Secondo una bella pratica che vanta ormai venticinque anni di esperienza, il Teatro Regio di Torino si ripropone come luogo di didattica, di cultura e di svago per i giovani. Nel cartellone spiccano due grandi titoli di repertorio in versioni appositamente create per loro: La bohème di Giacomo Puccini e Il flauto magico di Wolfgang
Secondo una bella pratica che vanta ormai venticinque anni di esperienza, il Teatro Regio di Torino si ripropone come luogo di didattica, di cultura e di svago per i giovani. Nel cartellone spiccano due grandi titoli di repertorio in versioni appositamente create per loro: La bohème di Giacomo Puccini e Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart, opere che raccontano il viaggio dalla giovinezza alla vita adulta, dal sogno alla realtà, dall’ingenuità alla consapevolezza. Ancora una volta l’adattamento è di Vittorio Sabadin, giornalista e scrittore che da qualche tempo si è appassionato al compito di scovare tra le pieghe dei libretti operistici i significati più profondi dell’animo umano, riuscendo a proporli ai più giovani in una maniera fresca e accattivante. La rimaneggiatura è curatissima e permette una lettura critica dell’opera e della figura del compositore. Prevede la figura di una narratrice, impersonata sapientemente da Olivia Manescalchi, che funge da trait d’union e che accompagna il giovane pubblico nella comprensione minuziosa di quanto sta avvenendo, focalizzando come un occhio di bue la sua attenzione.
In questa sede parliamo propria della celeberrima La bohème, una delle opere più messe in scena nel mondo. La regia di quella che rientra nel cartellone giovanile del teatro d’opera torinese porta la firma di Marco Castagnoli che ben usa le imponenti scene di Alfons Flores. La sua versione dell’opera pucciniana è fresca, esplosiva che ben si amalgama con la direzione altrettanto vivace di Giulio Laguzzi. Chiaramente l’attenzione del regista fiorentino è rivolta al suo target – i giovani – e quindi inserisce elementi che favoriscono l’immedesimazione del suo pubblico: lo smart phone, i selfie, il karaoke, la musica dal vivo, il dj dark un po’ metallaro, il performer di break dance, il trolley rosso e lo zainetto a tracolla. Il “cordiale” non arriva e al suo posto una bombola di ossigeno che ci lascia un po’ straniti. Un finale intenso, dove, dopo la morte di Mimì, tutti, eccetto Rodolfo che rimane al suo capezzale, danno le spalle al pubblico e si muovono verso la luce: pare vogliano raggiungere la loro amica, coscienti della fine che accomuna tutti gli esseri viventi, oppure sembra desiderino intraprendere, con maggiore consapevolezza, il cammino verso la vita che va vissuta anche per chi non c’è più.
Validissima la performance del Coro del Teatro Regio e dal Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio G. Verdi, istruiti dal Maestro Claudio Fenoglio, e raffinata l’esecuzione dell’Orchestra del Teatro Regio sapientemente diretta dal Maestro Laguzzi.
Passando al cast, sicuramente giovani tutti, eccetto Matteo Peirone (Benoît, padrone di casa e Alcindoro consigliere di stato basso), ma questo non è certo sinonimo di poca qualità anzi. Le due voci femminili – Sara Rossini (Mimì) e Valentina Mastrangelo (Musetta) sono luminose e aggraziate. Entrambe si muovono con agilità nella propria partitura, esprimendo bene il pathos drammatico previsto. Tecnicamente sono molto valide e la Rossini si caratterizza, dal canto suo, anche per un ottimo fraseggio.
Jay Kwon interpreta con disinvoltura i panni di Rodolfo, esprimendo le qualità di un vero tenore pucciniano. La sua è una vocalità robusta, ricca di armonici, capace di esprimere bene il dramma del suo personaggio. Alessio Verna (Marcello) tra i quattro protagonisti appare quello meno maturo. Una voce ancora da irrobustire, anche se in nuce intravediamo buone potenzialità. Buona la performance di Davide Giangregorio (Colline) che dimostra grande verve e personalità nella famosa e complessa aria Vecchia zimarra. All’altezza anche Matteo D’Apolito (Schaunard), il già citato Matteo Peirone e Cullen Gandy (Parpignol, venditore ambulante).
Anche tecnicamente valido come spettacolo: buona la gestione delle luci di Andrea Anfossi che danno spessore drammatico all’allestimento e belli e assolutamente adatti i costumi di Laura Viglione.
Proprio un bello spettacolo!
Annunziato Gentiluomo
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