C’era una volta un buon passante dall’orecchio molto sensibile. Un giorno, camminando come suo solito sul marciapiede ad un passo dal suo portone di casa, si meravigliò nell’udire un flebile lamento. Incuriosito si avvicinò ad una lunga fila di cassonetti che lì stavano in attesa. Era mai possibile che quel lamento provenisse dai cassonetti? “Qualcuno
C’era una volta un buon passante dall’orecchio molto sensibile. Un giorno, camminando come suo solito sul marciapiede ad un passo dal suo portone di casa, si meravigliò nell’udire un flebile lamento. Incuriosito si avvicinò ad una lunga fila di cassonetti che lì stavano in attesa. Era mai possibile che quel lamento provenisse dai cassonetti?
“Qualcuno vi avrà infilato qualcosa di ancora vivo!” pensò e subito, per quanto possibile, aprì quei cassonetti uno ad uno per verificare che nulla di vivo vi fosse stato immesso.
Nulla. I cassonetti, come al solito, erano pieni di ogni bene, con la carta nella carta, la plastica nella plastica, la carta nella plastica, la plastica nella carta e così via. Nulla, tuttavia, che motivasse la provenienza di quel lamento tanto presente.
“Che mai sarà?” si chiese il buon passante senza potersi dare una risposta.
La finestra della camera del buon passante dava proprio su quel marciapiede e quella sera, l’uomo, dall’animo sensibile quasi più del suo orecchio, decise di mettersi ancora in ascolto. C’era quel lamento? Sì.
“Che siano i cassonetti?” ebbe a pensare. “Forse”.
La notte passò insonne: il lamento lo teneva sveglio. “Possibile che quei cassonetti abbiano a lamentarsi del tanto lavoro che sono costretti a fare?” si chiese, verso le cinque del mattino.
Suonò la sveglia, il buon passante si vestì, uscì e passò davanti ai cassonetti. Il lamento proseguiva incessante.
“Che mai farò?” si domandò, incerto su come poter resistere una notte ancora con quel suono nelle orecchie.
La risposta alle sue domande gli arrivò alle tre di notte. Colpa della stanchezza? Chi può saperlo. Il buon passante si alzò dal letto, prese un paio di materassi che teneva in una stanzetta dedicata agli ospiti e il portò in strada. Quindi li adagiò su un cassonetto e disse, a voce alta per farsi sentire da tutta quella fila:
«Scusateci se non sappiamo fare il nostro lavoro. Riciclare, suddividere, smembrare è così difficile, il tempo è così poco e tante sono le cose da gettare! Ecco, vi ho portato dei materassi, così, quando vorrete, avrete un posto dove riposarvi. Fatene buon uso e se avete altro da chiedere chiedete pure». Detto questo salutò e tornò in camera.
Quella sera il buon passante riuscì a dormire. Il lamento era cessato. “Ma sì, quei cassonetti erano proprio stanchi” disse fra sé l’uomo e col sorriso prese la decisione, dall’indomani, di suddividere il più possibile i materiali da buttarvi dentro. Sperando d’esserne in grado.
[Fonte immagini: foto di copertina di Gianni Micheli; Photo by NeONBRAND on Unsplash; Photo by David Libeert on Unsplash]
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