Se la matematica non è vostra amica, se avete desiderato che ve la spiegassero in un altro modo perché così proprio non riuscivate a mettervela in testa… ecco adesso potreste riprovarci, o probabilmente lo faranno per voi i vostri figli. Già utilizzato nel Regno Unito (Singapore è una ex colonia inglese), anche in Italia si
Se la matematica non è vostra amica, se avete desiderato che ve la spiegassero in un altro modo perché così proprio non riuscivate a mettervela in testa… ecco adesso potreste riprovarci, o probabilmente lo faranno per voi i vostri figli.
Già utilizzato nel Regno Unito (Singapore è una ex colonia inglese), anche in Italia si sta cominciando a proporre il Metodo Singapore per l’insegnamento della matematica. E non c’è bisogno di numeri, o meglio non come prima.
Se è vero che lo scopo della matematica è trattare con cifre e calcoli, è anche vero che queste abilità si possono stimolare e sviluppare attraverso un metodo, il metodo Singapore appunto, che sia inizialmente centrato sul problem slving piuttosto che sui numeri stessi e sulle regole di calcolo.
Vediamo da dove arriva e come funziona.
L’origine di questo metodo di insegnamento sta in due documenti, due rapporti pubblicati entrambi nel 1982. Il primo, “Mathematics Counts”, noto anche come Rapporto Cockroft, commissionato dal governo Laburista britannico nel 1978. Il secondo “An Agenda for action: Recommendations for school mathematics of the 1980’s” pubblicato dal Consiglio Nazionale degli insegnanti di matematica degli Stati Uniti. Entrambi giungevano alla conclusione che il “problem solving”, cioè la tecnica di soluzione di problemi, deve essere al centro dell’insegnamento della matematica a scuola. Questi rapporti sono ben conosciuti e tutti Paesi ne hanno beneficiato. Tuttavia in quel momento storico Singapore si trovava in una situazione particolare e, avendo deciso di investire il più possibile sull’istruzione delle nuove generazioni, raccolse i rapporti su insegnamento e pedagogia da tutto il mondo per elaborarne un piano programmatico, dando vita a quella che fu poi chiamata “Matematica di Singapore”.
Venivano identificati tre errori fondamentali, commessi soprattutto in area asiatica. Essi riguardavano le modalità di insegnamento della materia, per esempio l’eccessiva importanza data al calcolo e l’insistenza sulla memorizzazione.
La vera rivoluzione è l’approccio secondo il quale la matematica è un veicolo per lo sviluppo delle competenze intellettuali dell’individuo. Un veicolo, quindi, non un obiettivo in sé. Si riconosce l’importanza di acquisire dei concetti più che di compiere le operazioni di calcolo. In un certo senso, capire perché occorre compiere quelle operazioni per risolvere un problema e poi imparare a fare operazioni stesse.
Il processo di insegnamento secondo il metodo Singapore viene strutturato in 3 fasi. La prima viene chiamata fase concreta, e ha a che fare con la sperimentazione degli oggetti nel manipolarli e utilizzarli (valida per i bambini di scuola dell’infanzia e primaria).
La seconda è la fase pittorica, e utilizza rappresentazioni grafiche degli oggetti e delle operazioni per poter essere meglio compresi e memorizzati.
La terza e ultima fase, quella astratta, introduce l’utilizzo dei simboli matematici, che sarebbero solamente delle scorciatoie mentali ma non aggiungerebbero nulla all’effettiva comprensione dei concetti già appresi nella fase precedente. Si parte dal presupposto, sia teorico che pratico, che non esistano soluzioni giuste a priori, quindi nessuna formula da imparare a memoria, ma solo problemi a cui trovare soluzioni. È un modo di procedere che, pur facilitando i soggetti che potrebbero avere difficoltà con il metodo più tradizionale, consente a chi invece si appassiona ai numeri a ai calcoli di sperimentare liberamente anche gli aspetti più formali e soffermarsi sulla terza fase.
Nella pratica tutto questo si traduce in ritmi di insegnamento più lenti ma risultati di apprendimento più efficaci e anche più rapidi. Questi stessi risultati, benché solo in apparenza sorprendenti, hanno permesso agli studenti singaporiani di balzare nel giro di un decennio al primo posto per quanto riguarda le competenze matematiche e di mantenersi ai vertici quando anche altri Stati decisero di adottare sistematicamente il metodo. Sarebbe interessante, e comunque non così difficile in termini pratici, valutare l’impiego sistematico del Metodo Singapore anche nella scuola italiana, i cui studenti da sempre hanno risultati meno brillanti in questa area di studio.
Chiara Trompetto
[Fonti delle immagini: mathemagis.com, singaporemath.com, radioconcorso.it]
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