Non è compito della nostra testata sciorinare numeri per aggiornare l’odioso computo di vittime e feriti, quanti terroristi, quanti saltati in aria, quanti abbattuti. No, noi no. E’ un compito per il quale non abbiamo velleità, soprattutto perché la vita non aumenta di valore nel momento in cui viene meno, la vita è sacra. Oggi
Non è compito della nostra testata sciorinare numeri per aggiornare l’odioso computo di vittime e feriti, quanti terroristi, quanti saltati in aria, quanti abbattuti. No, noi no. E’ un compito per il quale non abbiamo velleità, soprattutto perché la vita non aumenta di valore nel momento in cui viene meno, la vita è sacra.
Oggi le nostre vite sono turbate, scosse, vilipese da chi considera l’esistere uno stucchevole corollario al non si sa cosa, da chi, intriso di viltà, spara su uomini e donne inermi, lo fa, ricarica, ripete il gesto. Da chi non ha rispetto neppure per la propria, al punto di sacrificarla per far cessare quella degli altri.
Parigi ieri è stata colpita, di nuovo, nel cuore del suo vivere e pulsare: vite cessate durante una serata a teatro, allo stadio, al ristorante, nell’esercizio meraviglioso dello stare insieme, volersi bene, ascoltare musica, vedere lo sport, esistere in pace. A Parigi ieri tanta gente è morta. Da lì il rabbocco nel barattolo dell’odio. Cosa succederà? Questo si chiedono le persone il giorno dopo, convinti che non si debba lasciare spazio alla paura, ma consapevoli di averne. Tutti abbiamo paura. Tutti oggi ricominciamo a guardarci intorno con diffidenza, turbati da questi attacchi che sanno di guerriglia, di fronte ai quali non sappiamo come saremmo in grado di reagire. Oggi tutti pensiamo:”E se succedesse qui, a me”?
In virtù di questi pensieri, oggi è il giorno per non stare soli, di stringersi l’uno accanto all’altro, perché solo così ognuno di noi potrà esercitare il nostro essere “esseri sociali”, quella pratica meravigliosa dell’essere l’uno il presidio dell’altro.
E’ il momento di avere sangue freddo, ripopolare le strade e le piazze, per essere contraltare amorevole alle (doverose) parole ferme di François Hollande, che informa il mondo che la Francia aggredita sarà spietata, che reagirà con tutti i mezzi nel quadro del diritto, che è solida, attiva, vigile e trionferà: è la storia a confermarlo.
Ma la Francia è inclusa in un quadro più ampio di popoli e nazioni, la Francia è parte dell’Europa ed è qui la risposta, nell’unione dei quei popoli che oggi possano rispecchiarsi nello strazio dei fratelli e delle sorelle uccisi, perché la risposta sia politica, da una parte, e sociale dall’altra, perché vi sia inclusione e non esclusione, perché non si generalizzi, perché non trionfi l’arroganza dell’ignoranza.
In questa lotta dell’uomo sull’uomo, in virtù di non si capisce bene quale dio, resta un teatro, il Bataclan, pieno di persone ad ascoltare il concerto degli Eagles of Death Metal (il gruppo di Josh Homme, già fondatore dei Kyruss e dei Queen of the Stone Age, il 5 dicembre in concerto a Torino), dove in tanti sono stati ammazzati a uno a uno. Per favore, non usiamo le parole a casaccio, non sono stati giustiziati, sono stati assassinati, da chi ha preso ben bene la mira e ha avuto anche tempo di ricaricare.
Qui dunque la giornalista lascia il passo alla donna. Qui il mio ruolo di vicedirettrice fa luogo al mio essere umana. Nella mia chiosa il pensiero di stanotte, il mio precetto di oggi.”Se semini odio e terrore, io non raccolgo. Ma cerco i miei fratelli e le mie sorelle, perché tu, vile fra i vili, non abbia più la possibilità di ricaricare.
Je suis humaine et je suis triste”.
Elena Miglietti – vice direttrice ArtInMovimento Magazine
[Foto di Dario Chiadini]
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