Il tema delle coppie omosessuali ormai è sdoganato dai media e dall’opinione pubblica, ma tutt’altro che risolto. Al tema corrisponde ancora, il più delle volte, un “problema” a volte sottinteso ma assai più spesso manifesto. L’omosessualità, sia maschile che femminile, e i diritti delle coppie gay e lesbiche, sono ancora in Italia una questione aperta
Il tema delle coppie omosessuali ormai è sdoganato dai media e dall’opinione pubblica, ma tutt’altro che risolto. Al tema corrisponde ancora, il più delle volte, un “problema” a volte sottinteso ma assai più spesso manifesto. L’omosessualità, sia maschile che femminile, e i diritti delle coppie gay e lesbiche, sono ancora in Italia una questione aperta tutta da affrontare. Questione di diritti civili, secondo molti e secondo le istituzioni. Questione di cittadinanza, nel senso di uguaglianza, rispetto e non discriminazione in base all’orientamento sessuale.
Come in molti casi la “battaglia” per ottenere riconoscimento, per far conoscere una realtà e combattere stereotipi e pregiudizi, per raggiungere uguaglianza di trattamento da parte dello Stato, non ha una sola via. Uno dei modi possibili, ed è quello forse più in voga adesso, è quello di mostrare la normalità delle coppie omosessuali. Ci ha provato così Mariasole Tognazzi, sotto la buona stella del padre Ugo il quale, compatibilmente con la sensibilità del tempo, già lo fece ne “Il vizietto” nel lontano 1980. E così Io&Lei ha portato sul grande schermo una normalità ampiamente sconfinante oltre il limite del banale, con una storia che però ha molto di vero, di reale, di vivo. C’è il fatto che la comunità lgbt non è un corpo unico di persone accomunate dalle stesse esperienze, c’è il fatto che la vita affettiva segue percorsi molto spesso inattesi, e che l’orientamento sessuale (omosessuale, bisessuale o eterosessuale non importa) non è – come alcuni sostengono – una scelta. Caso mai è una scelta quella di vivere, di viversi, senza giudicare se stessi in base alle convenzioni sociali. Accanto a una bella Sabrina Ferilli, che gioca la parte della lesbica convinta e dichiarata senza paura, troviamo una Margherita Buy che recita il suo personaggio di sempre, insicura fino a essere irritante eppure vera nelle sue insicurezze, umorale, in balia dei sentimenti anche se ancora non padrona di essi e delle conseguenze del loro manifestarsi.
Gli uomini sono un contorno in questo film, forse troppo, nel senso che sono tratteggiati in modo un po’ caricaturale. Ennio Fantastichini nei panni dell’ex marito di Margherita Buy (Federica), che cerca ancora il contatto con l’ex moglie ma è incapace di affrontare il fatto che lei stia con un’altra donna. Il collega di Federica che le fa la corte finché non scopre che sta con con Marina (Ferilli) e poi se ne scusa in ogni modo. Il vecchio amico (Fausto Maria Sciarappa alias Marco) che torna a risvegliare i dubbi di Federica sulla propria “identità” o forse solo semplicemente a smuovere un equilibrio di coppia ormai noioso, in cui la mancanza di coraggio impedisce il volo davvero libero in una scelta di vita piena. Lui però riesce a risultare ancora più noioso (il maschio stereotipato, attraente ma con poco fascino, un fuoco fatuo insomma), riportando il punto della riflessione su che cosa sia la “normalità” e se essa, così come siamo portati a intenderla per convenzione sociale o culturale, sia garanzia o sinonimo di felicità. La risposta ovviamente è “no”, ma non è il “no” delle storie romanzate, “da film” appunto, quelle che ti fanno sognare ma poi sui titoli di coda già pensi che tanto era solo un film. La risposta è data dalle due donne della porta accanto, o quasi. Il migliore tra gli uomini di Io&Lei è il figlio di Federica (Bernardo, interpretato da Domenico Diele), che la sostiene nel momento di crisi con Marina e le mostra candidamente il fatto che lei è e resta sua madre, qualunque sia il sesso della persona che lei adesso ama. Bello, semplice. Lontano dai mille dubbi di Federica e dagli stereotipi, dalle immagini artefatte di una felicità “socialmente accettabile”. Claudio Rossi Marcelli su Internazionale ha criticato il film per non avere al suo interno la componente del sesso, che dovrebbe essere parte di quella normalità di coppia che si intende raccontare. Ecco, sì, in questo si poteva osare di più, chiedere di più a due attrici comunque brave a mettersi in gioco, ma a mio parere va bene anche così. L’intimità si riesce ad intuire, ed è sufficiente. In fin dei conti è un dettaglio che non conosciamo mai della vita degli altri, ma nemmeno ci serve. La normalità della vita è fatta soprattutto di relazioni sociali, e nella cornice di quelle relazioni la regista ha disegnato un’immagine che ha l’intento di spiazzare coloro i quali vorrebbero continuare a vedere nelle unioni gay e lesbiche l’anormalità, la deviazione da un ordine naturale, una minaccia alla “famiglia tradizionale”, il pericolo per l’equilibrio sociale e per il (loro) quieto vivere.
Chiara Trompetto
[Fonti delle immagini: ioeleifilm.il, youtube.com, cameralook.it]
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *