Presso la splendida cornice del Palatium Romano di Quote San Francesco, immersa nella natura del Parco Archeologico Urbano di Portigliola, un inizio bomba per l’edizione 2024 del Festival del Teatro Classico Tra Mito e Storia con Shake in Comedy scritto e diretto da Leonardo Buttaroni. Nonostante la dominante essenzialità scenica e col solo ricorso a tre attori e a
Presso la splendida cornice del Palatium Romano di Quote San Francesco, immersa nella natura del Parco Archeologico Urbano di Portigliola, un inizio bomba per l’edizione 2024 del Festival del Teatro Classico Tra Mito e Storia con Shake in Comedy scritto e diretto da Leonardo Buttaroni. Nonostante la dominante essenzialità scenica e col solo ricorso a tre attori e a qualche semplice costume di recupero buffo (con calzini in filo di Scozia come segno distintivo), o a qualche parrucca sicuramente non di particolare manifattura, lo spettacolo si è saputo reggere in modo impeccabile, con una cura maniacale rispetto alle interazioni e i battibecchi tra i soggetti e con un ritmo veramente coinvolgente. Il palcoscenico sembrava tutto perennemente occupato, anche quando in scena c’era un solo personaggio: il lavoro registico è stato così approfondito rispetto alla caratterizzazione dei singoli attori che sempre tutto arrivava pienamente a tutti. Dietro quell’apparente goffaggine, quelle improvvise amnesie del copione e quelle manifestazioni a volte isteriche ed esacerbate e a volte infantili, capricciose e scanzonate, si è distinta con chiarezza una competenza attoriale che il regista ha saputo cavalcare e valorizzare.
La rilettura di Buttaroni dei classici di William Shakespeare è comico-grottesca, ma soprattutto creativa, originale, con guizzi geniali. E mentre si citano parti originali dei grandi classici del Bardo dell’Avon, se ne introducono parafrasi personali, libere interpretazioni di idee, conclusioni non propriamente accademiche, improvvisazioni gergali, dagli accenti squisitamente romani, in una miscela esilarante e coinvolgente. Era da tanto che non vedevamo così partecipe e divertito il pubblico che godeva nel vedere come gli attori stessero veramente “passandosela” bene. Buono il ricorso alla luci che danno profondità alla scena, sagace il ricorrere alla musica come quarto attore e non solo come sottofondo delle azioni, e intelligente la citazione a elementi del territorio (Amore del capo, il sindaco Rocco Luglio, Lamezia Terme, Roccella Ionica, Locri…) che hanno avvicinato ulteriormente gli spettatori allo spettacolo.
E abbiamo assistito alla presentazione della vita e delle opere di Shakespeare, mescolando errori a verità storiche, a cui è seguita una cavalcata folle di novanta minuti, ben scanditi, attraverso i capolavori del drammaturgo di Stratford-upon-Avon, approfondendo la storia di un Romeo buffo e di una Giulietta improbabile (Romeo e Giulietta) che si trovano a ballare sulle note di The Time Of My Life; citando Giulio Cesare, Tito Andronico, Enrico IV e Cleopatra; facendo riferimento trasversale al Macbeth, visto il fatto che si dice che da sempre porti sfortuna e che comunque ha scatenato una serie di imprevisti esilaranti; accennando Troilo e Cressida; presentando Otello in chiave musical, con brani di Claudio Baglioni e dei Queen, fino a ritmi rap; e ricorrendo ad Amleto per offrire una struttura circolare alla pièce, iniziando col teschio, rappresentativo del nonno di uno degli attori, e concludendo proprio con la riproposizione del dramma shakespeariano per eccellenza, il cui finale è stato reso ben tre volte (il primo normale, il secondo accelerato e il terzo al contrario, in una sorta di simpatico rewind).
Alessandro Bevilacqua, Christian Galizia e Matteo Cirillo (che ha preparato la parte in soli dieci giorni, sostituendo il collega Ermenegildo Marciante, impegnato in un’altra produzione) sono stati superlativi. Il loro affiatamento e la loro complicità era tangibile e il condiviso humus romano li rendeva un gruppo di amici che si metteva in gioco e realizzava uno spettacolo con quanto era in loro possesso e mosso dalla divina fiamma dell’arte. Tutti si sono distinti per una magistrale verve scenica, per una naturale capacità trasformista rapida, per un controllo professionale del proprio strumento vocale, per una certa intensità drammatica e per una vis comica che ha conquistato. Splendido il momento di rottura definitiva della quarta parete, leitmotiv della pièce di Buttaroni, orientata a un’interazione continua col pubblico, caratterizzato dall’entrata in scena di tre spettatori, con un Nando, nei panni dello zio di Amleto, veramente meraviglioso.
Uno spettacolo collage unico, frizzante, dinamico, ben orchestrato, ben strutturato e ben interpretato che consigliamo di vedere e rivedere e che dovrebbe rientrare nella programmazione di ogni scuola secondaria di primo e secondo grado, data l’originalità e la naturale capacità di incuriosire e appassionare che lo contraddistinguono.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Annunziato Gentiluomo]
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