Si è aperto lo scorso 29 settembre il concorso lanciato dal Corriere della Sera per commemorare l’anniversario dei cent’anni dal primo conflitto mondiale. Lo scorso luglio infatti, pochi giorni dopo lo svolgimento della maturità, ricadeva l’importante anniversario dello scoppio della Grande Guerra: 28 luglio del 2014, esattamente cent’anni e un mese dopo l’attentato all’arciduca Ferdinando
Si è aperto lo scorso 29 settembre il concorso lanciato dal Corriere della Sera per commemorare l’anniversario dei cent’anni dal primo conflitto mondiale. Lo scorso luglio infatti, pochi giorni dopo lo svolgimento della maturità, ricadeva l’importante anniversario dello scoppio della Grande Guerra: 28 luglio del 2014, esattamente cent’anni e un mese dopo l’attentato all’arciduca Ferdinando e a sua moglie.
Il concorso, rivolto agli studenti di ogni ordine e grado per l’anno 2014/15, prevede l’invio di testimonianze in formato digitale (digital tale) sulla Grande Guerra, a partire da quanto gli alunni hanno studiato ma anche sentito raccontare, sia in ambito scolastico sia familiare. L’occasione per ricordare l’inizio di quello che lo storico marxista inglese Eric Hobsbawm definì “Il secolo breve”.
La sua storia allora, e più specificatamente la storia della sua età iniziale di crollo e di catastrofe (the Age of Catastrophe), comincia con i trentun anni di guerra mondiale. Per quanti erano cresciuti prima del 1914, il contrasto col passato fu così drammatico che molti si rifiutarono di scorgere alcuna forma di continuità con esso. “Pace” significava “gli anni precedenti il 1914”: dopo quella data venne un’epoca che non meritò mai più l’aggettivo di pacifica (E. Hobsbawm). Tutto cambiò: alba tragica di una nuova era.
“I lampioni si stanno spegnendo su tutta l’Europa, nel corso della nostra vita non le vedremo più accese”: questo quanto lamentava Edward Grey, ministro degli esteri della Gran Bretagna, osservando le luci di Whitehall. Era la notte del 4 agosto 1914, la notte cioè in cui il suo paese entrò in guerra contro la Germania. A Vienna poi, lo scrittore satirico Karl Kraus si preparava a documentare, a denunciare quella guerra, quel grande mattatoio umano, in uno straordinario dramma-inchiesta dal titolo Gli ultimi giorni dell’umanità. Entrambi videro nella guerra mondiale la fine di un mondo, l’apocalisse del Novecento. E anche se non fu la fine dell’umanità, ci furono momenti in cui la fine del genere umano non sembrò lontana: momenti nei quali dio o gli dèi, quelli che nella religione degli uomini avevano creato il mondo e tutte le sue creature, avrebbero potuto rimpiangere di averlo fatto.
Oggi dunque, un secolo dopo, il Corriere vuole riaprire una finestra sul passato. Un passato non così lontano.
Un’iniziativa per non dimenticare. Non dimenticare l’inutile strage, la banalità del male, l’orrore del mondo. Un concorso per narrare il vecchio mondo che muore. Soprattutto però, per ricordare l’umanità che sopravvive.
Giuseppe Parasporo
[Fonte delle immagini: francofrattinidiarioitaliano.blogspot.it, video.corriere.it e centoannigrandeguerra.it]
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