Dopo averlo ascoltato nel ruolo di Don José (Carmen) e di Edgardo (Lucia di Lammermoor) ed essere rimasti affascinati dal timbro e dalla potenza della sua voce, siamo andati a bussare alla porta di Luciano Ganci, sicuramente tra i tenori italiani più in vista della sua generazione. Timidamente ci siamo avvicinati a lui nei camerini
Dopo averlo ascoltato nel ruolo di Don José (Carmen) e di Edgardo (Lucia di Lammermoor) ed essere rimasti affascinati dal timbro e dalla potenza della sua voce, siamo andati a bussare alla porta di Luciano Ganci, sicuramente tra i tenori italiani più in vista della sua generazione.
Timidamente ci siamo avvicinati a lui nei camerini del Teatro Carlo Felice, e con immensa gioia e con grande accoglienza l’artista ci ha dedicato un po’ di tempo raccontandoci di lui.
Fra i premi più prestigiosi che ha collezionato ricordiamo: “Premio Internazionale Giuseppe Verdi – giovane promessa della lirica”, e i Concorsi Internazionali “Ottavio Ziino”, “Rolando Nicolosi” ed “Iris Adami Corradetti”. Nel 2007 è tra i vincitori del “progetto giovani tenori 2007” indetto dall’Associazione in onore di Franco Corelli ed è semifinalista nel prestigioso “World Opera Contest OPERALIA” (Parigi) con Placido Domingo.
Oggi quindi i nostri riflettori sono tutti sul brillante cantante romano, di cui abbiamo amato gli occhi entusiasti di quei bimbi che giocano e che non si rendono pienamente conto della meraviglia di ciò che stanno producendo. E poi vederlo con suo figlio… emoziona ancor di più di sentirlo cantare… Comunque vediamo cosa ci racconta questo giovane empatico, simpatico e solare…
Luciano, la musica è parte integrante della tua vita. Inizi a 9 anni a far parte del Coro delle Voci Bianche “Pueri Cantores” della Cappella Musicale Pontificia Sistina diretta da M° Mons. Domenico Bartolucci, dove inizi lo studio del canto e del pianoforte. E poi? Ricostruisci con noi i primi passi nella musica?
La musica è nata con me; è stato un germoglio posato dal Padre Eterno quando decise di plasmarmi e mandarmi sulla terra. Mise anche il germoglio della musica che col tempo ha dato il suo frutto e da arboscello pian piano sta divenendo una pianta rigogliosa, quindi bisognosa di continue cure ed attenzioni, capace di dare ombra e ristoro alla mia vita ed alla mia giovane famiglia. Sin da piccolo avevo una spiccatissima attitudine musicale ma a dire il vero più per il pianoforte e per l’organo che per il canto in generale, e tutto nacque per caso proprio dalla militanza nella Cappella Musicale Pontificia Sistina, al tempo diretta dal Maestro Bartolucci. Dai banchi della “Sistina” ho iniziato il mio percorso musicale studiando prima pianoforte e successivamente organo, oltre a cantare come voce bianca nel coro. Quando avvenne la muta della voce, per gli anni di “formazione della voce” sono stato totalmente in silenzio e nel frattempo continuavo gli studi musicali di pianoforte ed organo, suonavo nelle chiese e frequentavo l’istituto tecnico per geometri. Ero vivace ma “secchione” e lo studio non mi dava nessuna noia, se poi pensi che per me lo studio della musica era un gioco, ecco che alla lunga quel gioco è divenuto il mio lavoro. Quando poi ho potuto riprendere a cantare a 18 anni, ho fatto diverse esperienze musicali sfruttando quella che era la “tecnica” da voce bianca ma questa volta su una vocalità molto acerba di tenorino ino ino. Ho fatto cori di ogni genere dei più disparati generi musicali, da cantore di mottetti di Palestrina fino al vocalist per cantanti di musica leggera. Mi ci mantenevo agli studi e mi toglievo le piccole soddisfazioni che potevano dare quei primi guadagni. Il mio primo contributo Enpals infatti è stato versato non appena maggiorenne…posso cominciare già a fare i conteggi della pensione 🙂
Sappiamo che sei laureato in Urbanistica e Scienze della pianificazione territoriale ed ambientale. Dal cartografia al canto… sei riuscito a trovare qualche connessione?
Provenendo da una famiglia tipica italiana con padre operaio e madre casalinga, ti lascio immaginare quanto poco possa essere sostenuta una ipotetica “via artistica” dato che oltre a non essere considerato un lavoro, c’era il pregiudizio che con la musica e con l’arte non ci si poteva campare e quindi bisognava crearsi un mestiere vero e tenere la musica come passione ed hobby. Potevo scegliere? No di certo. Ma non mi sono forzato. A me da sempre affascinavano le costruzioni, le case, e quindi non mi è stato difficile scegliere di studiare da geometra e poi passare all’università a fare ingegneria civile. Avrei voluto fare architettura, ma non potevo permettermela per ragioni economiche e di tempo, dovevo lavorare e volevo lavorare. Quindi ho iniziato gli studi di ingegneria civile e mi sono laureato su una delle materie che mi affascinavano di più, cioè l’estimo e la pianificazione urbanistica.
Quando hai scelto e sentito che il cantante solista d’opera sarebbe diventato il tuo unico lavoro?
Faccio parte di quella generazione che ancora partiva per il servizio di leva. Quella era una spada di Damocle che avevo sulla testa e che mi ha spinto ad essere in regola con gli esami fino a che un magico decreto premiava chi era in regola concedendo l’esenzione dalla leva obbligatoria e da li la mia vita ha cambiato rotta. Da semplice studente di ingegneria che lavorava con la musica e con il canto, mi sono messo a cercare un lavoro “vero” ed ho mandato qualche centinaio di domande e curriculum in giro. Vinsi contemporaneamente tre concorsi e selezioni per tre grandi società: le ferrovie, una banca e l’Enel. Mi consigliai e scelsi il ramo elettricità. Entrai alla Terna, la società proprietaria della rete elettrica nazionale, un monopolio ed una società para statale, ed è stata la svolta e la serenità economica. Le giornate si sono improvvisamente accorciate di 9 ore, ma non avevo voglia di smettere di studiare e di fare musica. Nel 2006 iniziai quindi a studiare canto lirico su pressione di alcuni conoscenti e, a cuor leggero, mandavo domande a concorsi lirici incluso Operalia di Domingo. Dopo sei mesi di studio mi son ritrovato a Parigi alla fase finale del concorso dopo aver passato una selezione di duemila domande. Eravamo in quaranta, arrivai addirittura in semifinale! La fortuna del principiante. Erano tutti segnali che forse quella poteva essere la strada, ma io non mi sono mai lanciato o fidato di quello che mi si diceva. Sono sempre stato con I piedi ben piantati a terra e non ho mai fatto un salto nel vuoto, almeno nella prima fase. Il mio caro amico commercialista mi definisce “il cecchino”, cioè colui che non spreca un colpo e sa sempre quando sparare ed andare a segno. Una definizione che sento molto vera ed azzeccata.
Ma il canto stava sempre di più prendendo spazio nella mia vita. Dopo un anno che studiavo canto andai a fare la selezione annuale all’Accademia di Santa Cecilia e arrivai primo. Ero molto giovane ma avevo già molta esperienza e musicalmente ero molto preparato. Mi offrono un contratto annuale, ma io avevo già il posto di lavoro e fui costretto a rifiutare, e da li ho capito che la via doveva essere quella. Abbandonai ogni attività musicale e mi dedicai soltanto allo studio della lirica. Lavoravo comunque nove ore al giorno, il mio settore lavorativo era il patrimonio immobiliare del centro italia e quindi giravo continuamente per lavoro; studiavo in macchina, durante I viaggi, nel traffico di Roma. Le prime opere che ho debuttato le ho studiate tutte sul raccordo anulare di Roma…
La mia carriera la faccio partire dal primo vero contratto da professionista, ed era il 2009. Quegli anni non sono stati facili perché conservavo il lavoro e iniziavo a cantare da solista. Mentre ero ancora impiegato ne ho fatti diversi di debutti; conta che mi sono definitivamente licenziato dall’Azienda soltanto nel 2013. Fino ad oggi metà della carriera l’ho fatta da impiegato. Le mie ferie non esistevano, le passavo cantando, prendevo premessi non retribuiti, e la mia fortuna è stata che i miei dirigenti capivano che dovevo essere sostenuto, così io potevo provarci e i costi del personale dell’azienda scendevano.
Nel 2012 i contratti cominciavano ad essere incompatibili con la mia attività lavorativa ed allora presi finalmente un anno di aspettativa. Quell’anno non finì più. Iniziò un’attività continua e quando rientrai in ufficio presentai le mie dimissioni e da li ho sparato il “colpo del cecchino”. Non fu una scelta facile, il posto era a tempo indeterminato e avrei potuto fare una bella carriera aziendale… ma in Azienda quando finivo un lavoro nessuno mi applaudiva…
Com’è stato il debutto nel primo ruolo belcantista, quello di Edgardo nella Lucia di Lammermoor del duo Yurchevich a Genova?
È stata una scommessa. Quando chiesi a Christian Starinieri, il mio agente, di voler debuttare Edgardo lui rimase colpito. Il mio percorso mirava verso ruoli di tenore lirico pieno, e avevo già debuttato in opere come Attila, Il trovatore, Il corsaro, Tosca, Carmen per dirne qualcuna, quindi la mia richiesta fu accolta con sorpresa. Ha trovato e mi propose il Teatro Carlo Felice di Genova e da lì è iniziata questa bella sfida. Premesso che venivo dal post verismo in quanto avevo appena finito di fare in Scala la “Francesca da Rimini” di Zandonai… il lavoro non è stato facile. Dal primo giorno chiesi al Maestro Yurchevich e al regista Lorenzo Mariani di aiutarmi in questo cammino perché ci tenevo, ovviamente, a fare un bello spettacolo e un bel debutto. Chiaramente diverso dal solito Edgardo, volevo provare e vedere fino a che punto potevo giocarmela e devo dire che non è andata male. Non sarà certo il mio repertorio di elezione, ma devo dire che riuscire a cantare questo ruolo in questa opera così bella è una gran bella soddisfazione. Forse sarò lontano dall’ideale Edgardo, ma lo faccio con onestà e con i miei mezzi vocali.
Ai nostri occhi è parso superbo… Comunque tantissimi sono i ruoli in cui ti sei cimentato. Tra questi ricordiamo, come hai ben detto, Basilio e Don Curzio (Le nozze di Figaro), Pinkerton (Madama Butterfly), Don José (Carmen), Foresto (Attila), Manrico (Il trovatore), Ismaele (Nabucco), Alfredo (La traviata), Rodolfo (La bohème), Mario Cavaradossi (Tosca), Fritz (L’amico Fritz), Turiddu (Cavalleria Rusticana), Corrado (Il corsaro), e da pochissimo il debutto di Edgardo (Lucia di Lammermoor). Se dovessi chiederti quali sono i tre che, a tuo avviso, ti calzano meglio, quali segnaleresti e perché?
Forse per vicinanza di quartiere sicuramente Mario Cavaradossi (pare abitasse non lontano dalla mia vera abitazione di Roma e dalla zona dove sono nato e dove attualmente risiedo), però devo ammettere che è con le opere di Giuseppe Verdi che gioco in casa. Ogni ruolo che ho interpretato è frutto di una parte di me, del mio carattere, della mia esperienza e quindi è figlio di Luciano. Mi viene difficile dire quale tra i miei figli è il prediletto, ma se proprio devo allora non faccio torto a nessuno e dico che oltre a quasi tutti i ruoli verdiani amo molto il citato Mario della Tosca e Don Josè della Carmen.
Prima di fare il cantante d’opera, oltre a lavorare per otto anni alla Terna, hai partecipato al doppiaggio musicale de “Il Fantasma dell’Opera” e a “Enchantea”, a “Disney Princess”, a “Once Upon a Mattress” e a “Scrubs” della Walt Disney per Disney Channel, e hai inciso le colonne sonore del film “La Terza Madre” di Argento e de “I Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo” di Verbinski. Cosa ti hanno insegnato queste esperienze?
Beh, queste esperienze mi hanno donato innanzitutto una grande elasticità musicale, però questo lo posso dire a posteriori. Diciamo che sono stati più mezzi che obbiettivi, mi hanno dato l’opportunità di pagarmi lo scooter, l’assicurazione, i libri e quant’altro per vivere e studiare. Sono state esperienze molto divertenti e anche stancanti perché spesso i turni di registrazione erano molto serrati. Si passava da una puntata di “Scrubs” a pupazzetti vari, per poi doppiare uno spot pubblicitario. Io facevo praticamente tutte le parti corali e alcune caratterizzazioni. Mi sono divertito tanto e allora era veramente un bellissimo gioco retribuito. Gli studi musicali e l’esperienza (soprattutto come organista) mi avevano conferito una lettura a prima vista che mi permetteva di andare in sala e registrare praticamente senza nemmeno provare. Ero efficiente ed efficace. La Walt Disney ringrazia. Le colonne sonore e i brani per i film erano molto interessanti. Come artista del coro feci anche molti concerti live di musiche di Ennio Morricone diretti da lui. Quelle erano veramente esperienze emozionanti. Diciamo, come ho detto poco fa, che la mia fortuna è stata fare ogni tipo di genere musicale prima di approdare alla musica operistica.
Al momento chi è il tuo insegnante di riferimento? Dopo Padre Raffaele Preite e Mons. Domenico Bertolucci ce ne sono stati altri?
Il Maestro Bartolucci è stato un grande esempio e un grande Maestro vissuto nella Cappella Sistina. Ebbi diversi maestri di musica in quell’ambito, posso citare Suor Domenica Mitaritonna e Daniela Agostino per il pianoforte e Padre Raffaele per l’organo. Amo citare Padre Raffaele Preite perché lui è stato ed è ancora nel mio cuore una delle più grandi luci musicali della mia anima: quando canto lui è sempre con me. Il percorso lirico è stato più burrascoso a dire il vero, perché tutti hanno da dire qualcosa sul canto, e quello che dicono generalmente a parole è tutto giusto e sacrosanto, ma non sanno trasmetterlo. Diciamo che ho avuto esperienze poco edificanti prima di approdare a quello che io definisco il mio primo vero Maestro di canto, e cioè Otello Felici di Roma. Otello per me è stata la scintilla che mi ha fatto riaccendere la voglia di studiare e di continuare dopo un periodo molto difficile, i suoi occhi e la sua severissima bontà mi hanno dato una carica incredibile e mi hanno dato la spinta per iniziare seriamente questo percorso di studi e di vita. Ora il Maestro ha 94 anni e non manca mai la mia telefonata anche se sto lontano da casa da mesi e non lo vedo da tantissimo tempo. Diciamo che la mia “squadra” è composta da diversi fuoriclasse. Oltre al citato Otello, guida e sostegno sentimentale, ho i miei “meccanici” della voce, dello spartito, del teatro e della tecnica che sono Francesca Patanè e Marco Chingari che reputo senza timore di esagerare tra i migliori insegnanti che ci sono attualmente e dai quali sto imparando tantissimo. Non da ultimo ho mia moglie Giorgia. Lei è la pazienza, la costanza, e il mio orecchio fuori dal corpo. Anche lei ottimo soprano, è il mio specchio. Lei è lo studio quotidiano senza filtri, è la verità e la schiettezza, è la severità di Luciano al quadrato. La squadra funziona, continuiamo così. Aspetto che mio figlio Ludovico inizi a suonare e la conduzione familiare sarà al completo!
Quanto è stato importante nella tua vita, il rapporto col tuo insegnante? Secondo te, la tua esperienza può essere proiettata a tutti i tuoi colleghi?
Il cantante è un artista che mette a nudo completamente se stesso davanti al pubblico. Per questo motivo è fragilissimo ed è secondo me di fondamentale importanza trovare un maestro che si fidi, che ti conosca e che sappia guidarti. La mia sopracitata squadra si è composta dopo tante sofferenze. La conoscenza prima di Otello e poi di Francesca e Marco sono state sì fondamentali, ma questo può accadere forse con chiunque, il rapporto deve essere coltivato, consolidato e la stima deve essere reciproca. Adesso il rapporto non è allievo e maestro, ma è un rapporto di mutua crescita fra colleghi cantanti, e la cosa, credimi, è di sostanziale differenza. Non ci sono una cattedra e un podio, ci sono un piano e un pianoforte attorno al quale ci si confronta. Con i miei insegnanti non litigo. Questa è una cosa che accade soltanto a casa Ganci tra me e Giorgia.
La mia esperienza non è tale da esser presa e portata come un esempio, però mi sento di augurare a tutti di trovare una “squadra di livello” per provare a perseguire un obiettivo.
Il Maestro Chingari mi ha sempre detto che mi avrebbe fatto bene insegnare anche un pochino il canto. Io, per ragioni di tempo e di onestà, ho sempre preferito evitare fino a quando un ragazzo, Riccardo, ha insistito che gli dessi qualche consiglio e la cosa mi ha arricchito tantissimo dal punto di vista tecnico perché mi sono trovato a spiegare e a chiarire al di fuori di me quello che io facevo, ed ora questo ragazzo sta facendo cose bellissime. Mi aiuta moltissimo studiare con mia moglie, cresciamo insieme e cantiamo sempre insieme con buona pace di nostro figlio.
Una domanda che voglio fare da tempo a un tenore… perché nell’ambiente si dice “Fa così perché è un tenore”, “Lascialo perdere, è u tenore” e “I tenori sono tutti fatti così”? Non mi sembra che tu rientra nel tipo designato o mi sbaglio?
Per me “il tenore è la regina dell’opera lirica” quindi chi dice questo lo dice perché sta rosicando in quanto non-tenore. A parte gli scherzi io non credo di rientrare in nessuna di queste definizioni semplicemente perché io non sono un tenore, ma un ingegnere che canta da tenore. La cosa è diversa. Devo però ammettere che ogni tanto “sbarelliamo”. Sarà perché la voce del tenore è una voce costruita totalmente, che gli acuti possono creare squilibri… la cosa non mi offende se qualcuno dovesse dirmi “hai la testa da tenore” perché dentro di me rispondo sempre “te piacerebbe aveccela pure te la voce da tenore eh?”. Non mi sento “tenore” nel senso brutto del termine anche perchè io preferisco che mi chiamino tenore una volta che mi hanno sentito cantare, non perché faccio il divo o vado in giro con strani sciarponi o con la maglia a collo alto ad Agosto, per intenderci. Posso avere la faccia da tenore, ma per questo io non posso davvero farci nulla.
Mi fa sorridere molto quando registi o direttori mi dicono “sei troppo intelligente e simpatico per essere tenore”! Vorrà dire che comincerò a studiare da baritono o da basso.
A chi ti piacerebbe avvicinassero la tua vocalità tra i grandi tenori del passato e perché? Tu hai qualche tenore di riferimento a cui ti ispiri nello studio delle partiture?
Alcuni hanno definito la mia voce e il mio modo di cantare “sfogato”. Sembra una brutta definizione ma a me piace perché penso mi appartenga. Come diciamo spesso con mia moglie Giorgia, abbiamo un modo di cantare “vero”, poco artefatto, e questo ci espone a moltissimi rischi, ma per me cantare è questo. Un eccessivo controllo, secondo me, sicuramente sbaglio a pensarla così ma non mi interessa per il momento, rischia di generare esecuzioni “standard” anche se pur belle. A me piace variare, voglio poter cambiare il colore della voce su di una stessa frase in base alla giornata, a quel che il cuore sente in quel momento. Io quando canto apro l’anima e la dono completamente al pubblico: secondo me, soltanto così si possono generare emozioni.
I miei riferimenti sono essenzialmente due, Giuseppe Di Stefano e Josè Carreras. Quando devo debuttare un ruolo sono loro i primi interpreti che vado ad ascoltare per capire come loro intendevano il personaggio e come lo risolvevano. Il loro modo di cantare per me è il più vibrante che c’è. Ascolto ovviamente anche altri grandissimi del passato e i colleghi che sono attualmente in attività. Non sono un melomane quindi il mio rapporto con i dischi e le incisioni non è mai troppo stretto poiché personalmente credo che proprio i dischi e le incisioni abbiano rovinato l’orecchio del pubblico abituato a qualcosa che difficilmente si può replicare dal vivo con la chiarezza e la polizza che un’ottima registrazione ripropone semplicemente spingendo “play”.
Non amo i paragoni e quando li fanno con la mia voce non gli do mai peso. Io la mia voce la paragono soltanto con la mia voce. Proprio ieri ho letto una bellissima frase che dice “non mi importa essere il primo, mi interessa essere l’unico”. Con questo intendo nel modo di cantare, nel fatto di avere un timbro e una voce riconoscibile. Questo mi interessa.
Rispetto anche a solo venticinque anni fa, la regia di un allestimento d’opera ha fortemente modificato il suo peso, divenendo a volte centrale. A tuo avviso, quanto oggi questa centralità mette un po’ in ombra le vocalità e la stessa direzione musicale?
Questa è una bella domanda che porrei forse diversamente. Prima esisteva davvero una regia? Gli allestimenti sì, ma la regia esisteva? Se guardi le foto dei grandi del passato andavano alle prove di regia vestiti elegantissimi… fatti un giro oggi. Alle volte occorre andare in tuta! Quei tempi non li ho vissuti quindi posso dire poco come esperienza diretta. Credo però che la virtù sia nel mezzo. Il cantante d’opera deve poter recitare, dare senso a una azione e a un movimento, questo è il melodramma. Forse alle volte si va un pochino oltre, soprattutto quando il nome di un regista supera in grandezza nella locandina il nome del compositore dell’opera che si mette in scena. Lo spettacolo deve essere armonico, e l’armonia deve poter comprendere ogni aspetto che compone lo spettacolo, a partire dal compositore, poi gli interpreti, il direttore d’orchestra, il regista e via dicendo. Spesso capita di vedere locandine dove i nomi dei cantanti nemmeno sono riportati: ecco, quello è un eccesso da evitare secondo me. Questo eccesso mette in ombra chi fa effettivamente vivere l’opera, chi a conti fatti rende vivo lo spettacolo e concretizza le idee.
Hai cantato sotto la direzione musicale di insigni maestri, tra cui Valerij Abisalovič Gergiev, Robert Tweeten, Claudio Scimone, Piergiorgio Morandi, Eve Queler, Keri-Lynn Wilson, Leo Hussain, Adrian Kelly, Eun Sun Kim, Lorenzo Castriota, Lu Ja, Massimo Zanetti, Carlo Goldstein, Myron Michailidis, Renato Palumbo, Donato Renzetti, Gianluigi Gelmetti, Gianluca Martinenghi, Fabio Luisi e Andriy Yurchevich. Cosa ti ha lasciato ciascuno di loro?
Ognuno di loro, ma anche i numerosi maestri di palcoscenico generalmente non menzionati da nessuna parte, mi ha lasciato qualcosa, un insegnamento o magari mi è capitato di rubare a ciascuno di loro qualche trucco che poi, assemblato, ha formato quello che sono ora e ha gettato le basi per quello che sarò in futuro. Il percorso non ha mai fine, guai se uno si sentisse arrivato!
Tra i teatri in cui ti sei esibito, quali sono i tre che ti sono rimasti nel cuore e perché?
È difficile rispondere a questa domanda. Per ragioni sentimentali non posso non nominare il Teatro Verdi di Trieste che ha fatto sì che incontrassi la donna della mia vita, ma ogni teatro è una casa dove temporaneamente abitiamo e viviamo la nostra arte. Nel cuore tutti, ma soprattutto in ognuno di essi le persone che lo vivono e lo rendono motore di musica, arte ed emozioni. Posso aggiugere anche sicuramente il Teatro alla Scala per l’importanza di questo importantissimo tempio della lirica. Vorrei poter citare il teatro della mia città, ma ancora non mi è capitata l’occasione di cantarci.
Riprendendo quanto ci raccontavi su Riccardo, stai seguendo qualcuno nel canto al momento? Come ti senti nell’importante ruolo di magister?
Sì, sto seguendo due persone in particolare. Non mi reputo un insegnante di canto, né voglio esserlo almeno per i prossimi dieci anni, ma la vita mi ha donato queste due persone che seguo e aiuto e che mi stanno dando grandi soddisfazioni. Il ruolo del magister è un ruolo importante, ed infatti mi piace essere più “maestro di canto” che “insegnante di canto” perché la differenza è notevole: l’insegnante insegna ciò che sa, il maestro guida l’allievo a sfruttare quello che l’allievo ha.
Una sorta di educatore da ex ducere quindi. Ritornando a noi, quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?
I prossimi appuntamenti mi vedranno impegnato nel ruolo di Alfredo Germont ne La Traviata al Teatro Giuseppe Verdi di Trieste dal 22 giugno, dopodichè debutterò all’Arena di Verona prima con Ismaele nel Nabucco poi con Don Josè nella Carmen. Sempre all’Arena di Verona sarò impegnato in una serata chiamata Verdi Gala dove sarò nuovamente Alfredo ne La Traviata. Non mi spingerei troppo oltre, ma volendo farlo posso dire che sarò poi Cavaradossi, Don Alvaro e Radames. Il lavoro non manca, e lo studio nemmeno.
Se avessi la becchetta magica, quale ruolo oggi vorresti debuttare, in che teatro vorresti farlo e diretto da quale Maestro?
Non saprei, sono tantissime le opere che vorrei poter debuttare e che certamente debutterò nei prossimi anni. Come vocazione propendo per i ruoli verdiani, quindi spero di debuttarne il più possibile. Oltre ai già debuttati e quelli in vista mi piacerebbe debuttare nel Simon Boccanegra, ne I due Foscari, in Ernani, Don Carlo… ogni cosa a suo tempo.
Annunziato Gentiluomo
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