In quanto testata che si occupa anche di questioni di genere non potevamo esimerci dal prendere parola su quanto ha scosso la Chiesa Cattolica negli ultimi giorni. Le dichiarazioni di Monsignor Krizstof Charamsa sulla propria omosessualità e sul fatto di avere un compagno, alla vigilia del Sinodo della famiglia, devono farci riflettere e obbligano finalmente il
In quanto testata che si occupa anche di questioni di genere non potevamo esimerci dal prendere parola su quanto ha scosso la Chiesa Cattolica negli ultimi giorni.
Le dichiarazioni di Monsignor Krizstof Charamsa sulla propria omosessualità e sul fatto di avere un compagno, alla vigilia del Sinodo della famiglia, devono farci riflettere e obbligano finalmente il Vaticano a una profonda analisi.
Nelle prime ore in molti sembravano occupati a giudicare o a difendere uno status quo. Anche sui social qualcuno prendeva la parola evidenziando una certa confusione mentale del sacerdote polacco o utilizzando una sottile ironia o ancora peggio sdegno rispetto a quanto stava osservando. Qualcuno cavalcava l’onda per criticare l’intolleranza ecclesiastica e soprattutto l’anacronismo cattolico. Una donna molto intelligente minimizzando affermava: Ma cosa c’è di male? Secondo me, otto sacerdoti su dieci sono omosessuali! Il vero problema è la pedofilia all’interno della realtà sacerdotale, non l’omosessualità!
Subito la Chiesa è intervenuta obbligando Charamsa a lasciare i propri incarichi che fino a ieri onorava al meglio. E tale urgenza si deve al fatto che, in questo caso, non si parla di un parroco di una comunità montana che al massimo si sposta per non destare scandalo, ma di un ufficiale della Congregazione per la Dottrina della fede dal 2003, il segretario della Commisione teologica internazionale vaticana e un docente di Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e al pontificio Ateneo Regina Apostolorum a Roma.
43 anni, polacco residente a Roma da 17, il Monsignore al Corriere della Sera aveva dichiarato: Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana.
Perché? Avrebbe potuto continuare a nascondersi, seguendo le modalità di molti suoi colleghi che non metterebbero mai a repentaglio lo stipendio e il loro ruolo. In lui abbiamo percepito dolore, voglia di lanciare un messaggio inclusivo, desiderio di verità e soprattutto voglia di vivere allo scoperto, di gridare al mondo l’amore di Dio che si manifesta per lui oltre che nella vocazione anche nel sentimento che nutre per Eduard, suo compagno. Soffermiamoci sull’uomo, sulle fragilità, sui bisogni e sulla propria straordinarietà e arrestiamo il giudizio… Quando afferma: Devo parlare di ciò che ho subito all’ex S.Uffizio, che è il cuore dell’omofobia della Chiesa cattolica, un’omofobia esasperata e paranoica, non suona come minaccia ma come obbligo morale a cui si sente chiamato. Vuole svegliare la Chiesa sul tema dei diritti degli omosessuali, vuole scuotere le coscienze di una Chiesa ipocritamente omofoba e mandare un messaggio sul concetto di famiglia o forse, molto meglio, di famiglie. Chiede scusa alla comunità GLBT per le ingiustizie subite e per essere stata lasciata sola e giudicata.
Siamo vicini a Monsignor Charamsa di cui non dubitiamo della fede e che anzi speriamo di poter conoscere da vicino e apprendere da lui il senso più profondo del Vangelo, l’amore, l’accoglienza, il non giudizio e il perdono… Quello che ha avuto il coraggio di fare è un atto di grandissima umanità, quella necessaria per stare vicino alle persone e ascoltarne le sofferenze e le problematiche. Questo è, secondo noi, il senso della vita sacerdotale al di là dei protocolli, dei dogmi, delle ufficialità e delle etichette…
Annunziato Gentiluomo
[Fonte delle immagini: corriere.it, civadoitaly.com, gfx.radiozet.pl, blitzquotidiano.it]
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