Cinque rappresentazioni per il Falstaff al Teatro Carlo Felice di Genova, rispettivamente il 20-21-24-28 e 29 gennaio 2017. Una commedia lirica in tre atti, libretto di Arrigo Boito e musica di Giuseppe Verdi, con la regia di Luca Ronconi, scene di Tiziano Santi, i costumi di Tiziano Musetti, le luci di A.J. Weissbard. L’Orchestra del Teatro
Cinque rappresentazioni per il Falstaff al Teatro Carlo Felice di Genova, rispettivamente il 20-21-24-28 e 29 gennaio 2017. Una commedia lirica in tre atti, libretto di Arrigo Boito e musica di Giuseppe Verdi, con la regia di Luca Ronconi, scene di Tiziano Santi, i costumi di Tiziano Musetti, le luci di A.J. Weissbard. L’Orchestra del Teatro Carlo Felice è sapientemente diretta dal Maestro Andrea Battistoni mentre il Coro del Teatro Carlo Felice è istruito dal Maestro del Coro Franco Sebastiani. La direzione di Battistoni è energica, passionale, qualitativamente ineccepibile, ma spesso l’orchestra sovrasta in eccesso le voci che faticano ad emergere ed imporsi con vigore sul palcoscenico.
Lo spettacolo è monocromatico, come in una stampa di fine secolo, densa di personaggi in movimento: ora salgono e scendono da locomotive a vapore, ora vanno in bicicletta, ora danzano sotto una quercia capovolta, ora volteggiano dentro bidoni sospesi nell’aria e sostenuti da carrucole, ora appaiono dentro a vasche da bagno. Gli elementi scenici sono scarni, essenziali, in un palcoscenico spoglio e quasi vuoto. Molteplici macchinari conferiscono tecnicità all’impianto scenico. Il palcoscenico vuoto fatica a sostenere le voci che un po’ si dissolvono e non vengono abbastanza valorizzate nella loro pienezza vocale. Tuttavia questi grandi spazi liberi ed aperti consentono un movimento scenico importante, dove la gestualità dei singoli interpreti viene esaltata, come pure la mimica dei volti, impercettibilmente ironici e raffinati nella loro espressività, e l’interazione stessa, intensa e dinamica, tra gli stessi personaggi. Apprezzabile qualche inserto di verace comicità, come per le oche pronte per il fois gras o la sposina, procace e dal petto villoso. Ottima la vocalità di Carlos Alvarez e stupefacente l’abilità con cui riesce sempre a riempire la scena anche senza muoversi, utilizzando la semplice ma intensa espressività del suo volto. Con eloquenza e grande ironia egli restituisce perfettamente le caratteristiche pregnanti e le sfaccettature del personaggio che rappresenta, dal ridicolo pallone gonfiato al saggio, rassegnato di fronte alle inevitabili beffe della vita. Quanto al costume scelto per lui, sporco e trasandato, non si addice propriamente ad un cavaliere, ma si sarebbe forse preferito un abito più adeguato al ruolo.
Alessandro Luongo nei panni di Ford è interessante sotto il profilo vocale, con il suo timbro morbido e la sonorità omogenea sia nel registro grave che in quello acuto.
Fenton ha la voce di Pietro Adaìni che rende bene, con la sua voce proiettata, lo spirito del giovane innamorato. Anche Cristiano Olivieri (Dottor Cajus) ha sostenuto una prova soddisfacente, nonostante a tratti la sua interpretazione pare un po’ affaticata. Tra le donne emerge Leonore Bonilla (Nannetta), dalla vocalità interessante, dalla buona tecnica e dalla grande agilità. Non sempre precisa Barbara di Castri (Mrs. Quickly) nonostante il suo bel timbro rotondo e sonoro. Interessante l’interpretazione del soprano spagnolo Rocío Ignacio (Alice Ford), anche se nel registro acuto tende ad incupire un po’ la voce. Soddisfacente la performance di Manuela Custer (Mrs. Meg Page). Completano il cast Marcello Nardis (Bardolfo) e Luciano Leoni (Pistola), dotati entrambi di grande verve comica.
I mimi e i danzatori, sempre ben orchestrati, sono interpretati da Luca Alberti, Filippo Bandiera, Andrea Dionisi, Maria Francesca Guerra, Nicola Marrapodi, Roberto Orlacchio, Simone Pericoli, Andrea Repetto Miradello, Davide Riminucci, Luca Vacchetta.
Ciò che sorprende e rende quest’opera unica nel suo genere sono, oltre alla preziosa qualità musicale, la partitura e la drammaturgia musicale che si rivelano incredibilmente originali nella loro modernità. Falstaff è un testamento lasciato ai posteri che anticipa il futuro per il suo grande sforzo creativo. Anticipa il teatro musicale novecentesco, in forma di commedia. Il Falstaff presentato dal Carlo Felice in questa stagione è l’ultimo messo in scena da Luca Ronconi, uno dei più grandi registi italiani di prosa e lirica del secondo dopoguerra, scomparso nel 2015. Una coproduzione del 2013 tra Fondazione Teatro di San Carlo, Fondazione Teatro Petruzzelli Bari, Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, ripresa da Marina Bianchi.
Le scenografie sono tese a rappresentare un mondo agricolo, che si muove attorno alle famose macchine teatrali di Ronconi. Ho lavorato tanti anni con Ronconi alla Scala – ci racconta Marina Bianchi – ed ho visto il forte impatto che Luca aveva sulla materia lirica. Falstaff è stata l’ultima opera di Verdi come è stata l’ultima opera anche di Ronconi. Nel nostro lavoro insieme non c’è mai stata alcuna seduzione, come di solito accade tra maestro e discepola, ma solo stima profonda. Come sempre Luca per l’occasione ha creato una macchina che ha trovato il perfetto realizzarsi in Tiziano Santi. L’incontro fra talenti per Ronconi è sempre stato importante, come il lavoro sui attori e cantanti che si differenzia dall’uno all’altro secondo la loro personalità e fisicità. Io cerco di ripercorrere questo cammino. In quest’opera le donne sono cattive ed aggressive e per questo vengono rappresentate come galline col culone. Ronconi seguiva moltissimo anche i costumi e ricordo che il costume del protagonista Falstaff, ci aveva davvero fatto impazzire. Finalmente trovata la soluzione, vedrete come questo costume spicchi all’interno della scena teatrale. Questo spettacolo è il testamento di Luca Ronconi ed è un esempio di grande teatro.
Odette Alloati
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