Elena Giannessi, nome d’arte Marikele, è un’artista eclettica e talentuosa. Pittrice, ceramista, insegnante di yoga e operatrice reiki , le sue opere non passano di certo inosservate per la carica di energia, cromatismo, gestualità, creatività e spiritualità che trasmettono all’osservatore anche meno esperto. Dal 2001 ha partecipato a numerose mostre collettive, fra cui ricordiamo nel
Elena Giannessi, nome d’arte Marikele, è un’artista eclettica e talentuosa. Pittrice, ceramista, insegnante di yoga e operatrice reiki , le sue opere non passano di certo inosservate per la carica di energia, cromatismo, gestualità, creatività e spiritualità che trasmettono all’osservatore anche meno esperto. Dal 2001 ha partecipato a numerose mostre collettive, fra cui ricordiamo nel 2002 la IV Biennale Internazionale di Roma (diploma di merito); nel 2004 il II° Trofeo di Capodanno, Beinasco (1° premio pittura su ceramica), il II° Oscar degli artisti “Leonardo d’oro”, Orbassano (1° premio pittura e acquerello) e il V° “Anita Sham Kambli” presso l’ Associazione Diogene di Collegno (2° premio pittura su ceramica); nel 2005 il III° Trofeo di Capodanno, Beinasco (attestato di segnalazione); nel 2006 il IV° Oscar degli artisti “Leonardo da Vinci”, Orbassao-Vinovo (1° premio per la sintesi); nel 2007 il V° Oscar degli artisti “Leonardo da Vinci”, Orbassano (premio “Oscar” per pittura moderna), il VII° concorso di pittura Olivetta S.M. (premio speciale della giuria) e il V° Trofeo di Capodanno, Beinasco (1° premio pittura informale); nel 2008 il VI° Trofeo di Capodanno, Beinasco (3° premio). Dal 2002 ha esposto in mostre personali al “Royal Play Cafè di Torino, alla Galleria Bianca Maria Rizzi di Milano, al Centro Studi IDM a Torino, a Cerreto Laziale presso Roma e al Pickwick Caffè Letterario di Chieri. Recentemente ho avuto il piacere di intervistarla e ora con altrettanta gioia desidero raccontarvi la sua storia, attraverso le sue parole, un racconto autobiografico che svela particolari curiosi e affascinanti del suo variegato percorso artistico. Una grande donna, che ha affrontato una vita complessa, una personalità forte, impegnata e determinata nel trasmettere i propri valori artistici, umani e etici attraverso la sua arte. Ascoltatela, e dalle sue parole imparerete a conoscerla e ad apprezzarne il fascino.
Quando hai capito che la tua vita doveva essere dedicata all’arte? Il mio sentire è sempre stato molto creativo, fin da bambina nei miei giochi: disegnavo, cantavo, ballavo e inscenavo piccoli spettacoli. Devo dire che mi è sempre piaciuto tutto ciò che è legato all’arte, su più livelli. Inizialmente volevo intraprendere il percorso della moda, ma alla fine, per varie ragioni, ho optato per il liceo artistico. Per quanto posso ricordare, la mia parte più istintiva mi ha sempre spinta verso tutto ciò che è creativo.
In che modo la tua vita e il tuo passato hanno influenzato positivamente il tuo modo di fare arte? In realtà tutto ciò che ho vissuto in negativo e sofferto nel corso della mia vita ha stimolato in me la creatività, come e forse più delle esperienze positive. L’arte in molti momenti è stata per me una cura, un antidoto al dolore. Ho abbandonato il disegno dopo il liceo quando mi sono sposata ed ho ripreso i pennelli alla morte della mia prima figlia. Dipingere mi ha letteralmente riportato alla vita.
Raccontami il senso della tua ricerca pittorica. La mia ricerca inizialmente è stata molto pratica, orientata verso la capacità di gestire materiali e tecniche diverse. Ricordo specialmente la pittura su ceramica, che mi ha avvicinata alla persona che mi ha insegnato molto di quest’arte che richiede grande attenzione e cura per il particolare. All’inizio mi sono orientata verso il realismo, che ho comunque sempre cercato di avvolgere in sfumature surreali, mediate da diversi materiali, per sfuggire a schemi rigidi e far spaziare l’osservatore tra vari livelli percettivi. Poi, come spesso accade, a questa prima fase ne è seguita un’altra frutto di un periodo di forte trasformazione e cambiamento nella mia vita privata e famigliare. Allora ho incominciato un cammino di ricerca spirituale e crescita personale che ha liberato in me un’energia più profonda. Dopo l’iniziazione del secondo livello di Reiki ha incominciato ad emergere una pittura più istintiva, sottile, libera e metafisica.
E ora raccontami il senso della tua ricerca concettuale. Nella prima fase dipingevo i colori della vita, lì dove nel mio immaginario essa esplodeva nelle sue forme più pure ed originali: l’Africa dei Masai e degli elefanti, le foreste pluviali. La seconda fase invece è stata caratterizzata dalla ricerca dei colori dell’energia vitale, che ci accompagna e ci nutre ma tende ad essere sfuggente alle percezioni sensoriali.
Elena, cos’è per te l’ispirazione? Direi che è una connessione con una parte più profonda del mio sentire, ma non solo questo. L’ispirazione è la pioggia che cade in uno specchio d’acqua, i riflessi di un’idea, attimi inaspettati di unione con ciò che mi circonda.
Quali sono tre punti di riferimento nella storia dell’arte, tre artisti di ere diverse che hanno influenzato la tua visione artistica? Tre artisti da sempre colpiscono il mio immaginario: Klimt, Lempicka e Van Gogh.
Tecnica e pensiero: come convivono nel tuo lavoro e nel tuo essere? Cerco di farli incontrare con armonia, anche se devo dire che la mia natura mi porta istintivamente verso il sentire più che verso il pensiero.
Come definiresti il tuo lavoro al di là di qualsiasi definizione già attribuita? Intanto mi riesce veramente difficile “definire” il mio lavoro, perché lo vedo come una continua evoluzione e un continuo divenire. Non credo di essere innovativa. Ciò che posso dirti con certezza è che il filo conduttore di tutta la mia opera è comunque sempre stata l’intensità, la magia e la potenza del colore.
Se ti chiedo di definirti come artista cosa immagini? Semplicemente non mi definisco. Mi piace di più immaginarmi come la “Maga dei Colori”, visto che i colori hanno una così grande rilevanza nella mia vita.
Cosa rappresenta per te l’arte? L’arte è un dialogo profondo tra il mio essere e ciò che mi circonda. È stata l’ancora di salvezza nei momenti più difficili della mia vita. Una comunicazione silenziosa con il Divino, preghiera e meditazione al tempo stesso.
Guardando alla tua produzione artistica, quali sono i generi e i modi espressivi che preferisci? Non saprei collocarmi in un genere. Una parte della mia produzione fa sicuramente riferimento alla natura e ad immagini tropicali ed africane. Nella pittura su ceramica i riferimenti sono invece più classici e floreali. L’ultima mia produzione è decisamente astratta. Il colore è però sempre il filo conduttore del mio lavoro. Ciò che mi appaga di più è trasportare l’energia dei colori nei materiali più disparati, divenendo in alcuni casi l’elemento dominante se non addirittura l’unico.
Cosa raccontano le tue opere? Quali sono i tuoi messaggi? In realtà mi piacerebbe chiedere a te cosa vedi nei miei quadri, cosa ti trasmettono. È importante per l’artista sapere cosa veicola l’opera dell’energia che l’ha prodotta. Ovviamente il messaggio non è unico. Ad esempio nel quadro del Masai è la potenza primordiale del colore, che pur nella semplicità del contesto tribale africano esplode con vitalità e forza comunicativa. Nell’opera dell’elefante con una sola zanna il messaggio è invece la bellezza e l’imponenza della natura. In quello regalato all’ospedale di Rivoli, intitolato “Al di là del sogno”, il cuore dell’opera è ovviamente la trasformazione: un cammino che si dipana dal buio delle difficoltà alla luce e all’armonia dei colori, un dialogo interiore maturato in momenti di solitudine e rinascita.
Come si collocano le tue opere tra realtà e illusione? Nella mia fase – diciamo – realista, il mondo è per me oggetto di studio ed osservazione e gioco con composizioni, colori ed immagini che cerco di amalgamare con un pizzico di “magia”. Nelle opere più metafisiche, invece, uso il colore in maniera più libera ed astratta, lasciando l’interpretazione all’energia del movimento e alla fusione dei colori che danno vita a forme sempre diverse, talvolta unite ad elementi della realtà.
Ora immaginiamo di entrare nel tuo studio di artista e vederti all’opera. Quali materiali o tecniche utilizzi mentre dipingi? Utilizzo vari materiali, spesso combinandoli con tecniche diverse: ad esempio porcellana dipinta e applicata su legno dipinto, oppure pittura ad olio e acrilico su tela e tessuto. Mi piace che i miei lavori possano essere percepiti anche a livello tattile in modi differenti e quindi faccio giocare tra loro materiali e supporti con creatività e fantasia.
Quali sono gli strumenti di lavoro per te indispensabili? Sicuramente colori e musica sono i due ingredienti per me indispensabili.
In un mondo senza limiti che tipo di opera realizzeresti? Immagino una rappresentazione scenografica dell’energia vitale attraverso i colori e la musica. È un progetto a cui sto iniziando a pensare e di cui al momento preferisco però non parlare.
Cosa ne pensi della collaborazione tra artisti nel mondo dell’arte? Ipotizzando una collaborazione, con quale tipologia di artista ti piacerebbe collaborare e perché? Penso che sia una cosa importante e speciale. Anzi, la definirei quasi una magia di elementi che si possono fondere insieme dando vita ad esperienze uniche e addirittura cinestesiche. Come ho accennato prima, mi piacerebbe molto collaborare con artisti di altre discipline, in particolare con un musicista.
Quali sono le tue considerazioni in merito all’arte contemporanea in Italia? L’offerta artistica oggi è estremamente vasta e variegata. Purtroppo a tanta abbondanza non sempre corrisponde altrettanta qualità. Riguardo alle opere di artisti di altre epoche si poteva forse questionare sui soggetti o sui messaggi, ma mai sulla tecnica o sulla maestria nell’arte. Oggi invece l’ansia di destrutturare e decontestualizzare la realtà, per far emergere significati nuovi o nascosti, spesso si spinge così oltre da togliere all’opera qualunque traccia di tecnica. Ormai ho visto sedie declinate in ogni tipo di ambientazione con la pretesa d’essere opere d’arte. A volte invece è il ricorso allo shock emotivo o percettivo come espediente comunicativo a sostituire, se non proprio abolire completamente, la tecnica artistica. Per dirla alla Oscar Wilde, meglio che se ne parli male piuttosto che non se ne parli affatto. Ecco, su questo non sono proprio d’accordo. Trovo invece estremamente interessante la street-art, quella vera. Onestamente non conosco esponenti di questa corrente espressiva, per altro non semplice, dati i mezzi e gli strumenti di lavoro, ma penso che tra loro ci siano molti bravi artisti. Girando per la città mi capita spesso d’imbattermi in angoli letteralmente affrescati con piccoli capolavori, che magari passano inosservati ai più.
Quale credi sia il ruolo dell’artista contemporaneo? Direi che il suo ruolo dovrebbe essere quello di comunicare a diversi livelli e con diversi strumenti. Accompagnare le persone in uno spazio meno conosciuto, al di là della superficie del quotidiano, oltre le apparenze della forma, arrivando alla fine in uno spazio un po’ più mistico. E magari portarle anche a fare esperienza di questo nuovo spazio interiore.
Ti ritieni un artista “contemporanea”? Sì, devo dire che mi riconosco nella descrizione che ti ho appena dato. Quanto meno ci sto provando.
Qual è il tuo punto di vista sulle forme d’arte diverse dalla pittura? Provi a raccontarmi cosa di queste ti affascina e cosa non apprezzi? La danza è probabilmente l’arte che più apprezzo, oltre ovviamente alla pittura. Di essa mi affascina la possibilità di esprimere emozioni attraverso il corpo ed il movimento; essa è relazione con se stessi, lo spazio e gli altri. È espressione di forza, energia, bellezza, nello spazio ma anche nel tempo, nel ritmo, nelle pause. È davvero un’arte “totale”. Ciò che invece non apprezzo, al di là del tipo di forma artistica, è l’espressione priva di maestrìa, di competenza tecnica, di conoscenza di materiali e strumenti. La comunicazione, per poter essere arte, deve scaturire dal dominio del mezzo espressivo.
Le tue opere sono fortemente “spirituali”. Qual è il tuo rapporto con la spiritualità e come la fai vivere nella tua arte? Direi che la spiritualità è stata sempre presente nella mia vita e mi accompagna nella quotidianità. Spiritualità è per me vivere ogni cosa con attenzione particolare, andare oltre l’apparenza, trovare la connessione con tutto quello che ci circonda. In funzione del mio sentire, cerco poi di mettere in forme e colori ciò che percepisco, le energie sottili, la “magia” delle cose.
Definiresti la tua arte “esoterica”? Per quale motivo? Quali sono gli elementi pittorici e artistici che, a tuo parere, la rendono tale? Non definirei la mia arte “esoterica”, per pochi. Anche le mie opere più astratte, con poche eccezioni forse, non contengono molti simboli e ritengo siano facilmente interpretabili. Vorrei che i miei quadri fossero veicoli di buona energia e buone emozioni, più che contenitori di misteriosi messaggi.
Qual è la serie pittorica che ti ha dato maggiori soddisfazioni? Fra le numerose opere che hai creato, ce n’è una in particolare a cui ti senti legata? Mi sai spiegare perchè? Non ho dipinto delle serie in senso stretto e se alcuni quadri possono essere considerati tali non è stato per una scelta premeditata. Tra le mie opere ne voglio ricordare una che mi è particolarmente cara: il giovane Masai. Quello è infatti il quadro che, in un certo senso, mi ha riportato alla vita, ha riacceso in me la luce di speranza. È il quadro che segna un nuovo inizio, è il disegno grazie al quale mi sono riavvicinata all’arte uscendo dalla terribile prostrazione dovuta alla perdita di mia figlia.
La tua arte vive di forme e colori accesi che hai saputo con grande raffinatezza trasportare in capi di abbigliamento e foulard creando prodotti unici. Come è nata l’idea? L’informazione non è proprio esatta, anche se la creazione di abiti e foulard con i miei colori ed i miei dipinti è un altro progetto a cui sto effettivamente pensando. Alcuni anni fa ho però lavorato per un certo periodo come art-designer in un’industria tessile, creando disegni e fantasie per ricami e stampe su tessuti. L’esperienza nacque in un modo quasi “casuale”, ma ebbe dei risvolti interessanti e stimolanti. Mi sarebbe piaciuto continuare ed estendere la collaborazione, ma allora non fu possibile.
Se ora dovessi tracciare in breve la tua biografia, cosa metteresti in risalto e reputeresti più significativo come esperienza determinante nel tuo percorso e nella tua evoluzione artistica? Sono nata a Torino il 30 gennaio 1970 da una coppia di genitori con grandi difficoltà personali. Dopo un anno la nonna paterna decise di intervenire e fui affidata ad una copia di zii: da quel momento in poi saranno loro la mia famiglia. All’età di cinque anni un’influenza virale mi causò una disfunzione cardiaca che in seguito mi ha precluso la danza ed ogni altra attività sportiva. Allora era la prassi, ma oggi sarebbe forse considerata una misura eccessiva. Ho sofferto parecchio questo divieto e ci sono voluti diversi anni perché potessi vivere il mio riscatto, fisico e personale, con la pratica dei balli caraibici e la partecipazione a gare di ballo. Ma questa è un’altra storia. Durante le (allora) scuole elementari e medie all’Istituto Maffei di Torino ebbi modo di sperimentare musica e spettacolo, ma è stato il disegno a diventare presto un amico fedele che mi ha accompagnata fino al Primo Liceo Artistico della città, dove mi sono diplomata nel 1989. A questo punto ha prevalso il desiderio di una famiglia mia e così mi sono sposata di lì a poco, finendo ben presto con l’accantonare l’arte per dedicarmi a cose – diciamo – più pratiche. Trascorsi quattro anni la mia vita piombò di nuovo in un abisso buio e profondo con la morte, durante il parto, della mia prima bimba. Mi ci volle un anno perché una matita ed il ritratto di un ragazzo Masai mi riconducessero alla vita, nel qui ed ora. Elena diventò così Marikele, lo pseudonimo con cui firmo le mie opere che è poi l’unione del mio nome e di quello di mia figlia Marika. Successivamente l’incontro con Luisa Daffonchio, pittrice e ceramista, fu un nuovo stimolo ed una nuova occasione di crescita tecnica e personale. Incoraggiata, mi inserii in gruppi artistici ed associazioni culturali ed iniziai a partecipare a mostre ed eventi dal 2001 al 2009. Nel frattempo, nel 2000, mi allontanai dalla vita matrimoniale, ormai entrata in crisi, insieme alla mia seconda figlia Lisa, nata nel 1995. Iniziarono così anni caratterizzati da tante difficoltà ma anche grandi conquiste. Nel 2002 in particolare voglio ricordare la IV^ Biennale Internazionale di Roma, dove mi guadagnai un diploma di merito. Dal 2003 in poi mi dedicai invece a percorsi di crescita personale ed ottenni anche il 2° livello di Reiki. È grazie a questa svolta che negli anni successivi scoprii nel colore, a me così caro, anche il suo potere terapeutico, poi approfondito con il metodo AuraSoma®. Dal 2014 al 2017 infine, concentrai la mia attenzione sulle discipline olistiche frequentando la scuola Y.E.S. (Yoga Eco School) di Collegno, dove l’anno scorso mi diplomai come facilitatrice olistica ed istruttrice di Hata Vinyasa Yoga.
Ti ringrazio Elena per averci portata nella tua affascinante storia artistica. Vorrei farti un’ultima domanda: qual è il tuo obiettivo artistico oggi? Sicuramente la sintesi di tutte le mie esperienze, sia in ambito artistico che olistico, nell’unione funzionale ed applicata di arte e terapia. Questo traguardo si sta in parte realizzando con il progetto ColorEnergizziamo, uno spazio al momento virtuale rappresentato dal sito www.colorenergizziamo.it ora in fase di adeguamento alle nuove normative europee.
Marikele, una grande artista veramente, che ci inebria con i suoi colori, che ci culla nelle sue forme “danzanti” e che ci trasporta nei suoi sogni. Un’artista che non si ferma alla tela, ma va oltre, sperimenta in continuazione per trovare nuove forme espressive, nuovi materiali, nuove tecniche. E che continuerà a sorprenderci.
Odette Alloati
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