Le luci si spengono al Teatro Ponchielli di Cremona e la scena è del maestro Marcello Mottadelli. All’ingresso del direttore si percepisce un’energia particolare, come se stesse sfidando se stesso. È impetuoso come un fiume in tempesta. È preciso come un grande schermidore pronto a sferrare l’estremo colpo. Ha inizio l’ouverture del Nabucco di Verdi.
Le luci si spengono al Teatro Ponchielli di Cremona e la scena è del maestro Marcello Mottadelli. All’ingresso del direttore si percepisce un’energia particolare, come se stesse sfidando se stesso. È impetuoso come un fiume in tempesta. È preciso come un grande schermidore pronto a sferrare l’estremo colpo. Ha inizio l’ouverture del Nabucco di Verdi. Vivace, regale, piena, precisa, trionfale. Rapisce i presenti, li ipnotizza, facendo presagire grandi cose per lo spettacolo appena iniziato.
Si apre il sipario… I quattro atti seguono inesorabili con rapidi cambi scena, come rapidi sono i movimenti della bacchetta del M. Mottadelli. Una scenografia intimista, mura contenitive dove emerge la complessa psicologia dei personaggi di questo colosso verdiano.
Tiziana Caruso si misura col ruolo di Abigaille, dall’impervia partitura, che il soprano catanese riesce ad interpretare con maestria. Si muove come una leonessa in scena, si impone, domina il palco scenicamente e vocalmente, quasi oscura gli altri seguendo il movimento ritmico vivace del direttore. È l’unica che vi riesce pienamente, è la sola in perfetta sinergia con la complessa architettura musicale dell’opera verdiana reinterpretata da Mottadelli. È un’esplosione di emozionalità e pathos. Il suo corpo si modella e segue plasticamente l’evoluzione del personaggio. Anche il viola dei suoi costumi supporta la parte in una perfetta chiusura del cerchio.
Ottima la performance dell’orchestra I pomeriggi musicali e suggestivo il Coro del Circuito Lirico Lombardo, diretto dal maestro Antonio Greco, che ha pienamente meritato la richiesta del bis da parte del pubblico per il Va’ pensiero con cui si apre l’ultima scena. Un degno riconoscimento per l’importante contributo all’eccellente resa dello spettacolo. Il bis concesso, consapevole, pregno di sentimento e riconoscenza per questo atto non scontato del pubblico, galvanizza il coro che trascina con estrema eleganza i presenti in una realtà altra, introspettiva, onirica, aiutato dalle candele accese che ciascuno aveva tra le mani.
Il fuoco… un elemento presentissimo nella messa in scena di Andrea Cigni. Le candele accese, un braciere che arde e in cui Abigaille brucia il documento che riportava le sue origini di schiava, le fiamme sul palco con cui si conclude il primo atto, e il fulmine, reso da una folgore/bomba, che si scaraventa su Nabucco. Fuoco che evoca movimento, trasformazione, dialogicità tra opposti, tra Fenena e Abigaille per il ruolo di figlia e di amante, tra Nabucco e Abigaille nei ruoli di padre e figlia e in quello di regnanti, tra il monoteismo ebreo e il politeismo di Belo, tra divino e umano.
Tutti aspetti considerati nella regia di Andrea Cigni che riesce pienamente nel suo intento di raccontare le storie che si intrecciano in quest’opera, seguendo uno sviluppo multipolare. In questo racconto ha bisogno di far sì che anche lo spettatore venga chiamato in causa, attraverso un esercizio di conferimento di senso ad un lavoro di evocazione, suggestione e interpretazione. Ed è quello che è successo. La sua direzione è eccellente e curata. Nulla è lasciato al caso. Si percepisce immediatamente dalla compostezza iniziale degli Ebrei nel tempio di Gerusalemme, immersi nel pianto per la sconfitta nella guerra contro i babilonesi e per la fine della loro libertà. È evidente un’immersione completa e totale nel testo verdiano, una conoscenza dello spartito e una chiarezza decisionale che colpisce e che fa intravedere una traccia personalissima, che si fa sempre più riconoscibile. Anche l’uso del cavallo in scena risulta interessante: metafora che rappresenta il passaggio di Nabucco dal Re-Dio (quando arriva in scena in tutta la sua magnificenza) all’uomo che comprende, si pente, si rivolge a Dio, a cui chiede perdono e nel quale si rifugia (quando è appeso a pezzi). È già una grande firma di cui Tiziana Caruso, che avevamo intervistato nei camerini, era entusiasta e ne aveva ben donde. Chapeau al talentuoso regista italiano che continueremo a seguire e da cui ci aspettiamo risultati sempre più eccelsi.
Sono curatissime le luci di Fiammetta Baldiserri che seguono brillantemente la messa in scena, dando profondità e facilitando l’immersione nella storia. Belli i costumi di Simona Morresi, in particolare quelli del coro degli Ebrei e di Abigaille, e curate nel dettaglio le scene di Emanuele Sinisi.
In sintesi uno spettacolo meraviglioso che strappa scroscianti applausi. Un Nabucco che arriva, emoziona, convince. Un allestimento che, secondo noi, tecnicamente lascia un segno, un vanto per la nostra terra.
Si consiglia vivamente la visione… ma dove? Dopo la seconda replica di ieri a Cremona, al Teatro Grande di Brescia (27 e 29 novembre), al Teatro Sociale di Como (3 e 5 dicembre) e al Teatro Fraschini di Pavia (9 e 11 dicembre).
Annunziato Gentiluomo
[Foto: Alessia Santambrogio ph, Eleni Albarosa ph]
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