Il Simposio (Συμπόσιον/Convivium) è uno di quei dialoghi platonici la cui fortuna ha ben corrisposto sia l’erudizione e la profondità di pensiero da cui è nato e sia la bellezza dello stile letterario. Una fortuna – non si può non riconoscerlo – che ha valicato i confini degli studi di settore per incontrare il gusto
Il Simposio (Συμπόσιον/Convivium) è uno di quei dialoghi platonici la cui fortuna ha ben corrisposto sia l’erudizione e la profondità di pensiero da cui è nato e sia la bellezza dello stile letterario. Una fortuna – non si può non riconoscerlo – che ha valicato i confini degli studi di settore per incontrare il gusto e l’interesse del più vasto pubblico. Di tutto questo fanno fede le innumerevoli edizioni del testo ad oggi circolanti alle cui introduzioni, più o meno informate e più o meno pertinenti, si rimanda il lettore più curioso per ulteriori notizie circa la storia del testo.
Si potrebbe dire senza errare o eccedere che il Simposio platonico ha avuto nella storia dell’Occidente un’importanza pari a quella che nel mondo indiano hanno avuto e hanno testi come il Vedanta o la Bhagavadgītā o nella tradizione cinese gli scritti confuciani o il Dàodéjīng. Questo è un primo e non trascurabile motivo per cui non sarebbe inutile riprendere questo testo tra le mani per rileggerlo, meditarlo e goderne. Un secondo motivo potrebbe essere il fatto che in questo dialogo Platone ha consegnato alla cultura occidentale alcune teorizzazioni che hanno fatto storia sedimentandosi nel linguaggio e nel senso comune. Si pensi, ad esempio, alle teorizzazioni relative al bello e alla gerarchia della bellezza che dalla considerazione dei corpi conduce alla contemplazione del Bello in sé oppure alla tanto comune quanto fraintesa idea dell’“amore platonico” o, ancora, alla caratterizzazione dell’eros come tensione e sostegno alla e della conoscenza filosofica. Insomma, se è vero quello che dice Umberto Eco, ovvero che un classico del pensiero è sempre un “sopravvissuto” della storia mondiale, è certo che il Simposio ha vinto la sua struggle for life.
È sempre in questo fortunato dialogo – e veniamo al nostro tema –che la creatività e l’estro filosofico-letterario del Platone mitologo hanno prodotto quel racconto dell’androgino al quale ci vogliamo approssimare con queste riflessioni. L’androgino, quell’essere che era, insieme, ανδρός (andròs = uomo) e γυνή (gyné = donna), quella “natura primitiva umana” propria di individui singolarissimi che partecipavano delle fattezze e potenzialità di entrambi i sessi. Non c’è dubbio che descrizione della nativa condizione androgina dell’umanità rimane l’inventio princeps del Simposio ed è alla sua portante simbologia a cui nel corso dei secoli, hanno saputo ispirarsi letterati e psicologi, umanisti e antropologi. Di alcune di queste riprese ci occuperemo in un prossimo articolo.
Prendiamo ora una prima e necessaria confidenza con il Simposio dal punto di vista della semplice articolazione narrativa. Come molto spesso e più o meno corposamente avviene, Platone incornicia i suoi dialoghi in uno o più prologhi o intermezzi drammaturgici che ne fanno a volte delle sfiziose pièce teatrali. Nel nostro caso lo sfondo è quello dei festeggiamenti per la vittoria teatrale di Agatone, un giovane drammaturgo ateniese, che nel 416 a.C. vince la gara annuale. Ne seguono lunghi festeggiamenti che si protraggono sino all’indomani quando ci si ritrova nella casa dello stesso Agatone. Al banchetto sono invitati personaggi illustri dell’Atene del tempo i quali decidono di congedare le suonatrici di flauto e di rimandare il rituale dionisiaco del vino per dedicarsi, più sobri, all’elogio di Eros: “Non è inconcepibile – dice uno dei convitati – che a molti altri dei i poeti abbiano dedicato inni e peani, e a Eros, invece, che è un dio così grande e potente, neppure uno […] abbia mai destinato un encomio?”. Eros è, dunque, il tema del dialogo inteso anzitutto secondo i canoni della religione greca antica ovvero come un dio – e un dio così grande e potente,secondo il passo citato – alla cui azione gli stessi dei a lui congeneri sono soggetti. Ma Eros anche in un secondo senso, ossia come energia cosmica, dinamica psicofisiologica (la cui traduzione odierna è sia quella generica di desiderio che quella più specifica di libido) nonché come realtà interpersonale e sociale di cui porre filosoficamente in discussione la natura e il valore. Per usare una pertinente espressione di Claude Calame, la realtà dell’eros come inventore e organizzatore della società greca antica: “Eros dolce-amaro, Eros a cui non si sfugge, Eros dominatore nato dalle origini del Caos, Eros demiurgo degli orfici, Eros che emerge ingenerato dall’uovo primordiale, Eros paredro di Afrodite: nella molteplicità e varietà di forme della figura che per i Greci incarna la forza dell’amore, si riflette la sua posizione centrale in una cultura e in un sistema di pensiero profondamente segnati dall’attrattiva amorosa” (L’amore in Grecia, a cura di Calame C., 2006, 9). I discorsi encomiastici dell’eros proposti nel dialogo costituiscono nella loro pluralità di prospettive la testimonianza forse più fedele di questa presenza di Eros nella grecità e della riflessione su di esso.
Francesco Contento
Testi di approfondimento:
Zolla E., Incontro con l’androgino. L’esperienza della completezza sessuale, Como 1995;
Reale G., Eros demone mediatore, Bompiani, Milano 1997;
Calame C. (ed.), L’amore in Grecia, Roma-Bari 2006;
Galimberti U., Le cose dell’amore, Milano 2004 (in particolare pp. 149-155)
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