Mercoledì 12 giugno, alle ore 20.00, vanno in scena al Regio due novità assolute: La giara di Alfredo Casella – nuovo balletto commissionato dal Teatro Regio di Torino alla Compagnia Zappalà Danza – e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni nel nuovo allestimento firmato da Gabriele Lavia. Una serata dalla doppia suggestione e dai continui rimandi
Mercoledì 12 giugno, alle ore 20.00, vanno in scena al Regio due novità assolute: La giara di Alfredo Casella – nuovo balletto commissionato dal Teatro Regio di Torino alla Compagnia Zappalà Danza – e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni nel nuovo allestimento firmato da Gabriele Lavia. Una serata dalla doppia suggestione e dai continui rimandi tra balletto e opera, Pirandello e Verga, tradizione e avanguardia con un comun denominatore: la Sicilia. L’Orchestra del Teatro Regio, presente in entrambi i titoli, è diretta dal maestro Andrea Battistoni. Il Coro, impegnato nel capolavoro di Mascagni, è istruito da Andrea Secchi.
Per quanto riguarda La giara Il coreografo Roberto Zappalà si contraddistingue per aver diffuso come nessun altro “un sud vivo e vibrante” nelle platee di tutto il mondo grazie alla sua danza di grande impatto visivo. L’amore per la sua terra e l’attività di formazione dei danzatori lo ha portato a fondare l’omonima Compagnia e nel 2002 Scenario Pubblico, Centro di Produzione Nazionale del quale è Direttore artistico. Ha lavorato inoltre per importanti realtà come la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano, la compagnia svedese Norrdans, quella olandese di ArtEZ e il Goteborg Ballet.
La Compagnia Zappalà Danza, fondata a Catania nel 1990, è oggi riconosciuta come elemento di spicco nel panorama della danza italiana contemporanea, distinguendosi per l’elaborazione di un linguaggio personale (MoDem, acronimo di Movimento Democratico), per le collaborazioni con importanti festival internazionali quali MilanOltre e i riconoscimenti ottenuti, tra cui quello di Centro Nazionale di Produzione della Danza da parte del MiBAC.
Nella novella di Luigi Pirandello, la giara è una prigione, letterale per il riparatore di giare Zi’ Dima, chiuso al suo interno, e simbolica per Don Lollò, il padrone, prigioniero della “roba”. Alfredo Casella ne colse il carattere emblematico, in bilico tra ironia e grottesco, creandone nel 1924 una partitura musicale su richiesta dei Ballets Suédois, con coreografia di Jean Börlin e scene e costumi di Giorgio De Chirico. Una musica ricca di spunti ritmici e melodici del folklore siciliano, trasposti però in una dimensione ideale e fuori dal tempo, fatta di emozioni. Sono queste emozioni e questi spunti simbolici che Zappalà riprende, nella coreografia, nelle scene e nelle luci, suggerendo uno spazio in cui la giara è sia contenitore della danza sia dimensione narrativa; luogo chiuso, limitato ma protetto, nel quale scorre la vita – il movimento – e dal quale osservare ciò che sta al di fuori, suggestiva ambivalenza che coinvolge il pubblico nell’interpretazione. Lo spettacolo vede protagonisti undici interpreti maschili. Regia, coreografia, scene e luci della creazione sono di Roberto Zappalà, la drammaturgia è di Nello Calabrò, i costumi sono di Veronica Cornacchini e Roberto Zappalà, assistenti alla coreografia sono Ilenia Romano e Fernando Roldán Ferrer. Il nuovo allestimento è di Scenario Pubblico/CZD.
Nella seconda parte della serata, va in scena Cavalleria rusticana, il capolavoro di Pietro Mascagni in un nuovo allestimento con la regia di Gabriele Lavia e scene e costumi di Paolo Ventura, il poliedrico artista milanese che ha rivoluzionato la fotografia contemporanea. La novella di Giovanni Verga, dramma della gelosia che racconta anche di una cultura e di un territorio, fu messa in musica da Mascagni nel 1890, segnando la storia dell’opera e l’apertura di una nuova pagina del teatro musicale, quella verso un’espressione sonora della narrazione e delle passioni, che solo forzatamente possiamo limitare alla definizione di verismo.
Lavia, punto di riferimento del teatro e del cinema italiano contemporaneo, da ormai una trentina d’anni affianca alla sua importante carriera di attore, regista e doppiatore anche la regia di opere liriche; torna al Regio con un altro titolo verista, con rimandi alle sue origini siciliane, dopo i suoi ammirati Pagliacci.
Nel cast troviamo nomi d’eccezione: Santuzza è Sonia Ganassi, tra i maggiori mezzosoprani della sua generazione, è regolarmente invitata nei più prestigiosi teatri del mondo (Metropolitan di New York, Royal Opera House di Londra, Teatro alla Scala di Milano) dove collabora con direttori quali Riccardo Chailly, Riccardo Muti, Myung-Whun Chung, Daniele Gatti, Antonio Pappano, Daniel Barenboim. A seguito dei suoi innumerevoli successi, nel 1999 i critici musicali le assegnano il Premio Abbiati. Torna al Regio dopo aver interpretato Angelina ne La Cenerentola del 2004 e la Messa da Requiem diretta da Gianandrea Noseda nel 2013 alla Wiener Konzerthaus e nella Kreuzkirche di Dresda. Compare Turiddu è Marco Berti, il tenore ha cantato sotto la guida di direttori quali Antonio Pappano, James Levine, Daniel Oren; nella sua carriera internazionale ha interpretato tutti i principali ruoli operistici di Otto e Novecento, sulle principali scene italiane, oltre al Metropolitan di New York, Covent Garden di Londra, Staatsoper di Vienna e Berlino. Nel ruolo di Alfio è Marco Vratogna, baritono stimato per la bellezza del timbro e la presenza scenica. Specializzato nel repertorio verista e verdiano, ha inciso per importanti case discografiche come la Dynamics, e ha più volte raccolto successi al Regio di Torino, gli ultimi in Edgar, Un ballo in maschera e Tosca. Completano il cast: Michela Bregantin (Lucia) e Clarissa Leonardi (Lola). Nel corso delle nove recite, si alternano nei ruoli principali: Cristina Melis (Santuzza), Francesco Anile (Turiddu) e Gëzim Myshketa (Alfio). I movimenti coreografici sono di Anna Maria Bruzzese e le luci di Andrea Anfossi.
Redazione di ArtInMovimento Magazine
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