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Mario De Carlo… gran gusto e originalità per “Suor Angelica” e “Gianni Schicci” al Carcano di Milano

Mario De Carlo… gran gusto e originalità per “Suor Angelica” e “Gianni Schicci” al Carcano di Milano

Un’operazione geniale fortemente voluta dal Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, in particolare dal direttore Massimiliano Baggio e dalla vicedirettrice Stefania Mormone, che si è conclusa con l’allestimento di Suor Angelica e Gianni Schicchi di Puccini al Teatro Carcano. Tre recite per celebrare il centenario della morte di Puccini e per festeggiare la riapertura della Linea

Un’operazione geniale fortemente voluta dal Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, in particolare dal direttore Massimiliano Baggio e dalla vicedirettrice Stefania Mormone, che si è conclusa con l’allestimento di Suor Angelica e Gianni Schicchi di Puccini al Teatro Carcano. Tre recite per celebrare il centenario della morte di Puccini e per festeggiare la riapertura della Linea 4 della Metropolitana cittadina: la prima ieri, giovedì 10 ottobre, la seconda oggi 11/10 sempre alle 20.30 e la terza sabato 12/10 come pomeridiana.

E ieri sera, dopo molto tempo, il Carcano ha fatto di nuovo da cornice al melodramma accogliendo un progetto vincente da tanti punti di vista: visibilità per il Conservatorio di Milano, possibilità per gli studenti di mettersi in gioco in due opere complesse, tanto dal punto di vista vocale (per i solisti e per il coro) sia per gli stessi musicisti, imparando facendo, come insegna il pedagogista John Dewey, entrando nel vivo nel mestiere, con un’immersione totale nella magia del teatro.

Tutti hanno dato il meglio di sé. Citiamo in questa sede solo chi si è distinto maggiormente, come le prime parti per lo più cantanti in carriera, quali Mariapaola Di Carlo (Suor Angelica), Seonhyeong Kim (Zia Principessa), Francesco Vultaggio (un magnifico e mefistofelico Gianni Schicchi dalla voce ben proiettata e dal notevole fraseggio), Gaia Cerri (Lauretta), Ioanna Kykna (Zita), Davide Maria Sabatino (Simone) e Vittorio Del Monte (Betto di Signa), anche se un plauso va a tutti perché, in particolari per i giovanissimi, si sono misurati con grande professionalità con un palcoscenico e soprattutto con un repertorio arduo per vocalità ancora in via di strutturazione. Buona anche la prova del Coro del Conservatorio di Milano, istruito dal M. Maria Grazia La Scala e quella del Coro di voci bianche del Conservatorio di Milano, in memoria di Andrea Spataro, curato da M. Edoardo Cazzaniga.

I grandi protagonisti della serata sono stati, però, il direttore d’orchestra Andrea Solinas e il regista Mario De Carlo che ha firmato anche le scene e i costumi.

Il primo ha dato prova di un garbo senza fine, guidando i musicisti acerbi dell’OSCoM Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Milano con grande attenzione e cercando sempre una connessione speciale con i cantanti che è stato sempre capace di valorizzare. Ha interpretato saggiamente la pagine intense di Suor Angelica e con ritmo vivace e travolgente quelle di Gianni Schicchi. Il suo gesto, dotato di ampiezza e chiarezza, è stato l’emblema di una direzione ferma, convincente e assolutamente precisa.

De Carlo ha saputo valorizzare ciascun personaggio, riuscendo ad ottenere il meglio da ogni attore in scena, curando con attenzione anche i figuranti e non perdendo mai di vista il movimento delle masse e l’azione di insieme. La sua regia, che conosciamo bene, è maniacale: non lascia mai nulla al caso. Così è stato per il dittico pucciniano di ieri, per cui ha costruito un breve preambolo illustrativo per far “entrare” nella narrazione il pubblico, quasi desiderasse fosse il quarto giocatore in campo, seguendo la metafora calcistica. Per Suor Angelica sono bastati pochissimi minuti scanditi dal rintocco delle campane per inquadrare il dramma della donna, proveniente da una famiglia aristocratica, che, per espiare un peccato d’amore, era stata forzatamente costretta ad abbracciare la vita monastica presso la Pieve di Santa Maria Assunta a Cellole, vicino San Gimignano, in provincia di Siena, e ad abbandonare il frutto di quell’amore che gli viene strappato risolutamente dalle braccia. Per Gianni Schicchi un funambolico giro da parte dei parenti nella casa di Buoso Donati, che da lì a poco avrebbe spirato, piccolo viaggio che mette in evidenza l’avidità di quelli che vegliavano sul moribondo solo in attesa di poter trovare il testamento e verificare la parte di eredità designata a ciascuno. Inoltre abbiamo rintracciato delle citazioni all’interno della regia di De Carlo, citazioni che danno colore e spessore alla già superba regia. In Suor Angelica abbiamo potuto rivedere dei tratti della trasfigurazione di Violetta Valery (La traviata) col perdono dell’Altissimo, e la Luce dell’Oltre che si dischiude all’anima liberata della suora che, al pari della Madonna, aveva patito la morte del figlio e che ascendeva per poterlo riabbracciare. Quella Luce ricorda i grandi classici del cinema escatologico come Ghost, Al di là dei sogni, Nosso Lar o la celeberrima serie Ghost Whisperer. In Gianni Schicchi ritroviamo, invece, le due candele poste accanto al defunto che ricordano il rituale di Floria Tosca dopo l’uccisione di Scarpia (alla fine del secondo atto di Tosca appunto) e l’intensità dell’invettiva del film L’avvocato del diavolo perfettamente riproposta nel machiavellico protagonista. Le scene e i costumi diventano funzionali all’idea registica che arriva diretta e chiara al pubblico.

Un ruolo fondamentale è rivestito dalle eccellenti videoscenografie di Salvo Manganaro, puntuali, armoniose, perfettamente in linea con le scene e i costumi: caratterizzano la narrazione e riescono a fornire elementi cruciali per la lettura registica di De Carlo. Il finale di Suor Angelica è cinematografico e tratteggia il perdono della Madre Celeste alla madre terrena, e l’apertura dei Cieli per l’anima della protagonista, mentre risulta assolutamente chiara la diagonalizzazione della camera di Buoso Donati, a indicare che tutto aveva preso un piega priva di valori ed espressione di un attaccamento perverso ai beni materiali. Manganaro cura alla perfezione anche le luci, capaci di dare profondità alla scena, evidenziando in particolare i momenti di maggiore pathos emotivo.

Quindi un bell’allestimento, nuovo, ricco, leggero ed emozionante… accolto con entusiasmo da un pubblico che gremiva la sala.

Annunziato Gentiluomo

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