ogni responsabilità, a volte penso che il musicista, pur svolgendo un’arte nobilissima, deve tener conto di essere un privilegiato e di svolgere un LAVORO. Per mia natura, ovviamente sensibile, ma al contempo estremamente pragmatica, penso che guardando strettamente il presente ritengo che il musicista attuale in generale debba avere l’umiltà di vedere il proprio lavoro al pari di un impiegato in ufficio o di un operaio in fabbrica. Il che non vuol dire assolutamente dissacrare l’arte somma della musica, ma anzi renderla più umana, meno caricaturale per certi versi. In tal modo, con questa normalizzazione dell’immagine della propria professione si sensibilizzerebbe ancora di più il pubblico permettendone un riavvicinamento, una maggiore comprensione, e quindi una conseguente rinascita della musica in generale.
Vissi d’arte, vissi d’amore… come suona questo famosissimo versetto in Michele Spotti?
Suona come un brivido che sale per la schiena e indubbiamente mi compare come un “flash” il volto di Maria Callas, che ritengo la più profonda interprete non solo musicale, ma anche di contenuto testuale.
Questo versetto suscita anche una grande voglia in me di dirigere “Tosca” il più presto possibile. Un sogno che si tramuterà in realtà.
Dalla sua esperienza, quali sono i punti di forza e di debolezza dei Conservatori italiani?
Devo molto ai due Conservatori italiani che ho frequentato – quello di Como e di Milano – perché l’educazione musicale in Italia per fortuna è “gestita” da persone competenti, valide che permettono poi di ben figurare anche all’estero. Il punto di debolezza, a mio avviso, è una chilometrica burocrazia, che a volte rende il potere decisionale di chi è al comando pressoché nullo: non facendo evolvere situazioni, che avrebbero bisogno di essere smosse in modo molto più snello, non si permettere all’Istituzione Conservatorio di progredire.
Quali sono state le emozioni che ha vissuto nel dicembre scorso sentendosi “eletto” dal suo comune di nascita, Cesano Maderno, Cittadino Benemerito per meriti artistici?
Il sentimento che ho provato maggiormente è stata la gratitudine, verso la Giunta Comunale, verso il Sindaco, che credono nella bontà dei progetti artistici svolti dai giovani, ma soprattutto gratitudine per quelle persone che costantemente credono in me in particolare la mia famiglia, che sempre mi sa donare l’equilibrio e la stabilità per rendere al meglio nel lavoro e nello studio. Inoltre è stato un riconoscimento che mi spinge ancor più ad adoperarmi socialmente nel diffondere la musica iniziando, in particolare, dai miei concittadini.
Ci può parlare dell’intensa attività con la Milano Chamber Orchestra, di cui è Direttore Principale?
La Milano Chamber Orchestra è una splendida realtà fatta da gente seria e professionale, che ama far musica in modo fresco, nuovo, pieno di energia, pur tenendosi sempre fedele alle volontà del compositore. Una realtà di grande qualità che spero abbia modo di ampliarsi sempre di più. Lavorarci inoltre è umanamente gratificante avendo a che fare con validissimi collaboratori, come la Spalla (il M° Tola): oltre che tecnicamente validissimi, sono anche capaci di farti sentire a tuo agio con la loro grande capacità organizzativa. Inoltre sono volenterosi e ambiziosi senza la minima paura delle difficoltà. Siamo un’ottima squadra, ben assortita e affiatata, che farà belle cose. Insieme realizzeremo progetti sempre più di qualità da cui otterremo sicuramente grandi soddisfazioni.
Quali sono stati i teatri e i pubblici più stimolanti con cui ha avuto l’opportunità di misurarsi?
Le esperienze più emozionanti sono state sicuramente da violinista quelle vissute grazie all’Accademia del Teatro alla Scala, suonando nel tempio della musica milanese, ma anche in altri prestigiosi teatri tra cui amo ricordare l’Auditorium Rai di Torino. Per quanto riguarda la vita da Direttore per ora le affascinanti esperienze sono state la Sala Verdi di Milano, il Teatro Arcimboldi e il bellissimo Teatro Mancinelli di Orvieto a cui è legato il dolce ricordo del mio debutto.
Cosa può dirci rispetto alle scelte interpretative che ha messo in campo nella direzione de La Figlia del Reggimento di Donizetti a Torino?
Quella di Torino è stata sicuramente un’esperienza fantastica in quanto realizzata da persone serie e da una una realtà, la CRT di Torino, che mira davvero alla diffusione capillare dell’arte, tramite i giovani: la fondazione sta investendo nella musica in maniera veramente accattivante. Ho avuto possibilità di conoscere persone fantastiche – attori, ballerini e cantanti – caratterizzate dallo quello stesso fuoco sacro che mi spinge a consacrare la mia vita all’arte. La presa di coscienza di trovare altre persone col mio ottimismo, mi ha fatto sentire davvero bene.
Le scelte interpretative sono legate al carattere frizzante e sbarazzino dell’opera che provoca un turbinio continuo e gioioso di emozioni, che devono far scalpitare l’ascoltatore. Grande energia e contemporaneamente cura maniacale del dettaglio.
L’abbiamo molto apprezzata ne L’elisir d’amore, prodotto da VoceAll’Opera. Ha dimostrato che è possibile sostenere un’opera anche con un ensemble di soli quattro elementi. Ma il suo sentire in proposito?
Chiedo scusa della ripetitività, ma ribadisco che sia veramente importante prendere coscienza del fatto che stiamo vivendo un momento storico difficile. Assolutamente inutile piangerci addosso, ma affrontare la realtà coi mezzi a disposizione e da quei mezzi ricavare il massimo. L’importante è metterci passione e professionalità per confezionare un ottimo prodotto, il più qualitativamente elevato possibile.
8 e il 9 luglio un’ulteriore importante riconoscimento: l’audizione come allievo effettivo in qualità di Direttore d’Orchestra presso la Riccardo Muti Italian Opera Accademy. Come si sta preparando per questa significativa esperienza?
È un’emozione incredibile pensare di poter dirigere il capolavoro Verdiano di fronte a uno degli uomini che più l’ha reso celebre con le sue memorabili interpretazioni. Non rimane altro che studiare il più possibile e affrontare con gioia un’esperienza che sono sicuro segnerà la mia vita.
A parte questa notevole audizione, quali sono i suoi progetti futuri?
Prossimi appuntamenti sono il Requiem di Mozart a Cesano Maderno, Traviata al Teatro di Chiavari a fine aprile e il prestigioso Festival di Gstaad quest’estate. A parte questi tre appuntamenti non so cosa la vita mi riserverà. Le difficoltà certo non mancheranno come neppure le soddisfazioni. L’augurio che mi faccio è quello di saper sempre portare l’entusiasmo, quel fuoco sacro che arde dentro me, a chi mi verrà ad ascoltare. Solo mettendo la vera passione in ogni singolo gesto, anche nell’apparente banalità del quotidiano, si potrà tenere la fiamma dell’arte costantemente accesa.
Annunziato Gentiluomo
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