Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati su Lorenzo Balducci, un artista poliedrico che negli ultimi tre anni sta cavalcando con sagacia i social network. Lorenzo a poco meno di 18 anni inizia a lavorare e per quindici anni, dal 2000 al 2015, la sua vita professionale si divide tra Cinema e Tv. Poi
Oggi i riflettori di ArtInMovimento Magazine sono puntati su Lorenzo Balducci, un artista poliedrico che negli ultimi tre anni sta cavalcando con sagacia i social network. Lorenzo a poco meno di 18 anni inizia a lavorare e per quindici anni, dal 2000 al 2015, la sua vita professionale si divide tra Cinema e Tv. Poi si avvicina al teatro e quindi costruisce questo personaggio complesso e ironico che sta portando sui social. Leggiamo dalla sua biografia… Lorenzo Balducci, 41 anni, debutta nel cinema a 17 anni con Pupi Avati e Carlo Verdone. Seguono Gas di Luciano Melchionna e Due vite per caso di Alessandro Aronadio. Nel 2008 è protagonista della fiction Rai Le cose che restano di Gianluca Tavarelli. Lavora poi con Carlos Saura e Andrè Techinè. Nel 2012 inizia a lavorare a New York come cameriere, mestiere che svolgerà per otto anni tra Roma, Madrid, e Los Angeles e a cui sarà sempre grato. Durante la pandemia dà vita alla sua identità più comica attraverso dei contenuti social grotteschi e irriverenti. Nel 2021 debutta per la prima volta nella stand up con Allegro non troppo, diretto da Mariano Lamberti.
Nel 2023 realizza un grande sogno: interpretare un piccolo ruolo nell’ultimo film di Paolo Virzì, Un altro Ferragosto. Siamo riusciti a intervistarlo…
Lorenzo, sei rimasto nel cuore nel 2015 con l’interpretazione del monologo di Agrado, tratto da Tutto su mia madre di Almodovar, al Festival GLBT di Torino. Da lì quali sono stati i momenti più significativi della tua carriera? Nel 2015 mi trovano ad una sorta di giro di boa. Avevo avuto la fortuna di lavorare nel corso degli anni con Carlo Verdone, Carlos Saura, Gianluca Tavarelli, registi che mi hanno permesso di innamorarmi ancora di più di questo mestiere. Gli anni tra il 2015 e il 2020 sono forse stati i più difficili, nei quali mi sono anche chiesto se valesse la pena continuare ad inseguire il sogno di fare l’attore. Ho recitato ma anche svolto altri lavori, primo fra tutti il cameriere, a Roma, Los Angeles, New York e Madrid. Un’esperienza di vita che mi ha aiutato enormemente da un punto di vista umano. È stata in un certo senso la mia salvezza durante un lungo momento di difficoltà. In Tv invece ho lavorato nelle due stagioni della serie Solo per amore, al Cinema ho preso parte al film Gli anni amari, sulla vita di Mario Mieli, diretto da Andrea Adriatico. Ho anche lavorato al film Non si ruba a casa dei ladri di Enrico Vanzina. Sono progetti che ricordo con grande affetto, sia per i ruoli interpretati che per la chimica artistica con i colleghi di lavoro.
Quando entra nella tua vita il teatro e cosa ha portato al Lorenzo artista?
Il teatro è entrato nella mia vita artistica quasi subito. Ho interpretato Romeo all’età di 19 anni in uno spettacolo di Claudio Boccaccini, e per diversi anni ho fatto parte del cast di Dignità autonome di prostituzione, il format di Luciano Melchionna e Betta Cianchini, che mi ha permesso di avere un contatto ravvicinato col pubblico, superando la convenzione classica del palcoscenico e trasformando l’esperienza in qualcosa di fortemente intimo e potente. Ho imparato l’arte della parola, la capacità di dare tutto te stesso nell’attimo in cui le cose accadono, in un modo più consapevole rispetto al Cinema, e questo per me rappresenta la conquista più bella. Negli ultimi tre anni ho portato in scena dei monologhi comici scritti da Mariano Lamberti e Riccardo Pechini, che hanno stravolto la mia idea di teatro. L’idea di poter “dominare” il palcoscenico e sentire la responsabilità di mantenere alta l’attenzione del pubblico, da solo, per più di un’ora. È ad oggi l’esperienza più gratificante, faticosa e stimolante che abbia vissuto. Una grande palestra di vita, un intenso esercizio di disciplina.
La tua esperienza all’estero cosa ha rappresentato per te?
Le esperienze che ho vissuto all’estero sono state sempre vissute con una buona dose di paura di non sentirmi all’altezza. Con l’idea di dover dimostrare qualcosa in più. Ho lavorato due volte in Spagna, la prima nel 2006 con Carlos Saura nel film “Io, Don Giovanni”. Un’esperienza unica, complicata per il tema del film e la sua forma. Mi sentivo onorato di poter osservare il lavoro di Saura e Vittorio Storaro sul set. C’era un profondo rispetto verso il lavoro di tutti. È stato incredibilmente illuminante. E nel 2013 ho lavorato nel film “Stella Cadente” di Luis Minarro. Ho amato ogni singolo giorno quel set, aiutato anche dal fatto di trovarmi in un momento della mia vita di esplorazione e rinascita. Mi è capitato anche di lavorare in Francia, dove ho avvertito maggiore difficoltà nel sentirmi pienamente inserito nel contesto lavorativo, a causa anche delle difficoltà nel parlare o comprendere la lingua. Provare un amore profondo per la Spagna ha chiaramente favorito un’esperienza piuttosto che un’altra.
Non possiamo nascondere che ci siamo conosciuti grazie a Instagram. Ti seguo da qualche tempo perché sono rimasto impressionato dal tuo modo di comunicare. Cosa rappresentano oggi i social per te e da chi, a tuo avviso, è composto il tuo pubblico?
I social per me rappresentano la mia realtà artistica in una versione amplificata. Totalmente personale, dove sento di avere il controllo dell’intera gestione artistica. Io penso, scrivo, dirigo, interpreto e monto i video che realizzo su Instagram. È il mio mondo senza filtri, folle, eccessivo, grottesco, spietatamente irriverente. E fondamentalmente mi diverto molto a viaggiare con la fantasia. È un’azione fortemente terapeutica. Io devo permettere al bambino che vive dentro di me di esprimersi, senza bisogno di giudicarsi. È un gioco, ma un gioco per me molto serio al punto che è diventato un lavoro. E il pubblico è composto da persone di qualsiasi categoria. Dalla bambina di nove anni che rimane affascinata dal mondo mondo colorato e sopra le righe che racconto, all’adulto che si rispecchia in determinati aspetti estremi della società su cui ironizzo o semplicemente apprezza il sapore nostalgico anni 90 di alcuni personaggi che interpreto.
Il tuo modo di utilizzare le arti e i canali di diffusione è multimediale e multisensoriale. La recitazione, la musica e il travestimento sono leve fondamentali che dialogano in te in modo armonioso e divertente. Quanto è costruito e quanto è lasciato alla “buona la prima”, all’improvvisazione più autentica? Nel lavoro che faccio sui social non c’è quasi spazio per l’improvvisazione perché amo studiare ogni cosa nei minimi dettagli, a volte in maniera maniacale. Non mi reputo un esperto di improvvisazione, in più uno degli elementi principali dei video che faccio è, secondo me, il ritmo. È il collante di tutto il lavoro. Per favorirlo ho bisogno di rendere la realizzazione molto precisa. Chiaramente a volte accadono cose durante le riprese che non sono previste e diventano un valore aggiunto all’esperienza. In quel caso è bello cogliere l’attimo di un’intuizione improvvisa.
Lorenzo, non turba né te né nessun lettore se, con la pace di tutti, affermiamo che sei un bell’uomo. Negli ultimi tempi pare che tu tenga maggiormente al tuo fisico e usi il suo corpo come forte agente di comunicazione e impatto emotivo. Se oggi è ancora possibile, quanto sei libero rispetto ai canoni estetici contemporanei?
Non credo di essere una persona pienamente libera se ci riferiamo al tema dei canoni estetici contemporanei. A volte continuo a sentirmi “schiavo” del fattore estetico. Perché per tanti anni, da bambino, e poi da ragazzo, mi sono sentito sbagliato, in difetto, non all’altezza. L’idea di quei canoni era già chiara fin da piccolo. Ho imparato ad amare lo sport ma è diventata anche una dipendenza. Forse una delle migliori che si possa avere, ma comunque una dipendenza. Allo stesso tempo, come attore, sono pronto a trasformare il mio corpo per lavoro. Proprio adesso sto facendo una dieta per perdere molti chili per un nuovo progetto. È molto faticoso e stimolante allo stesso tempo.
A tuo avviso quanto e in che modo oggi il Cinema della sala dovrà negoziare spazio con le piattaforme online, tipo Netflix, e i social?
Il Cinema sta già negoziando molto con le piattaforme. Il Cinema ha una vita molto diversa oggi. Le piattaforme sfornano migliaia di prodotti che in molti casi non saranno ricordate per il loro valore artistico, ma per essere prodotti che funzionano. Il Cinema, o forse un certo tipo di Cinema, ha il compito e il dovere di raccontare, stupire, provocare il pubblico, in assoluta libertà, libero dal compromesso di dinamiche produttive. E questo accade in pochissimi casi.
Lorenzo, sappiamo che sei stato giurato nei festival del cinema Schermi d’amore a Verona e Da Sodoma a Hollywood nel 2015 a Torino, e sai che ti vogliamo come giurato al Life Beyond Life Film Festival del 2025. Come vivi quel ruolo? Fare il giurato non è un ruolo a cui sono molto abituato, è capitato in rare occasioni. Non mi sono mai sentito realmente a mio agio, per il semplice fatto che si è sempre creato il conflitto tra testa e cuore, sempre col dubbio se sia meglio giudicare un’opera in modo più razionale o più emotivo. L’aspetto più bello è quello di poter imparare così tanto dai diversi registi di ogni parte del mondo, ognuno col proprio stile.
Quello della diversità è un tema dominante, iper-presente e trasversale del tuo essere uomo, cittadino e artista. Che riflessioni puoi condividere a livello artistico, sociale e politico su questo importante topic?
Il tema della diversità è così importante lavoro che faccio perché per tanto tempo, in età più giovane, ha rappresentato un problema, mi ha messo profondamente in crisi. Anni trascorsi a non accettare il mio essere, la mia natura, i miei desideri. Una volta superato quell’ostacolo ho permesso a me stesso di vivere in totale trasparenza anche il mio lato artistico. L’amore per l’universo queer traspare in molte delle cose che faccio. È un grande gesto di libertà per me, è un atto politico, per ricordare a me stesso ma soprattutto a chi ancora non ha determinati strumenti per farlo, di accettarsi, di vivere la propria verità, di rispettarsi vivendo la vita che ognuno desidera per sé.
Sappiamo che presto sarai impegnato in altre avventure… ci puoi anticipare qualcosa?
Ho da poco girato un piccolo ruolo nel nuovo film di Paolo Virzì, 5 secondi. È la seconda volta che partecipo ad un suo film dopo l’esperienza di Un altro ferragosto. È stato un sogno anche questa volta. Osservarlo lavorare è un vero onore, ammirare la precisione e la cura con cui crea la scena è davvero emozionante. Nel frattempo c’è un nuovo progetto per il Cinema a gennaio e nei ritagli di tempo sto anche scrivendo uno spettacolo teatrale basato sui personaggi che interpreto sui social.
Concludiamo con questo quesito: chi è l’artista per Lorenzo Balducci?
L’artista per me è un professionista, un bambino che si diverte a giocare, un visionario, un folle in pieno controllo delle proprie emozioni, un individuo che non ha paura di mettersi a nudo, una persona che non ha paura di stravolgere la realtà. È tutto questo per me. I suoi tratti principali sono l’onestà, l’ascolto, la curiosità, la costanza e tanto spirito critico.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *