Leggi: Favola d’inverno. Parte prima: come avvenne l’incontro tra Ignazio, Brina e Acqua di Rose Leggi: Favola d’inverno. Parte seconda: nuovi amici Leggi: Favola d’inverno. Parte terza: l’aquila Ania Ignazio lo scoiattolo, le formiche Brina e Acqua di Rose, Pulce il cerbiatto, Ercolone il cinghiale e la passerottina Bocciolo Amoroso non si aspettavano certo di
Leggi: Favola d’inverno. Parte prima: come avvenne l’incontro tra Ignazio, Brina e Acqua di Rose
Leggi: Favola d’inverno. Parte seconda: nuovi amici
Leggi: Favola d’inverno. Parte terza: l’aquila Ania
Ignazio lo scoiattolo, le formiche Brina e Acqua di Rose, Pulce il cerbiatto, Ercolone il cinghiale e la passerottina Bocciolo Amoroso non si aspettavano certo di trovare le Isole Catenaie sbarrate da un gigantesco muro, alto non meno di 88 metri, profondo non meno di 44 e senza neanche una porta dalla quale poter entrare.
– Brina ed Acqua di Rose, tocca a voi! – chiamò Ignazio.
Le due formichine, esperte nel fare buchi, ringraziarono e si misero all’opera. In quattro e quattr’otto scavarono un tunnel e il muro era già alle loro spalle.
Si trovarono così davanti ad una montagna, alta da far spavento, dal terreno fangoso e scivoloso come una buccia di mela.
– Pulce! – chiamò Ignazio. – Tu che sei agile e conosci tutti i segreti dei monti, vai, trova una via per scalare questa roccia così scivolosa. Noi ti seguiremo.
Pulce ringraziò e si mise all’opera. In quattro e quattr’otto i sei amici si ritrovarono al di là del monte senza nemmeno essersi accorti d’aver compiuto una scalata di oltre quattromila zampate.
Passata anche la montagna davanti a loro si presentò un lungo sentiero pianeggiante, costeggiato da una sabbia fitta e fine. Si misero a percorrerlo finché arrivarono ad un recinto fatto di ferro, lungo da non vederne l’inizio, alto da non vederne la fine.
– Ercolone! – chiamò Ignazio. – Tocca a te! Tu sai cosa fare!
Ercolone ringraziò e, presa una rincorsa da leone, si scagliò contro a quel recinto con una tale potenza da… BUUUM!… farci un buco del diametro di 40 zampe che la compagnia attraversò con grande agilità.
Superato anche il recinto i sei si ritrovarono in una palude acquosa, piena di canne, di erbacce sconosciute e di isolette, le famose Isole Catenaie. L’acqua era talmente alta che Brina ed Acqua di Rose furono costrette a salire sul naso di Pulce ed Ignazio sulla schiena di Ercolone, mentre Bocciolo Amoroso svolazzava tranquilla in aria.
– È fredda l’acqua? – domandarono a metà del cammino Brina ed Acqua di Rose a Pulce. Le due piccine, poverette, si sentivano in colpa e non sapevano come fare a rincuorare l’amico che sentivano tremare sotto le zampine.
– Non fa nulla – rispose Pulce. – Mi scalderò al fuoco del camino di quel castello! Guardate!
Davanti ai loro occhi, superata la palude, si presentò infatti un castello tutto in pietra alto non si sa quanto. Un castello ben strano, senza una sola porta o una sola finestra.
– Come faremo ad entrare? – domandò Ignazio.
– Lo sfonderò! – esclamò Ercolone ma gli altri scossero il capo.
– Lo salterò! – dichiarò Pulce ma gli altri scossero il capo.
– Lo bucheremo? – suggerirono Brina ed Acqua di Rose ma gli altri scossero ancora il capo.
– Ci penserò io! È il mio turno! – disse alfine Bocciolo Amoroso e gli altri si misero a guardare. La passerottina aveva visto una crepa prodottasi dal tempo, altissima, talmente alta da toccare le prime nuvole tranquille del cielo. La raggiunse e vi si infilò dentro. Tornò indietro con una piccolissima chiave sul becco che consegnò ad Ignazio il quale se la nascose fra i denti, per ogni evenienza.
Fatto ciò il castello iniziò a squagliarsi, sciogliendosi come un panetto di burro riscaldato, ed un grido selvaggio uscì dalle viscere della terra fino a raggiungere i nostri cari amici.
– Chi ha osato entrare nella mia dimora!?
Il grido arrivò da una voce lontana e cavernosa. Ignazio rispose a tono:
– Siamo noi: Ignazio, Brina, Acqua di Rose, Pulce, Ercolone e Bocciolo Amoroso. Siamo qui per riprendere gli animali del bosco e il cibo che ci hai rubato!
La voce emise un grido ancora più terribile, la terra si aprì ed Ignazio, Brina, Acqua di Rose, Pulce, Ercolone e Bocciolo Amoroso sprofondarono in un luogo sconosciuto fino a ritrovarsi in una grotta oscura, legati ognuno ad un robusto palo. Davanti a loro c’era la cosa più brutta che mai avessero visto.
– Poiché avete profanato la mia piccola casa – disse la cosa con quella sua voce roca – farete anche voi la fine di tutti gli altri. Tuttavia non capisco come siate riusciti a sfuggirmi. Potete spiegarmelo? Mi farebbe piacere e ve ne sarei eternamente grato. Ciò non toglie che non otterrete alcun privilegio.
– Lo faremo ma prima dicci… – domandò Ignazio – chi sei? Tu non sei una strega.
La cosa si mise a ridere.
– Certo che no! Una strega? Figurarsi! Io sono… Chissà Cos’Altro.
– Ma come…?
– Le streghe non vanno più di moda. Sono vecchie. Sono stanche. Di fronte alla vastità di questo mondo, di fronte alle sue tante possibili cattiverie, una strega cosa può fare ormai? Serve Chissà Cos’Altro!
– Che fine hanno fatto gli animali? – domandò a questo punto Ignazio, preoccupato.
– Accontenterò la vostra curiosità, visto che non avete scampo. Tempo fa ho scoperto tra queste isole una miniera d’avarizia, tanto grande quanto piena dell’odiato sentimento. Avarizia e non solo. Filoni di egoismo, sorgenti di solitudine, rivoli di odio da condividere a suon di rabbia. Cose inutili, se vogliamo. Dannose, a dire il vero. Eppure, non ci crederete, ma gli abitanti di Frola, per avere tutto ciò, mi hanno offerto tanto oro quanto ne avrei potuto immaginare. Ed io ho tanta immaginazione! Al primo carico di avarizia sono stati così contenti da spararsi l’un con l’altro. La solitudine è arrivata subito dopo ma non vi dico cos’è successo quando gli ho consegnato il primo barile d’odio! Convincere l’aquila Ania, quella sciocca, a portarmi qui tutti gli animali per compiere il necessario lavoro è stato facilissimo: crede ancora alle streghe! Il cibo, ovviamente, serve per sfamare i vostri amici… finché avranno le forze per mangiare. Io, intanto, sarò diventato ricco.
– Ma dove sono? – domandò Ignazio. – Qui non li vedo.
– Tu non li vedi perché la porta che conduce alla miniera è dietro quel muro di avidità. Animali generosi come voi non possono vederla. Devo anche dirvi che solo io ho la chia…
A questo punto Ignazio interruppe Chissà Cos’Altro: aveva un piano.
– Era forse la chiave custodita all’interno del castello?
– Sì. Non era un castello, in verità. Era uno scrigno di malignità e ancora non riesco a spiegarmi come abbiate fatto a scioglierlo. Ma tu che ne sai? – domandò impensierito Chissà Cos’Altro.
– Lo so perché l’abbiamo fatta sparire.
Chissà Cos’Altro scoppiò in un nuovo urlo tremendo:
– Tu credi di poterti salvare? Di poter salvare tutti voi? Non avrai successo, non cadrò nel tuo trucco!
– Non ti sto ingannando! Cerca la chiave, cerca la chiave e vedrai.
Chissà Cos’Altro attese pochi istanti, incredulo, poi iniziò a girare a destra e sinistra ed a rovistare fra tutte le sue cose oltreché fra i resti dello scrigno. La chiave era scomparsa.
– Lo sapevo: l’avrei dovuta tenere con me! Ma chi pensava che il mio scrigno di malignità potesse essere violato!
Perquisì perfino Ignazio, Brina, Acqua di Rose, Pulce, Ercolone e Bocciolo Amoroso ma niente: la chiave non c’era e di cercare fra i denti di Ignazio non gli venne in mente. Anche nel pensiero peccava d’avarizia.
– Ah! – urlò Chissà Cos’Altro! – Sei uno scoiattolo coraggioso e pestifero: pagherai cara questa tua insolenza. Adesso morirai. Oh sì! E vedrai che dopo aver visto la tua morte i tuoi amici, se non vorranno fare la tua stessa fine, parleranno e mi diranno dove hai nascosto la mia chiave.
Detto questo Chissà Cos’Altro iniziò ad avvicinarsi ad Ignazio con fare maligno ma lo scoiattolino, ricordandosi delle ultime parole dell’aquila magica, fu lesto a chiamare:
– Ania! Ania! Ania!
Passò il tempo di un battito di ciglia e l’aquila reale, liberata dall’incantesimo che la teneva legata poiché chiamata dal cuore d’un animale coraggioso che aveva sfidato la morte, giunse in un balzo e, detto fatto, imprigionò Chissà Cos’Altro fra i suoi artigli.
– Delle bacche ti son grata
Che la fame m’hai sfamata,
caro amico, m’hai salvata
e la vita t’ho donata.
Pronunciò l’aquila tagliando le corde che tenevano imprigionato Ignazio e i suoi amici.
– Dimmi adesso cosa fare,
se ucciderlo o salvare.
Qui indicò Chissà Cos’Altro che si divincolava fra i suoi artigli. Ignazio rispose col cuore:
– Chissà Cos’Altro per le sue cattiverie dovrebbe morire, ma non posso chiederti questo. Se vuoi, allora, potresti legarlo dove sei stata tu per tanti anni, adesso che puoi di nuovo volare lontana nel cielo, e lasciarlo vivere solo di notte e del cibo che si procurerà con le sue unghie tra i beni degli alberi non potendo mangiare animali, mentre di giorno potrà solo dormire, poiché sepolto e invisibile a chiunque. E non avrà possibilità di liberarsi finché non si sarà davvero pentito ed il suo cuore sarà il solo e più fedele testimone di quanto ho detto.
Pronunciate queste parole Chissà Cos’Altro emise un profondo urlo, l’ultimo, e l’aquila volò via, con quel suo nuovo inquilino, verso la vetta di Monte Cisposo.
Ad Ignazio non restava altro da fare che prendere la chiave, che aveva nascosto fra i denti, e liberare gli abitanti del bosco. Trovare la porta che portava alla miniera fu più facile del previsto: il muro di avidità scomparve con Chissà Cos’Altro seguendolo come una nuvola.
– Ce l’abbiamo fatta: siete liberi!
Subito dopo anche la grotta scomparve e della miniera d’avarizia, fortunatamente per tutti, si persero le tracce.
– Ed ora? – chiesero gli animali, in coro.
– Ora torneremo alle nostre case ma dobbiamo prometterci di rivederci il prima possibile per una grande festa! – disse Ignazio e tutti annuirono gioiosi.
“Ed io vi presenterò il mio grande amico Pino” pensò Ignazio e proprio non posso dirvi la festa che gli fece il vecchio Pino, mezzo castagno com’era eppure ancora pieno di forze, quando lo vide tornare vittorioso. Solo per questa ci vorrebbe un’altra storia e forse, se ne avrò tempo, un giorno ve la racconterò.
[fonte immagini:Photo by Pete Willis on Unsplash – Photo by Markus Spiske on Unsplash – Photo by Bernard Hermant on Unsplash – Photo by piotr szulawski on Unsplash – Photo by Dmitry Demidko on Unsplash – Photo by Hush Naidoo on Unsplash]
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