Sempre presso il Teatro dei Filodrammatici di Milano ha avuto luogo l’ultima proposta della stagione lirica di VoceAllOpera. La traviata di Verdi per nostro gusto è sempre speciale per le magnifiche musiche e per il libretto ricco e appassionato, non per nulla è forse l’opera più rappresentata al mondo. La tipicità della versione diretta da Gianmaria Aliverta
Sempre presso il Teatro dei Filodrammatici di Milano ha avuto luogo l’ultima proposta della stagione lirica di VoceAllOpera.
La traviata di Verdi per nostro gusto è sempre speciale per le magnifiche musiche e per il libretto ricco e appassionato, non per nulla è forse l’opera più rappresentata al mondo. La tipicità della versione diretta da Gianmaria Aliverta è l’essersi focalizzata, tratteggiandola in modo particolareggiato, sulla società traviata, anche se il regista non ha mai tralasciato l’approfondimento della psicologia dei vari personaggi. Nella sua attualizzazione dell’opera, infatti, si fa guidare da alcune domande: E oggi chi potrebbe essere ”La Traviata”? Una escort che concede i propri servizi in cambio di qualche migliaia di euro? O chi quelle migliaia di euro li usa per pagarla? È “traviata” una donna figlia di una società dai facili consumi? O figlia della morale retorica? E nel lavorare sul testo si accorge di quante poche differenze ci siano, in realtà, fra quello che ci racconta l’opera e uno spaccato della società contemporanea. “La Traviata” diventa una giovane donna che si concede ai pochi che possono permettersi il lusso di possederla. Ma traviata è anche la società, che si permette il lusso di possedere ciò non può permettersi, di giudicare senza mai giudicarsi, di rivendicare dei valori (siano essi religiosi o politici senza MAI riempirli di sostanza) facendo dunque della propaganda vuota e volendo catalogare ogni cosa.
Come fulcro della versione del giovane regista vi è dunque l’analisi oggettiva, e a tratti cinica, della società odierna, che mette in scena l’intimità senza pudore, senza rispetto, e che si nasconde dietro ruoli inattaccabili e dietro un finto perbenismo, intriso di moralismo. Ho voluto descrivere la perversione sessuale della società che DEVE dire cos’è bene e cos’è male perché questo gli serve per poi poter trasgredire e quindi trarre godimento, quindi non si pone limiti che siano scambi di coppia, che sia per un uomo di Potere pagare delle escort o per un Governatore avere un amante Trans, che sia per tutti fare uso di stupefacenti, che sia per la massa fare scambi di ruoli, o per uomini di culto avere particolari attenzioni per una ragazzina. Viviamo insomma nella “grande bellezza” dove tutto ciò che non è lecito è ambito dai più, dove tutti sono di larghe e aperte vedute ma tutti si arrogano il diritto d’apostrofare quella che fino a pochi minuti prima ti ha procurato del piacere a pagamento come “puttana” quando quella stessa donna prova dei sentimenti per un nostro familiare che a sua volta li ricambia e questo non ci piace, soprattutto perché la società, che ha l’esigenza di dare un nome a tutto, lo darà anche alla nostra famiglia e di conseguenza ci giudicherà, forse come noi abbiamo fatto con loro fino a pochi istanti prima, afferma Aliverta.
Le dicotomie sono il leitmotiv di questa versione de La traviata: dentro vs fuori, privato vs pubblico, equanime vs spregiudicato, puro vs libidinoso e triviale vs elegante. Fin dagli esordi, vediamo in scena Annina che rappresenta la purezza, intenta a disegnare l’uomo di cui è forse innamorata, mentre alle sue spalle si consuma una fellatio. Sempre la domestica fidata della signora Valery subisce un tentativo di stupro e, da bella bimba qual è, è in balia di un sacerdote, a testimonianza di una Chiesa Cattolica alla deriva, nonostante sia ancora impegnata in diktat oppressivi e giudicanti nei confronti della libertà di espressione del singolo. Lo stesso sacerdote era già presente nella festa con cui inizia il primo atto a casa di Flora, impegnato in bagordi e in danze equivoche, abbandonato ai piaceri della carne. Nel secondo atto si assiste a una scena di sadomaso e all’inversione dei ruoli di genere dei coristi e dei figuranti: i maschi vanno in scena come zingarelle nei panni di maitresse e le donne col baffo e in smoking, rigorosamente black. Sul palcoscenico sono protagoniste le follie di una società perversa e aggressiva, il “pubblico” potente, dominato dal dio denaro, che si oppone al dentro intimistico, fragile, violentato dalla figura di Giorgio Germont che tenta di comprare Violetta e dallo stesso Alfredo quando convocati tutti, umilia la sua amata e salda i conti, pagandola come se fosse una prostituta. In quel momento la società riflette su quanto stia accadendo innanzi ai propri occhi, inizia velocemente un’opera di auto-riflessione e si schiera dalla parte dell’offesa. E nella conclusione un altro particolare ci ha incuriositi: Giorgio Germont, quando ormai non c’è nulla da fare per la donna che sarebbe stata, se non fosse intervenuto coattivamente, sua cognata, dopo aver rappresentato il potere, ha in mano un rosario… Rimorso? Paura di una condanna divina? Finto moralismo dopo la pretenziosa richiesta di allontanarla dall’uomo che amava? O forse una conversione, quindi la possibilità di redenzione da un mondo di storture, prevaricazioni e depravazione? Come unico appunto alla regia, abbiamo trovato inutile e ridondante il duello tra il Barone e Alfredo. Non ci è apparso aggiungere nulla né simbolicamente né scenicamente.
Rispetto ai cantanti, molto interessante la giovane Federica Vitali (Violetta Valery). Un’interpretazione intensa e partecipata la sua, mai esagerata. Ha ben reso lo spessore drammatico del personaggio, cavandosela bene nell’impervio ruolo di una delle donne musicalmente più complesse del repertorio verdiano. Probabilmente la versione in LA verdiano (432 Hz) e il conseguente abbassamento di tonalità di quasi un quarto di tono, ha permesso a lei, come agli altri, di poter meglio appoggiare la propria voce ed esprimersi con maggiore naturalità.
Giovanni Tiralongo (Giorgio Germont), nonostante il timbro corposo, non è parso capace di amalgamarsi con la vocalità di Violetta e non è sempre stato preciso nel sostenere gli acuti.
Oreste Cosimo (Alfredo Germont), invece, energico, prestante, di buona vocalità, anche se con delle piccole “sbavature”, nel complesso ha ben reso il ruolo.
Da segnalare anche la bella la vocalità e la notevole verve scenica di Barbara Massaro (Annina). Buone le performance di Manuela Dimartino (Flora), Jaime Eduardo Pialli (Marchese) e Vittorio Dante Ceragioli (Giuseppe).
Il Coro di VoceAllOpera è stato ben assortito e convincente, e attenta e precisa la direzione musicale della Maestra Margherita Colombo.
Proprio un bello spettacolo come sempre low cost e come sempre di qualità…
Annunziato Gentiluomo
[Immagini: Gianpaolo Parodi ph.]
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