La Stagione d’Opera 2017/2018 del Teatro Municipale di Piacenza ha messo in scena venerdì 2 febbraio alle 20.30 e domenica 4 febbraio alle 15.30 Il Trittico di Giacomo Puccini, capolavoro costituito dai tre atti unici Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, in occasione del centenario dalla prima rappresentazione, avvenuta il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di
La Stagione d’Opera 2017/2018 del Teatro Municipale di Piacenza ha messo in scena venerdì 2 febbraio alle 20.30 e domenica 4 febbraio alle 15.30 Il Trittico di Giacomo Puccini, capolavoro costituito dai tre atti unici Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, in occasione del centenario dalla prima rappresentazione, avvenuta il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York. L’idea d’un Trittico operistico Puccini la ebbe già nel 1905, ossia appena dopo aver terminato Madama Butterfly (1904), pensando forse a tre episodi d’ispirazione dantesca, ma il progetto venne accantonato a causa della composizione de La Fanciulla del West (1910) e si tornò a parlare del Trittico solo nel 1913, quando si paventava una collaborazione con Gabriele D’Annunzio, poi sfumata a causa dell’esosità di D’Annunzio come librettista. L’occasione propizia si presenta anni dopo, proprio grazie al Tabarro: Puccini venne catturato dalle tinte cupe di questo dramma – ridotto a libretto da Giuseppe Adami – e dalla sua ambientazione parigina. Si tratta di un dramma molto corto, circa trenta minuti di musica come tutti gli altri elementi del Trittico, e quindi sarebbe stato necessario “accorparlo” a qualche altra opera; proprio in virtù di questo il librettista Giovacchino Forzano suggerì di utilizzarlo come primo pannello per un Trittico operistico. Forzano era stato contattato da Puccini affinché riscrivesse il libretto del Tabarro; questi rifiutò spiegando che non era solito lavorare su libretti già scritti da altri, ma si offrì di scrivere i soggetti e i libretti per gli altri due pannelli, seguendo l’indicazione di Puccini che ognuna delle tre opere appartenesse a generi differenti dalle altre; più precisamente esigeva un’opera verista (Il Tabarro, giustappunto), una lirica-drammatica e una comica. Al momento della richiesta, Forzano in realtà aveva già un libretto per il soggetto lirico, una piccola storia ambientata tra le mura di un convento, e le sue protagoniste erano delle monache, intitolato Suor Angelica. Probabilmente è anche a causa di questo particolare libretto che oggi possiamo ascoltare quella piccola meraviglia che è il Trittico pucciniano, perché è assai probabile che la fantasia di Puccini sia stata accesa dal fatto che lui aveva una sorella, Iginia, che col nome di suor Maria Enrichetta viveva nel monastero di Vicopelago delle Agostiniane, di cui Iginia è stata camerlenga e badessa. Tra l’altro, fu proprio in questo monastero che ebbe luogo la prima esecuzione di Suor Angelica, infatti Puccini si recò spesso in visita al monastero di Vicopelago per trarne ispirazione e in un’occasione, presente la sorella, narrò la trama suonò l’opera all’armonium del monastero mentre le monache ascoltavano dietro alle grate della clausura. Dopo l’approvazione da parte del Maestro, Forzano iniziò a lavorare alla versificazione definitiva di Suor Angelica mentre Puccini continuava la sua ricerca di un soggetto comico, ma quando fece ritorno dal librettista gli disse mestamente: «Forzano, io vengo a mani vuote». Anche in questo caso Forzano aveva la soluzione in tasca: temendo che potesse rivolgersi a qualche altro librettista, aveva già approntato una soluzione e propose l’episodio dantesco di Gianni Schicchi, estratto dal XXX canto dell’Inferno. Mentre Dante racconta la storia di Schicchi, colui che «sostenne,/per guadagnar la donna de la torma,/falsificare in sé Buoso Donati,/testando e dando al testamento norma», in toni davvero sulfurei, ammantati di una terribile cupezza, Forzano pone in luce tutto l’aspetto comico e grottesco della vicenda. La Fondazione Teatri di Piacenza dedica Il Trittico alla memoria di Simonetta Puccini, scomparsa lo scorso dicembre. La nipote del grande compositore, custode devota del ricordo del nonno e dei luoghi da lui amati, seguiva con interesse la programmazione del Teatro Municipale (l’ultima volta era stata a Piacenza in occasione di Madama Butterfly nell’aprile 2016) e non avrebbe perso l’occasione di assistere anche alla prima del Trittico. L’opera è stata diretta da Aldo Sisillo, alla guida dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna e del Coro del Teatro Comunale di Modena preparato da Stefano Colò. Lo spettacolo ha ripreso l’allestimento di grande successo del 2007 firmato dalla regista Cristina Pezzoli, pubblicato e messo in commercio in DVD da TDK/Rai Trade. Il nutrito cast includeva nomi di assoluto prestigio internazionale: nel ruolo di Michele (Il Tabarro) e di Gianni Schicchi il baritono Ambrogio Maestri, uno dei più acclmati baritoni della scena internazionle, particolarmente amato dal pubblico di Piacenza, ospite regolare del Teatro alla Scala, de l’Opéra National de Paris, dell’Opernhaus di Zurigo, del Festival di Salisburgo e del Metropolitan di New York. Il ruolo principale di Suor Angelica e di Giorgetta nel Tabarro è stato interpretato dal soprano Anna Pirozzi, uno dei più acclamati sulla scena internazionale palcoscenici, recente ospite al Teatro alla Scala di Milano, al Covent Garden di Londra e al Teatro Real di Madrid. Il tenore di grande temperamento Rubens Pelizzari sarà Luigi e la piacentina d’adozione Anna Maria Chiuri, mezzosoprano tra i più apprezzati,sarà impegnata nei tre ruoli de La Frugola, Zia Principessa e Zita; il tenore Marco Ciaponi, uno dei giovani talenti cresciuti nell’ambito dell’Opera Laboratorio del Teatro Municipale di Piacenza, vestirà i panni del Tinca e di Rinuccio. La produzione unisce le forze di quattro Teatri: Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. L’idea di un’opera costituita da tre atti unici fu di Puccini e, sebbene non avesse precedenti, assecondava un costume che aveva già dato vita ad alcuni capolavori della scuola verista italiana, come Cavalleria Rusticana eI pagliacci, ed era diffuso nell’avanguardia europea. Il Trittico debuttò in America a guerra appena finita anche se Puccini non poté assistervi per il pericolo di mine inesplose che impedivano di attraversare l’Atlantico. La prima italiana si tenne a Roma nel gennaio del 1919, poi il titolo conobbe diversi allestimenti di prestigio negli anni successivi, a Londra, Buenos Aires, Vienna, Torino e Bologna. L’ultima ripresa importante ebbe luogo alla Scala nel gennaio del ’22, dopo di che l’opera assecondò la tendenza a smembrarsi nei tre singoli episodi che incontrarono diversi gradi di popolarità, con Gianni Schicchi in testa. I tre episodi dell’opera sono profondamente diversi l’uno dall’altro: un fosco delitto passionale sulle rive della Senna (Il tabarro), la colpa e la disperazione di una suora in un convento di clausura (Suor Angelica), la comicità irresistibile di una truffa nella Firenze medioevale (Gianni Schicchi). L’intera scena del Tabarro si svolge sulla chiatta di Michele, un barcone da carico dove gli scaricatori hanno terminato il loro lavoro. Giorgetta, sua giovane moglie, ama segretamente Luigi, uno degli operai, e lo attende come ogni sera. Michele sorprende Luigi sul ponte della barca mentre cerca di incontrare la moglie, lo uccide e lo nasconde sotto il tabarro prima di mostrarlo crudelmente alla moglie. Figlia di una famiglia aristocratica, Suor Angelica sconta in un convento di clausura il peccato di aver messo al mondo un figlio illegittimo. Dopo sette anni di sofferenze e di speranze, Angelica apprende la notizia della morte del figlio, e distilla un veleno con cui trova la morte. Nell’ultimo episodio invece, tratto dalla Divina Commedia, la famiglia di Buoso Donati interrompe bruscamente la veglia funebre quando scopre che il parente appena deceduto ha lasciato tutti i suoi beni in eredità ai frati. Chiamato in soccorso, lo scaltro Gianni Schicchi si finge Buoso ancora in fin di vita per dettare un nuovo testamento all’ignaro notaio. L’ambiente verista è reso con grande maestria attraverso una scenografia essenziale ma sempre pertinente, costumi con i profumi dell’epoca, scenografie perfettamente integrate nel racconto, movimenti di scena e cambi di ambientazioni a sipario aperto molto naturali e sincroni, giochi di luci e effetti cromatici appositamente studiati per mettere in risalto emozioni e creare pathos così da coinvolgere lo spettatore e renderlo intensamente partecipe della vicenda narrata.
Odette Alloati
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