Tra gli incontri interessanti fatti al XXVII Religion Today Film Festival, segnaliamo quello con un ventunenne della provincia di Bergamo. Ha attirato la nostra attenzione per lo stile e soprattutto per l’aria tra il sognante e il burbero che lo contraddistingueva. Epidermicamente felice di trovarsi in mezzo a della gente meravigliosa, pareva soddisfatto e forse
Tra gli incontri interessanti fatti al XXVII Religion Today Film Festival, segnaliamo quello con un ventunenne della provincia di Bergamo. Ha attirato la nostra attenzione per lo stile e soprattutto per l’aria tra il sognante e il burbero che lo contraddistingueva. Epidermicamente felice di trovarsi in mezzo a della gente meravigliosa, pareva soddisfatto e forse ancora un po’ stupito per l’occasione che il suo corto gli aveva permesso di vivere.
Stiamo parlando di Marco Danesi e del suo short doc Granelli di sabbia. Nato il 7 marzo 2003, dopo la maturità classica, Marco si iscrive al corso DAMS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, di cui sta entrando al terzo anno. Nel frattempo, realizza cortometraggi e documentari di breve durata gestendo regia, sceneggiatura e montaggio, e ha da poco fondato il collettivo studentesco Stingy Jack Production.
Nei primissimi fotogrammi delle suore anziane, con l’aiuto di un deambulatore, si muovono lentamente sotto candidi veli, cercando sollievo dalla calura estiva mentre un sax soprano suona le note di Summertime di Gershwin come sottofondo. Si immagina dunque fin da subito il focus di questo breve documentario, girato all’interno della mura della Casa di riposo Suore Di Carità di Bergamo, che intreccia le vite di queste donne tra ricordi e storie passate, mentre la solitudine si fa sentire tra una preghiera e l’altra.
Incuriositi dal singolare e coraggioso giovane, siamo riusciti a intervistarlo.
A 21 anni selezionato da un Festival alla 27sima edizione… Sensazioni, emozioni e vissuti…
Mai vissuto nulla di simile. Ho respirato per la prima volta un clima di scambio creativo e culturale che ho sempre fatto fatica a trovare. Se qualche mese fa mi avessero detto che avrei presto parlato di messa a fuoco con Ricardo, un vivace regista argentino, non gli avrei dato retta. Inoltre avere un riscontro con simili personalità provenienti dall’altra parte del mondo ti sprona a dare del tuo meglio sul set e fuori.
Il tema del tuo corto è sicuramente originale. Ci puoi raccontare la genesi?
Mentre frequentavo il liceo ho conosciuto Silvia Gervasoni, una professoressa di storia dell’arte che capitò nella mia classe per una lezione di supplenza. Si dimostrò da subito interessata ai miei progetti e mi consigliò di dare un’occhiata all’interno della casa di riposo per Suore di Carità, in centro a Bergamo. Così mi ci sono fiondato e, nel giro di poche visite, mi sono imbattuto in diverse storie degne di essere raccontate. Le suore mi hanno accolto come fossi loro nipote e, malgrado il mio fervente ateismo, non si sono tirate indietro persino di fronte alle domande più scomode. C’è poi da considerare il fatto che fossi un ragazzo all’interno di un contesto di clausura al femminile: ciò mi ha precluso l’accesso a parte degli ambienti della struttura, una mancanza però compensata dalla profonda sincerità con cui le suore si sono affidate alle interviste.
Totalmente autoprodotto… e sappiamo che ha alle spalle un collettivo. Puoi chiarirci bene il processo produttivo?
Il contesto mi imponeva di essere il meno ingombrante possibile e l’utilizzo di una troupe era del tutto escluso. Di conseguenza ho optato per un metodo di ripresa che fosse il più sobrio possibile: smartphone, treppiedi e microfono lavalier. In questo modo potevo cambiare l’angolazione dell’inquadratura anche tra una risposta e l’altra, e spostarmi nell’edificio con molta facilità. Questa rapidità era necessaria anche per la natura stessa del progetto. La mia intenzione era quella di ascoltare il più a lungo possibile il numero maggiore di suore, senza alcun tipo di domanda preparata precedentemente. Il lavoro vero e proprio sarebbe consistito quindi nel montaggio, ed effettivamente il materiale raccolto ha superato le cinquanta ore.
Ci sono altri progetti su cui stai investendo?
Dopo “Granelli di Sabbia“, alcuni amici ed io abbiamo fondato un collettivo, che raccoglie tutti i nostri lavori sotto il nome di Stingy Jack Production. Investiamo tempo e risorse su progetti di varia natura, dai cortometraggi narrativi fino ai videoclip per artisti locali. Attualmente sto lavorando ad un mediometraggio di finzione che tratta dell’intelligenza artificiale ed è ambientato all’interno di un castello. Documentario e fiction, proprio per gli aspetti che li distinguono nel profondo, sono due mondi che vorrei esplorare allo stesso modo.
Annunziato Gentiluomo
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