Il Carlo Felice di Genova, dopo una Fedora non propriamente brillante, si rilancia con un allestimento veramente singolare, curato e ipnotico. Il Billy Budd diretto da Davide Livermore è stato semplicemente straordinario. Capace di immergere il pubblico attraverso la creazione di un’atmosfera atemporale e pregna di pathos, arriva dritto al cuore, sollecitando la tua anima e penetrandoti sotto pelle, in
Il Carlo Felice di Genova, dopo una Fedora non propriamente brillante, si rilancia con un allestimento veramente singolare, curato e ipnotico. Il Billy Budd diretto da Davide Livermore è stato semplicemente straordinario. Capace di immergere il pubblico attraverso la creazione di un’atmosfera atemporale e pregna di pathos, arriva dritto al cuore, sollecitando la tua anima e penetrandoti sotto pelle, in un processo di immedesimazione che solo una grande regia può attivare. Grande il merito della macchina scenica del teatro: tre livelli in continua azione, i ponti mobili, la simulazione del moto ondoso, il dispiegarsi delle vele, quindi la realizzazione di un vascello su cui il pubblico è invitato a salire.
La splendida partitura di Benjamin Britten, ricca di minime coinvolgenti raffinatezze, e l’intenso libretto di Edward Morgan Forster ed Eric Crozier, ben si prestano a un lavoro fine, sottile, appassionato dove la dicotomia bene vs male, la sopraffazione, l’abuso di potere, il senso di colpa, la passione e la serpeggiante omosessualità fra commilitoni danzano in un turbinio che cattura e paralizza, facendoti desistere anche dall’applaudire durante la piéce per paura di infrangere la magia in atto. Davide Livermore inoltre tratteggia con spessore e profondità l’animo dei personaggi, in una caratterizzazione che rende pure nella gestione dei volumi e degli spazi. Tra le meravigliose scene si annoverano quella in cui il protagonista, dormendo beato sull’amaca, si contrappone verticalmente alMaestro d’armi che sta progettando la sua distruzione; quella in cui Verne ha alle spalle, diagonalmente, Billy consapevole della sua triste sorte; e quella dell’epilogo col Capitano che tira le somme di quanto avvenne nel lontano 1797, mentre nello sfondo il protagonista è appeso ora come allora.
La direzione di Andrea Battistoni è superba e partecipata. La sua bacchetta si muove impetuosa nell’aria e incita i maestri di orchestra, assolutamente all’altezza della situazione, alla stregua del capitano dell’Indomabile in un tutt’uno con quanto si svolge in scena. Meravigliose nella loro essenzialità le scene firmate da Tiziano Santi, e curate le luci di Luciano Novelli.
Rispetto agli interpreti, il nostro sincero plauso a tutti, proprio a tutti. Un cast veramente prestigioso che ha dato prova di grande verve scenica e di impressionanti vocalità.
Il baritono Phillip Addis (Billy Budd) ha interpretato la bellezza del corpo e dell’animo e la bontà del protagonista in modo esemplare. La sua voce luminosa e chiara ha reso la purezza del protagonista dell’opera, per qualcuno paragonabile all’agnello sacrificale. La sua vocalità e la sua corporeità gli hanno permesso di tratteggiare in modo minuzioso ogni minimo dettaglio della perla di grande valore, del gabbiere di parrocchetto.
Il tenore Alan Oke (Capitano Vere) ha dato prova di grande personalità artistica. Con una voce capace di riempire la scena, fin dal prologo ha ben chiarito ai presenti il grande spettacolo che si sarebbe consumato innanzi ai loro occhi.
Il basso Graeme Broadbent (John Claggart) ha saputo rendere perfettamente la crudeltà, il procedere insidioso e anche le contraddizioni insite nel personaggio del Maestro d’armi, invidioso del giovane marinaio e di quanto tutti lo amassero, e affascinato da quella mosca bianca per cui prova un sentimento così forte, impossibile da contenere e che lo porta a decidere di distruggere quanto profondamente desiderava.
Notevole per vocalità anche Christopher Robertson che ha ben interpretato Redburn.
I protagonisti sono stati affiancati da comprimari di spessore. Tra tutti si sono distinte le performance di Mansoo Kim (Flint), di Simon Lim (Ratcliffe), di Marcello Nardis (Red Whiskers), di Daniele Piscopo (Donald), di John Paul Huckle (Dansker), di Claudio Ottino (Nostromo), di Roberto Maietta (Primo Ufficiale), di Davide Mura (Secondo Ufficiale), di Naoyuki Okada (Gabbiere di maestra) e di Ricardo Crampton (Amico del novizio).
Anche a loro, ai macchinisti e ai tecnici del Teatro genovese, abili e precisi, si deve la magnifica riuscita di un grande spettacolo che merita di essere goduto nella replica delle 15.30 di oggi o in quella di giovedì 23 aprile alle 20.30.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Marcello Orselli]
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