Una valle desolata con dei cadaveri. Entrano in scena l’esercito con un cane, Normanno, Enrico e Raimondo. Tra di loro, inosservata, passa una donna di bianco vestita. Placida, calma. Si muove lentamente, partecipa alla scena, osserva. Un’introduzione dello stesso regista atta a rappresentare simbolicamente una sorta di alter ego di Lucia, Lucia come spirito, la
Una valle desolata con dei cadaveri. Entrano in scena l’esercito con un cane, Normanno, Enrico e Raimondo. Tra di loro, inosservata, passa una donna di bianco vestita. Placida, calma. Si muove lentamente, partecipa alla scena, osserva. Un’introduzione dello stesso regista atta a rappresentare simbolicamente una sorta di alter ego di Lucia, Lucia come spirito, la madre di Lucia, un fantasma oppure la morte stessa. Una nota di grande finezza scenica.
Questo è l’inizio della Lucia di Lammermoor di Damiano Michieletto in scena al Teatro Regio di Torino fino a domani, domenica 22 maggio.
Tanti dettagli inseriti e rivisitati dal regista si trovano sul libretto. Infatti rispetto alla donna col cappello e il velo, Lucia afferma: sorge il tremendo fantasma e ne separa! oppure Enrico sottolinea piange la madre estinta. E da questi riferimenti si intuisce che entrambe le opzioni potrebbero essere plausibili. Inoltre domina la scena una Torre decadente, trasparente, piegata, ubicata a sinistra del palco, che sembra essere la Torre di Wolferag. Quest’ultima viene citata alcune volte, fra le quali Percorrete le spiagge vicine, della torre le vaste rovine di Normanno.
Un altro elemento singolare è la rosa rossa che la donna misteriosa porta in scena alcune volte e ivi vi rimane per diversi momenti: ad esempio, quando Lucia aspetta Edgardo nel primo incontro notturno, e la protagonista si dedica ad annaffiarla con cura; quando viene usata da Miss Ashton durante l’assolo con la glassarmonica per creare un manto di petali e per dimostrare che ormai tutto è finito; quando viene lanciata con disprezzo da Edgardo; e quando la donna misteriosa versa i petali sulla tomba bianca di Lucia su cui si dispera e muore il suo amante suicida. È Lucia ad affermare: sparsa è di rose!, testimonianza che anche lo stesso dettaglio del fiore non è un caso. La rosa rossa rappresenta il vero amore e la passione amorosa come parte integrante del primo. Tale sentimento va curato come mostra la protagonista impegnata a annaffiare la sua rosa con tenerezza.
La prima parte del dialogo nel primo atto fra Lucia ed Edgardo inizia con lui collocato sulla Torre. La comunicazione è asimmetrica e ciò non favorisce un’analoga ricerca dell’altro. Infatti, soprattutto durante la prima (Pratt e Pretti), sembra sia Lucia a protendere verso il suo amato, che invece appare più distaccato. Sarà, infatti, sempre la protagonista a togliere al proprio amato la giacca: pare sia più lei ad aver bisogno di lui. Nel secondo cast (Mosuc e Berrugi) tale asimmetria di intenti è meno percepita. Questo e altri piccoli elementi ci fanno pensare che sicuramente il secondo cast avesse molto più chiaro del primo la regia, che avessero già ben “carburato” e meglio interiorizzato le diverse scelte di Michieletto, oppure che non ci sia stato uno sforzo registico ad adattare alle diverse corporeità dei protagonisti del primo cast alcune scelte che avrebbero maggiormente valorizzato i due strepitosi cantanti.
Molto suggestivo il passaggio di un coltello da parte della donna misteriosa a Lucia a presagire l’omicidio di Arturo (E Lucia l’acciar stringeva, che fu già del trucidato! – Raimondo) prima e il suicidio di Edgardo più tardi. Ci ha molto colpito la cura del momento della sepoltura con cui inizia il III atto. Due uomini impegnati a scavare la fossa dentro cui sarebbe stata deposta la protagonista mentre giunge Edgardo nella sua celeberrima aria Tombe degli avi miei. Sarà raggiunto in seguito da Normanno che in processione accompagna la tomba bianca dove giace morta Lucia – Ella in terra più non è.
Abbiamo anche notato e apprezzato la resa della contemporaneità dell’omicidio di Arturo con la proposta di duello fra Edgardo ed Enrico, sottolineata dallo stesso Lord Bucklaw che getta il velo bianco della moglie proprio dove si stava consumando il dialogo aggressivo tra i due nemici di vecchia data. Da rimando circolare la scelta di fare protendere Lucia ormai in preda della più totale follia (della mente la virtude a lei mancò! – Raimondo) dalla stessa finestra in cui durante il primo atto iniziava il dialogo con Edgardo e anche i diversi ingressi della donna misteriosa, con e senza rosa rossa, come leitmotiv dell’allestimento. Il regista inoltre aggiunge il suicidio della protagonista che muore buttandosi dalla cima delle Torre, molto personale rispetto a quanto riportato nel libretto. Non abbiamo molto gradito, solo, il balletto equivoco del coro durante i festeggiamenti per il matrimonio di Miss Ashton con Arturo. Per il resto, come si intuisce quella di Michieletto è stata una regia curata nel dettaglio, ben orchestrata e fortemente personale, soprattutto dal secondo atto in avanti.
Tale opera andrà in scena ancora oggi alle 20.00 con Elena Mosuc (Miss Lucia), Giorgio Berrugi (Sir Edgardo di Ravenswood), Simone Del Savio (Lord Enrico Ashton) e Mirco Palazzi (Raimondo Bidebent); e domani, 22 maggio, alle 15.00 con Diana Damrau (Miss Lucia) e Nicolas Testé (Raimondo Bidebent). Lord Arturo Bucklaw sarà interpretato, in entrambe le recite, da Francesco Marsiglia. La direzione musicale è sempre di Gianandrea Noseda che ha appena ricevuto l’International Opera Awards Conductor of the Year 2016. Un anno d’oro il 2016 per il Direttore Musicale del Teatro Regio, che dall’inizio dell’anno ha collezionato le nomine di Direttore Musicale della National Symphony Orchestra di Washington (dalla stagione 2017/18) e quella di Direttore Ospite Principale della London Symphony Orchestra (a partire dalla stagione 2016/17), mentre nel 2015 aveva ricevuto il premio come Musical America Conductor of the Year.
Sicuramente da vedere!
Annunziato Gentiluomo
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