Alle 20.30 del 26 settembre si abbassano le luci, il silenzio scende sui presenti e il buio invade il Teatro Donizetti di Bergamo. Il Direttore d’Orchestra Roberto Tolomelli sale sul podio e attacca le prime note di una delle più conosciute e amate opere di Donizetti, Lucia di Lammermoor. La scenografia si impone agli spettatori. Desolazione, distruzione, inquietudine, tenebre. Presagisce
Alle 20.30 del 26 settembre si abbassano le luci, il silenzio scende sui presenti e il buio invade il Teatro Donizetti di Bergamo. Il Direttore d’Orchestra Roberto Tolomelli sale sul podio e attacca le prime note di una delle più conosciute e amate opere di Donizetti, Lucia di Lammermoor.
La scenografia si impone agli spettatori. Desolazione, distruzione, inquietudine, tenebre. Presagisce la tragedia che di lì a poco si sarebbe consumata. Un unico monolite che ruota e che nelle sue diverse facce esprime un identico leit motiv: la morte.
In scena soprusi, ingiustizie, strategie, menzogne, abusi, tradimenti. La giustizia divina soccombe alla morale politica, il sentimento alla razionalità, l’individuo alla società. La ragione di stato dissolve il giuramento davanti a Dio. Il clan, la fedeltà alla famiglia, la possibilità di recuperare gli antichi fasti, tutte pressioni che schiacciano Lucia, i cui unici torti sono appartenere agli Ashton e amare un Ravenswood, Edgardo, acerrimo nemico del fratello.
Protagonista è la brutalità dell’uomo tribale mosso solo dalla sete di sangue e conquiste a cui si oppone Lucia, l’unica figura femminile in senso pieno dell’allestimento, adolescente che nulla può al dispiegarsi di tanta crudeltà. In tutto risuona il carattere bellico, come se si stesse celebrando l’universalità della guerra. I maschi in scena sono guerrieri che si muovono in una faida che dura da almeno cinquant’anni. Ma dalla singolare situazione scozzese, si percepisce la volontà di Francesco Bellotto di rappresentare la trasversalità della guerra, sia temporalmente sia geograficamente. È questa scelta registica che motiva la diversità dei costumi di Alfredo Corno a sottolineare questo aspetto. Raimondo indossa un saio trecentesco; Enrico una veste rinascimentale con elementi militari; il coro ed Edgardo portano i segni delle lunghe battaglie e con movenze quasi “animali” esprimono veementemente la loro tribalità; Lucia, vestita con abiti chiari, appartiene alle corti gotiche del Nord; mentre Arturo è uomo del Rinascimento italiano, estraneo al tutto che si muove innanzi a lui.
È stato strano vedere una Lucia raffigurata come un’adolescente, ed è stato rischioso affidare un ruolo simile ad una giovanissima cantante. A volte, infatti, Bianca Tognocchi pareva in difficoltà davanti allo spessore del personaggio che interpretava. Hanno convinto comunque il Coro del Bergamo Musica Festival, diretto da Fabio Tartari, la verve scenica di Christian Senn (Lord Enrico Ashton) e la performance di Gabriele Sagona (Raimondo Bidebent). Interessante la vocalità di Raffaele Abete (Sir Edgardo di Ravenswood), nonostante alcuni difetti di intonazione: anche se si tratta di un promettente interprete è apparso non ancora perfettamente maturo per il ruolo. In alcune parti discutibile la regia di Bellotto, forse troppo “innamorato” della sua idea da perdere di vista altri aspetti salienti dell’opera.
Nel complesso un soddisfacente inizio per la IX edizione del festival bergamasco, che ha comunque ricevuto il consenso del pubblico.
Annunziato Gentiluomo
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *