Mercoledì 15 novembre è iniziata la rassegna di Falstaff al Teatro Regio di Torino che si concluderà il 26 novembre. ”Tutto il mondo è burla, L’uom è nato burlone, nel suo cervello ciurla sempre la sua ragione. Tutti gabbati! Irride l’un l’altro ogni mortal, ma ride ben chi ride la risata final… Tutti gabbati!” si
Mercoledì 15 novembre è iniziata la rassegna di Falstaff al Teatro Regio di Torino che si concluderà il 26 novembre. ”Tutto il mondo è burla, L’uom è nato burlone, nel suo cervello ciurla sempre la sua ragione. Tutti gabbati! Irride l’un l’altro ogni mortal, ma ride ben chi ride la risata final… Tutti gabbati!” si legge negli ultimi versi del libretto di Arrigo Boito, condiviso da un Verdi che nel suo ultimo capolavoro segna, con ironia, la fine della sua arte scrittoria. Ora, dopo dieci anni di assenza, il Falstaff, estremo capolavoro verdiano, torna in scena al Teatro Regio di Torino. Si tratta del secondo titolo della Stagione Lirica 2017-2018, con un allestimento ideato nel 2008 da Daniele Abbado per il Teatro Lirico di Cagliari. «È uno spazio unico in continua trasformazione. Cosa si richiede a uno spazio teatrale? Che ci siano delle botole e che si possano appendere delle cose. E questa piattaforma ci permette tutto: botole, scale, elevatori, oggetti che arrivano volando, mobili sospesi… è uno spazio che permette di ricreare in modo rapido e poetico i vari ambienti dell’opera, interni o esterni, dalla camera dove dorme Falstaff alla terrazza di Alice dove ci sono i panni stesi» spiega il regista. Una regia fedele al libretto, scarna e didascalica, che allestisce la scena su una piattaforma inclinata e circolare che rimarrà sul palco per tutta la recita. Un impianto scenico pressoché fisso, salvo il sipario rosso che delimita le scene e gli arredi sospesi in aria, calati solo all’occorrenza. Unica variante scenografica sono le botole sulla piattaforma, punto di ingresso e uscita dalla scena di alcuni personaggi e le carrucole con cui si inseriscono nella scena elementi aggiuntivi che man mano la caratterizzano. Alla staticità della piattaforma inclinata si contrappone il dinamismo degli elementi decorativi che si muovono lungo tutte le direzioni dello spazio. Nel primo atto i mobili fluttuanti introducono l’idea di una dimensione che scava nella psicologia del protagonista, offrendo al pubblico l’opportunità di essere proiettati direttamente nel grottesco mondo del personaggio shakespeariano. La narrazione sarebbe atemporale se ci si affidasse esclusivamente agli elementi scenici, impersonali e privi di riferimenti storici. Ciò che ci riporta in parte al tempo storico sono i ricercati costumi degli inizi del Novecento, curati da Carla Teti. Ma in fondo anche i costumi sono atemporali: «Senza tempo con la esse maiuscola! I personaggi si portano dietro un po’ della loro tradizione, ad esempio Falstaff nella prima scena indossa una vestaglia e biancheria intima di tempi lontani, ma le donne hanno un’immagine teatrale di oggi: molto sensuali e libere. E’ una sorta di sviluppo teatrale della tradizione verso una sensibilità visiva senza tempo. Una commedia come questa si basa molto sulla fisicità degli interpreti» precisa il regista. La Direzione d’orchestra di Donato Renzetti interpreta con attenzione e cura la partitura verdiana. Complessivamente la qualità orchestrale è buona, con qualche saltuaria perdita di dinamismo e vivacità musicale, ma nel complesso l’esecuzione è più che soddisfacente. Buona anche la qualità interpretativa e vocale del cast. Risaltano i baritoni Carlos Alvarez (il protagonista) e di Tommi Hakala (il geloso Ford): un’emissione vocale sicura, rotonda e decisa, particolarmente apprezzabile nel duetto del II atto (“Signore, v’assista il cielo!”) da considerare fra le migliori interpretazioni dell’intera opera. Interessante la prestazione vocale del tenore Francesco Marsiglia con la sua aria “Dal labbro il canto estasiato vola”. Convincenti le interpretazioni del Dottor Cajus di Andrea Giovannini e quelle di Patrizio Saudelli e Deyan Vatchkov (Bardolfo e Pistola). Per quanto concerne le voci femminili, risalta e si apprezza la recitazione di Erika Grimaldi nei panni di Alice. Non da meno Mrs. Quickly interpretata con successo da Sonia Prina. Il soprano Valentina Farcas nei panni della leggiadra e astuta Nannetta propone una seducente interpretazione dell’affascinante aria “Sul fil d’un soffio etesio” e, per concludere Meg Page viene rappresentata con apprezzabile qualità timbrica dal mezzosoprano Monica Bacelli. Una recita molto apprezzata dal pubblico per qualità scenografica e timbrica, un nuovo sipario, vero e proprio capolavoro capace di arricchire le scenografie dell’opera.
Odette Alloati
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