È possibile oggi proporre un’opera lirica low cost? Interrogandoci sul budget di un’opera, ci troviamo di fronte a diversi aspetti da considerare, primo fra tutti l’immagine sociale di un allestimento operistico. Dopo l’esperienza de La traviata di Locri, sicuramente ben riuscita, con un sold out di pubblico e con un successo mediatico imponente, tante domande intorno
È possibile oggi proporre un’opera lirica low cost? Interrogandoci sul budget di un’opera, ci troviamo di fronte a diversi aspetti da considerare, primo fra tutti l’immagine sociale di un allestimento operistico. Dopo l’esperienza de La traviata di Locri, sicuramente ben riuscita, con un sold out di pubblico e con un successo mediatico imponente, tante domande intorno al rapporto tra investimenti economici e arte e soprattutto alle risorse necessarie per il magico mondo della lirica, hanno assillato la nostra mente anche se le risposte ancora oggi tardano ad arrivare. Venerdì sera siamo stati al Teatro Filodrammatici di Milano, fra il pubblico de L’elisir d’amore di Donizetti diretta da Gianmaria Aliverta, prima proposta della Stagione lirica dell’Associazione culturale VoceAllOpera, e tutti i quesiti della scorsa estate ci sono tornati alla mente in modo ancora più assillante.
Uno spettacolo low cost, un allestimento per certi versi geniale, una regia curata e attenta, un’eccellente caratterizzazione dei personaggi, e una singolare e calzante ambientazione nell’agone politico delle Elezioni Europee del 2014. Berlusconi vs Renzi e Belcore vs Dulcamara.
La scenografia sostanzialmente assente, neanche il classico fondale vi era, ma non ne abbiamo percepito la mancanza, in quanto la funzionalità della stessa era perfettamente resa dalle movenze, dalle espressioni, dalla mimica e dall’eccentricità autoreferenziale dei protagonisti. La scena, in cui Giannetta condivide alle altre “comari” donne la scoperta dell’eredità di Nemorino, è resa perfettamente ambientandola in un salone di bellezza, con parrucche blu elettrico e fucsia, e con i capelli raccolti con un telo. Tale modalità grottesca, ma efficace ha ricordato il film musicale di Roberta Torre, Tano da morire del 1997. L’essenzialità funzionale della scenografia e dei costumi paradossalmente ha permesso una maggiore immersione del pubblico che compensava con la propria immaginazione tutto ciò che materialmente non c’era, proprio come in un transfert: alla materialità strutturale veniva sostituita l’emotività immateriale. Era immediatamente percepibile tutto un lavoro approfondito compiuto da Gianmaria Aliverta, una scommessa in cui lui è uscito sicuramente vincitore, in quanto con un budget di 10.100 €, di cui 6.500 € di noleggio teatro e manifesti pubblicitari, non era possibile fare meglio.
Un’orchestra di quattro giovanissimi componenti – Elton Tola al violino, Nicolò Jacopo Suppa alla viola, Ingrid Ruko al violoncello ed Eleonora Barlassina al pianoforte – capace di reggere tutta un’opera anche per la buona direzione del talentuoso ventunenne Maestro Michele Spotti.
Ahimé, però, in un’opera oltre alla messa in scena rilevanza hanno le vocalità, e l’interpretazione canora e musicale. Tra i solisti e il coro, le uniche voci che ci hanno raggiunto e che abbiamo apprezzato sono state quelle di Graziano Dallavalle nei panni di Dulcamara e di Barbara Massaro in quelli di Giannetta. In particolare il primo si è distinto per le rilevanti doti interpretative e per l’assoluta padronanza del ruolo. Siamo consapevoli che la presenza di un’orchestra più strutturata e numerosa avrebbe permesso alle voci di appoggiarsi meglio, ma siamo obbligati a fare i conti con quello che c’era. Scenicamente invece anche Filippo Pina Castiglioni, (Nemorino), Annalisa Ferrarini (Adina) e Jaime Eduardo Pialli sono stati briosi e all’altezza del ruolo: anche in questo si vedeva la mano determinata del regista che aveva ben chiaro il messaggio che voleva proporre. Simpatica la citazione del ballo di Mia Wollas (Uma Thurman) e Vincent Vega (John Travolta) di Pulp Fiction (1994), e la ripresa delle movenze di La bomba, cover degli Azul Azul e riproposta nel 2000 da King Afrika.
Quindi nel complesso più che positiva la valutazione de L’elisir d’amore di Aliverta, anche se ci auguriamo di poterlo vedere presto all’opera in un allestimento con un budget un po’ più normale…
Annunziato Gentiluomo
[Fonti delle immagini: facebook.com, michelespotti.com, operafutura.it]
[N. B. La recensione si riferisce alla recita di venerdì 9 gennaio. L’immagine di copertina è ripresa dal precedente allestimento, nonostante l’nterprete di Nemorino sia rimasto lo stesso. Quella di Dallavalle proviene da un altro allestimento]
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