Vivian Maier è per la fotografia ciò che Emily Dickinson è stata per la letteratura. Come la Dickinson – che non pubblicò mai le sue opere in vita, ma vennero trovate e pubblicate postume – anche per Vivian Maier la sorte fu la medesima. Bambinaia per le famiglie benestanti di New York e Chicago dai
Vivian Maier è per la fotografia ciò che Emily Dickinson è stata per la letteratura. Come la Dickinson – che non pubblicò mai le sue opere in vita, ma vennero trovate e pubblicate postume – anche per Vivian Maier la sorte fu la medesima.
Bambinaia per le famiglie benestanti di New York e Chicago dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, per oltre mezzo secolo fotografò – producendo un archivio sterminato di oltre 150.000 negativi – la vita nelle strade delle città in cui visse. Tutto questo senza mai far conoscere il proprio lavoro, non organizzando mai una mostra, mai una pubblicazione.
Oltre ai negativi, la fotografa ha lasciato una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la tata “francese” – la madre era originaria delle Alpi provenzali – accumulò nelle stanze in cui si trovava a vivere. Tutti il materiale fu confiscato per il mancato pagamento del magazzino nel quale venne riposto e scoperto in seguito in una casa d’aste di Chicago dal giornalista e scrittore John Maloof.
La mostra al MAN di Nuoro, a cura di Anne Morin, realizzata in collaborazione con diChroma Photography, è la prima di Vivian Maier ospitata da un’Istituzione pubblica italiana, dopo il grandissimo successo americano.
L’esposizione, da ieri, 10 luglio, al 18 ottobre, fornisce una visione d’insieme dell’attività di Vivian Maier ponendo l’accento su elementi chiave della sua poetica, come l’ossessione per la documentazione e l’accumulo.
Insieme a 120 fotografie tra le più importanti dell’archivio di Maloof, catturate tra i primi anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, la mostra presenta anche una serie di dieci filmati, privi di tessuto narrativo, in super 8 e una selezione di immagini a colori realizzate a partire dalla metà degli anni Sessanta.
Nuovi punti di vista e nuove possibilità di racconto e poetica si hanno con gli scatti degli anni Settanta: un cambio dettato dal passaggio dalla Rolleiflex alla Leica, che obbligò Vivian Maier a trasferire la macchina dall’altezza del ventre a quella dell’occhio.
A rendere interessante la mostra e a conquistare il pubblico, oltre chiaramente le fotografie, grandissima testimonianza antropologica di una società d’altri tempi, è anche
la storia di “tata Vivian”, talmente affascinante e surreale da sembrar tratta da una commedia agrodolce. I suoi soggetti prediletti sono stati le strade e le persone, più raramente le architetture, gli oggetti e i paesaggi, il modo “degli altri” era ciò che realmente le interessava, sempre a debita distanza.
Ogni tanto Vivian Maier si rendeva visibile, diventando lei stessa parte di un racconto nella quale è soprattutto narratrice. Il riflesso del volto su un vetro, la proiezione dell’ombra sul terreno, la sua silhouette compaiono nel perimetro di molte immagini, quasi sempre spezzate da ombre o riflessi.
Nelle fotografie non manca una vena sarcastica, che accompagna uno sguardo più sensibile e benevolo per gli umili e gli emarginati, ma rivolta un po’ tutti, dai ricchi borghesi dei quartieri alti agli sbandati delle periferie.
Questa mostra, imperdibile, potrà farvi scoprire una straordinaria e inconsapevole maestra del reportage da strada.
Mirko Ghiani
Informazioni
“Vivian Maier – Street Photographer”
dal 10/07 al 18/10/2015
MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro
- Orario invernale (ottobre-marzo): 10:00/13:00 – 15:00/19:00
- Orario estivo (aprile-settembre): 10:00/13:00 – 15:00/20:00
- Intero: 3,00 euro
- Ridotto: 2,00 euro (dai 18 ai 25 anni)
- Gratuito: under 18 e over 65.
- Gratuito: prima domenica del mese
- Biglietto unico MAN/TRIBU: 4,00 euro
[Immagini da museomanit, paddle8.com e lelaingrid.com]
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