Vi è mai capitato di vedere un bambino o una bambina leccare le foglie? A me sì. Aggiungo che un tempo, quand’ero bambino, mangiavo anche certi fiori… ma questa è un’altra storia. Tra le bambine leccafoglie c’è anche mia figlia. Ho provato a farla desistere con tanti buoni consigli, quelli che danno i genitori, ma,
Vi è mai capitato di vedere un bambino o una bambina leccare le foglie? A me sì. Aggiungo che un tempo, quand’ero bambino, mangiavo anche certi fiori… ma questa è un’altra storia.
Tra le bambine leccafoglie c’è anche mia figlia. Ho provato a farla desistere con tanti buoni consigli, quelli che danno i genitori, ma, a parte farle apprendere alcune nozioni scientifiche, non sono riuscito a far altro che avvicinarla ancor di più a quelle morbide foglie verdi tutte da leccare. Finché, in un pomeriggio di sole, abbiamo pensato e scritto insieme, tra le foglie, una favola che aveva per protagonista proprio un bambino che leccava le foglie… e tutto è cambiato.
Nasce da queste premesse, e dalla fatica del tempo inimmaginabile che siamo costretti a vivere, “Il bambino leccafoglie”, la favola che sto per invitarvi a leggere e ad ascoltare nel video a fondo pagina grazie anche alla preziosa collaborazione di Simone Zacchini al pianoforte, amico, musicista e filosofo di passione e professione, e di Officine della Cultura.
Buona lettura e buon ascolto.
C’era una volta un bambino che leccava le foglie. Tutte le foglie. Tutte. Leccava le foglie verdi: in primavera, estate, autunno e inverno. Sempre.
I suoi genitori, disperati, gli dicevano: «Non leccare le foglie. Sono sporche. C’è la polvere. Ci sono gli insetti. C’è lo smog. C’è la clorofilla. Alla fine ti diventerà la lingua verde!» ma tutti questi buoni consigli non servivano a nulla: il bambino continuava a leccare le foglie.
Un giorno i suoi genitori portarono il bimbo a fare una passeggiata nel bosco. Pensavano che, con tutte quelle foglie a disposizione, si sarebbe stancato di leccarle. Invece al bimbo tornò in mente quella storia della clorofilla e della lingua verde e si fermò a fare la sua domanda a un albero maestoso.
«La clorofilla fa parte del meraviglioso processo della fotosintesi – gli rispose l’albero -. È grazie alla fotosintesi che tutti quanti possiamo vivere e respirare: è grazie alla liberazione dell’ossigeno nell’aria!».
«L’ossigeno è imprigionato?» chiese il bimbo all’albero.
«Certo: dall’acqua e dall’anidride carbonica che poi sarebbe l’aria che tu, piccolo uomo, liberi dal tuo corpo quando respiri. Andiamo a braccetto, io e te, per questo siamo più simili di quanto immagini!» rispose l’albero.
Non sappiamo se fu quell’andare a braccetto o qualcosa d’altro ma il bimbo continuò a leccare le foglie finché un giorno cominciò a trasformarsi piano piano. Prima si trasformarono le orecchie, il naso, il mento, le sopracciglia e tutti i capelli. Si trasformarono in tante foglioline separate che poi si riunirono con la testa in una sola foglia. Nel frattempo si trasformavano anche le dita dei piedi e delle mani, sempre in piccole foglie prima e in una grande foglia dopo. E questo lento trasformarsi di tutto il corpo lo portò a diventare un’unica grande foglia verde.
Come potrete immaginare una volta diventato foglia non riusciva a stare in piedi: non li aveva! Per fortuna i suoi genitori l’avevano adagiato sul suo letto altrimenti sarebbe dovuto restare sul pavimento freddo. Gli avevano dato anche uno specchio, i suoi genitori, perché così aveva chiesto: «Voglio vedere tutta la mia trasformazione». Finché anche gli occhi si erano trasformati.
Il bimbo non sapeva cosa pensare. Non era triste ma non era allegro. Finché cominciò a perdere colore: stare chiuso in casa, lontano dal sole, non gli faceva bene.
I suoi genitori, con grande dolore, decisero allora di portarlo dove poteva continuare a vivere nella sua nuova forma: il bosco. Lo arrotolarono, lo misero in macchina e partirono. Una volta raggiunto il bosco cercarono l’albero più maestoso – era una foglia molto grande! – e lo deposero tra le sue radici. Lo salutarono. Piansero, molto, e tornarono a casa.
Quella sera anche il bimbo pianse, per come poteva, e fu allora che sentì di nuovo l’albero parlare.
«Bentornato!» disse l’albero al bimbo. Era proprio lo stesso albero che gli aveva raccontato quel mistero della clorofilla.
«Perché piangi?».
«Perché i miei genitori avevano ragione ma io non li ho ascoltati e ora sono diventato una foglia e non potrò più giocare!».
«Hai ragione! Bisogna sempre dare retta ai genitori! Vorresti tornare un bambino?».
«Sì! Puoi aiutarmi?».
«Certamente. Sono un albero magico. Se posso parlarti posso anche aiutarti. C’è un solo modo per tornare bambino: devi raggiungere un punto del bosco dove possano passare dei bambini o delle bambine e devi poi attendere che un bambino o una bambina si fermi a giocare con te. Solo allora tornerai simile a lui!».
Il bambino divenuto foglia non se lo fece ripetere. Per come poteva, facendosi aiutare dal vento, riuscì a muoversi fino al centro del sentiero del bosco. E lì attese. Attese fino a quando passò la classe di una scuola venuta nel bosco a cercare impronte. Passò un bimbo ma non lo vide. Ne passo un altro, lo vide, ma non volle giocare con lui. Passarono in tanti senza degnarlo di uno sguardo: era solo una foglia! Finché una bambina, l’ultima del gruppo, vedendo una foglia di simili dimensioni esclamò: «Che bella! Giocherò con te!». E così, mentre gli altri cercavano impronte, la bimba trasformò la foglia prima in un mantello, poi in un tappeto dove appoggiare foglie e pezzi di corteccia. E così, mentre giocava, la foglia tornò a trasformarsi in un bambino cominciando ancora una volta dalle orecchie, dal naso, dal mento, dalle dita dei piedi e delle mani.
«Venite! Guardate! La mia foglia si sta trasformando in un bambino!» urlò la bimba chiamando i suoi compagni di classe e tutti accorsero a vedere.
Alla fine della trasformazione il bambino, riacquistate le sue forme e la parola, raccontò per filo e per segno la sua storia a tutti quegli studenti che lo guardavano meravigliati e loro, per contraccambiare una storia che li aveva divertiti e impressionati, lo riportarono a casa dai suoi genitori.
Così finisce questa favola, con un abbraccio, un sorriso e tanta meraviglia. Da allora quel bambino non ha più leccato una sola foglia.
Scritto da Gianni Micheli
[Immagini: Photo by Erol Ahmed on Unsplash / Photo by Ernesto Bruschi on Unsplash / Photo by Justin Young on Unsplash]
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