Come vi avevamo annunciato, sabato 22 siamo stati a Erfurt, nel complesso fieristico che ospita in questi giorni per la quinta volta consecutiva le Olimpiadi di Cucina, gara internazionale di prestigio assoluto in cui si sfidano i migliori chefs di tutto il mondo. Europa, America del nord e centrale, Asia, Oceania, Africa, tutti i 5
Come vi avevamo annunciato, sabato 22 siamo stati a Erfurt, nel complesso fieristico che ospita in questi giorni per la quinta volta consecutiva le Olimpiadi di Cucina, gara internazionale di prestigio assoluto in cui si sfidano i migliori chefs di tutto il mondo.
Europa, America del nord e centrale, Asia, Oceania, Africa, tutti i 5 continenti sono rappresentati, seppure con una forte prevalenza europea, che vede la Svezia campione ancora in carica, in attesa dei risultati di tutte le prove.
L’Italia è partita con il piede giusto, vincendo un bellissimo argento nella prima prova di sabato, quella di cucina fredda che prevedeva l’allestimento di un tavolo artistico, a opera del team senior.
Nel pomeriggio è poi arrivato un oro dalle compagini regionali, con la squadra della Costa del Cilento, infine abbiamo potuto seguire da vicino la prova della squadra junior della Nazionale, impegnata nelle ore pomeridiane nella sua prova per il “programma buffet edibile”, prova che è valsa all’Italia la terza medaglia, questa volta un bronzo.
Ma cosa significa prepararsi per una competizione come questa?
“La preparazione di un’Olimpiade significa soprattutto impegno e sacrificio, perché si tratta di tempo ed energie che si aggiungono al lavoro”, spiega il Team Manager Daniele Caldarulo.
Continua ancora Caldarulo: “Ci vogliono quanti più allenamenti possibili, e anche la partecipazione a gare minori serve come allenamento. Una competizione come questa si prepara in almeno due anni, due anni e mezzo”. Però la fatica e l’impegno vengono quasi sempre ripagati, quando non con i risultati di gara almeno con l’arricchimento professionale che una manifestazione di questo tipo può portare, e poi “poter rappresentare il proprio Paese è sempre una cosa emozionante,soprattutto per chi si affaccia a queste gare per la prima volta”.
Quello dello chef non è un mestiere leggero, perciò alla base di una scelta professionale di questo tipo deve esserci prima di tutto passione, una inesauribile passione. Ce lo spiegano bene Antonio, Graziano e Giulia, i più giovani della delegazione, ancora studenti i primi due. Da alcuni anni ormai conciliano scuola e lavoro, e lo stesso ha fatto Giulia, che si è diplomata quest’anno. “Se fai questo lavoro perché lo ami, non sarà mai veramente un lavoro, ma sarà un divertimento, un gioco”, dice Giulia, che trasmette la sua passione per questo mondo in ogni parola e ha già le idee molto chiare sul suo futuro professionale.
Non essendo parte della squadra coinvolta nella gara, anche lei l’ha seguita dall’esterno, guardando la lunga preparazione dei compagni. Quando, a poco più di un’ora dalla conclusione , le abbiamo chiesto un parere, ci ha risposto emozionata: “Bene! Secondo me sono stati perfetti, e anche i commenti di chi viene a guardarli lavorare sono tutti ottimi”, dal lato opposto (dove noi non potevamo accedere) c’erano i due coach, Francesco Gotti e Gaetano Ragunì, che non perdevano di vista i ragazzi nemmeno un momento, pronti a dare suggerimenti e indicazioni. I giudici di gara valuteranno l’operato delle squadre non solo per il risultato finale, ma per tutto l’iter di preparazione e per il comportamento tenuto durante lo stesso (l’aspetto relativo al gusto ha un peso del 50%, il resto è tecnica, professionalità e igiene). Giulia descrive il lavoro di squadra in cucina “come una danza, in cui anche senza guardarsi alla fine si va tutti allo stesso ritmo” … il risultato è davvero uno spettacolo.
Se da una parte è sorprendente l’aspetto artistico dei piatti o dell’allestimento della tavola, o quello ancora più eclatante di alcune vere e proprie opere d’arte edibili, ciò che risulta più affascinante è il processo nel suo insieme. Ciò che avviene in cucina è un’alchimia magica, il lavoro coordinato del team, la scansione dei tempi, l’attenzione al dettaglio e allo stesso tempo all’insieme, e la sensibilità necessaria per quello che rimane comunque un atto creativo, in cui non vi sarà mai un risultato identico a un altro.
Il confronto con gli altri, poi, è una grande occasione per scambiarsi e “rubarsi” idee, apprendere nuove tecniche, e proprio da questi eventi spesso prendono il via nuovi trend nel campo della cucina internazionale.
L’Associazione nazionale tedesca, Der Verband der Köche Deutschlands, organizza queste Olimpiadi fin dalla prima edizione risalente al 1900, e si sono sempre tenute in Germania, a Francoforte fino al 1992, poi a Berlino e infine a Erfurt. Questo ha permesso di avere continuità e di far crescere la competizione, sia per numeri di partecipanti in gara e di pubblico, sia per standard qualitativo e prestigio.
Oggi si conclude l’edizione 2016, e vedremo chi saranno i vincitori, ma intanto facciamo i complimenti alla Nazionale Italiana e in special modo ai giovanissimi della squadra junior.
Chiara Trompetto
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *