Si è concluso con un successo di pubblico e critica il 28 febbraio il Primer Festival Pucciniano de Latinoamerica in Nicaragua, presso il Teatro Nacional Ruben Dario. Sul podio delle due opere in programma abbiamo visto per Turandot il Maestro Alberto Veronesi e per La bohème il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli. La regia di Turandot è stata affidata a Luca Ramacciotti mentre quella de La bohème
Si è concluso con un successo di pubblico e critica il 28 febbraio il Primer Festival Pucciniano de Latinoamerica in Nicaragua, presso il Teatro Nacional Ruben Dario. Sul podio delle due opere in programma abbiamo visto per Turandot il Maestro Alberto Veronesi e per La bohème il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli. La regia di Turandot è stata affidata a Luca Ramacciotti mentre quella de La bohème è stata firmata da Antonio Cremonese. Accanto ai musicisti dell’Orchestra del Festival Puccini, vi sono stati come solisti Lucetta Bizzi, Silvana Froli, Francesca Cappelletti, Elisabetta Zizzo, Mirko Matarazzo, Davide Mura, Raffaele Raffio, Ugo Tarquini, Tiziano Barontini . Questo è il team che ha molto ben rappresentato l’Italia nel Centro America.
Abbiamo seguito dall’Italia l’evolversi del programma, e appena di ritorno siamo riusciti a intervistare il M. Jacopo Sipari di Pescasseroli, Direttore Principale Ospite e Responsabile per gli eventi speciali del Festival Pucciniano, per ascoltare dalla sua voce il racconto di questa importante esperienza e della suo debutto con La bohème.
Maestro, può darci un feedback in termini di pubblico e organizzazione di questo festival Pucciniano in Nicaragua?
Assolutamente eccezionale. Direi anzi commovente. Questa nata relazione tra la Fondazione Incanto e la Fondazione Festival Pucciniano è una fucina di straordinarie emozioni e di grandi soluzioni per lo sviluppo di musica e cultura. Pur essendo il Primo Festival Pucciniano ogni dettaglio dell’organizzazione è stato curato con grandissima attenzione e serietà da ogni punto di vista.
Il Teatro National Ruben Dario è davvero splendido così come l’acustica che reca in se. Una vera e propria bomboniera nel cuore del Latinoamerica. La cosa che più mi ha stupito è stato proprio il pubblico: numerosissimo, emozionato, partecipe. Tutte le recite erano stracolme e mai mi sono sentito tanto parte di qualcosa come a Managua. Il pubblico si sentiva parte dello spettacolo, interagiva con frequenti applausi, espressioni di gioia, trasudava vere e genuine emozioni nonostante la difficoltà data dalla lingua.
Un vero trasporto insomma che ha scandito ogni minuto delle varie rappresentazioni e che ci ha accompagnato sempre.
Incredibili poi i bambini presenti: non solo numerosi ma anche silenziosissimi, educati all’ascolto.
Come ha trovato l’ambiente operistico centroamericano?
Indubbiamente questa operazione culturale ha dato un forte slancio allo sviluppo operistico nel centroamerica. È questa una zona che ha fame di relazioni culturali, ha fame di belle cose, e di musica in particolare. Ho trovato dei solisti eccellenti così come eccellenti erano sia le compagini corali che quelle orchestrali.
E rispetto alla Sua La bohème, cosa ci può dire? La critica come si è espressa?
Indubbiamente La bohème rappresenta una delle opere più belle della storia della musica e poterla dirigere costituisce uno dei sogni più grandi per un direttore. Un trionfo di emozioni, di impasti, di colori, di caratteri, di personalità, insieme atti a descrivere un universo umano così vicino e insieme lontano da noi.
In quella soffitta di Parigi potrebbe trovarsi ognuno di noi, una soffitta metafora della vita di tutti i giorni dove l’arte in tutte le sue forme trionfa sovrana e, seppure in parte, cede il passo o, per meglio dire, trova adeguata completezza solo nell’amore. Un amore forte, vivo, struggente e maledettamente bello.
Dirigere un’opera come questa è come, per un momento, dirigere il cuore di noi tutti, scandirne il battito, ammirarne il rosso bagliore.
Il secondo atto, poi, con questo tripudio di voci corali, che si intersecano alle varie individualità dei personaggi, ci regala straordinarie sensazioni che esplodono nell’aria di Musetta, così incredibilmente forte da restare nella memoria di chiunque la ascolti.
Indescrivibile la bellezza intima del terzo atto che prelude a un forte e ossimorico susseguirsi di spensieratezza, amore e sofferta rassegnazione nel quarto.
La bohème è, in definitiva, l’opera per me più autenticamente bella, talmente bella da lasciare lo stesso musicista insieme soddisfatto di averla suonata e triste per averla presto conclusa.
Eccezionale la voce del soprano Silvana Froli che con i suoi filati esalta il ruolo di Mimì accogliendo con calore la voce altrettanto bella del tenore Mirko Matarazzo.
Di notevole interesse anche la morbidezza della giovane Francesca Cappelletti come di Davide Mura e Raffaele Raffio, autentici interpreti di quella “bella felicita’” del fare musica vera che è propria dei giovani della loro età.
Eccellente l’espressività manifestata dall’Orchestra del Festival Puccini così come dei colleghi nicaraguensi. Splendidi il Coro e i Bambini che ci ricordano quanto sia bello tornare a sognare spensierati vivendo la vita a suon di musica.
La critica è stata entusiasta sia in Nicaragua sia qua in Italia e abbiamo raccolto davvero grande consenso e ottenuto una bella considerazione.
Maestro, quali momenti si porta a casa di questa importante esperienza?
Emozione indescrivibile. Indelebile nei miei ricordi la dignità imbevuta di sacrifici negli occhi dei nostri maestri ospiti che ci hanno accolto con vero amore, uniti da una comune e unica passione.
Grande il successo di questo Primo Festival Pucciniano Latinoamericano voluto fortemente dal direttore generale Franco Moretti e dal Presidente Maestro Alberto Veronesi che ha aperto, accompagnato da applausi continui, la rassegna con una magistrale interpretazione di Turandot.
A entrambi il mio più profondo ringraziamento per avermi reso partecipe di un progetto unico dove la musica si faceva interprete più vera del cuore di giovani che proprio nella musica hanno trovato quel sorriso sincero e vero che tante volte manca o, ancor di più, sembra lasciare il passo a qualcosa che erroneamente, forse, riteniamo più importante per noi interpreti.
Grazie per tutto questo.
Viva la Musica, Viva il Nicaragua, Viva l’Italia.
Annunziato Gentiluomo
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